venerdì 16 marzo 2012

Mostra su Botero

17/5/2006


Dopo quasi vent’anni dalla sua ultima mostra in Italia si è inaugurata alla Galleria Tega di Milano (aperta fino al 15 luglio) una prestigiosa personale del pittore colombiano Fernando Botero, con la presenza, evento rarissimo, dell’artista in persona. Non tutta la pittura contemporanea è astrusa ed incomprensibile e le tele di Botero ne sono una tangibile dimostrazione: un percorso coerente diviso equamente tra impegno etico ed estetico.
Fernando Botero, pittore colombiano, è attirato da ragazzo dal mondo delle corride e frequenta per due anni una scuola per toreri. Si trasferirà poi in Italia dove frequenta a Firenze l’Accademia di San Marco e comincia a caratterizzare la sua produzione espandendo e dilatando le forme anatomiche con una originale modalità, che costituirà il segno distintivo e riconoscibilissimo del suo stile. A New York scopre l’Espressionismo astratto e negli Stati Uniti allestisce le sue prime mostre nei primi anni Sessanta. Nel decennio successivo il suo stile plastico comincia ad emergere in molte opere connotate da colori tenui e delicati.
I quadri di Botero nascono per soddisfare un’insopprimibile esigenza di ricerca interiore. La sua tavolozza vive di colori gentili, gialli paglierino e verdi rosati e della completa assenza delle ombre, che egli teme possano inquinare l’idea che vuole trasmettere sulla tela. Egli ama dilatare senza limiti le forme anatomiche ed i suoi personaggi acquistano dimensioni esuberanti, apparentemente irreali, dove il dettaglio diventa la massima espressione ed i grandi volumi trionfano indisturbati. La trascendenza dell’artista, a cui nulla interessa della condizione umana, rende i protagonisti delle sue opere dei prototipi senza dimensioni morali o psicologiche, senza anima. Essi non provano gioia né dolore, hanno lo sguardo perso nel vuoto oppure strabico, non battono le ciglia, vedono senza vedere. Grazie allo stellare distacco emotivo, la sua pittura acquista la dignità e la serafica tranquillità del grande classicismo.
Alcuni mesi fa a Roma Botero ha esposto una serie di tele che denunciavano le torture inflitte ai prigionieri irakeni nel carcere di Abu Ghraib. Abbiamo contattato telefonicamente l’artista, il quale ci ha confidato che il suo compito non è certo quello di cambiare la storia, ma di documentare certi avvenimenti che il tempo potrebbe cancellare e tutti noi sappiamo che chi dimentica la storia è costretto a ripercorrerla.
La fama di Botero è legata all’immagine di donne di grandi dimensioni…
Nella Donna seduta, realizzata nel 1989 ed in collezione privata ginevrina, l’enorme bambinona, nella sua innocente nudità, si raffigura come Venere e non è certamente più volgare di un frutto ben maturo, con la sua scorza o sbucciato, decisa nello sguardo, invitante ed accogliente. Ella si predispone all’occhio esterefatto dell’osservatore, si acciambella, stringendo pudicamente le gambe e creando intorno a se una nicchia dove un compagno di avventura è invitato come amante, ad accarezzare le sue forme generose di divinità dell’opulenza e nello stesso tempo di brava ragazza. Niente di più moderno di questo epicureismo alleggerito da ogni totem e tabù vittoriano. Niente di meno contemporaneo, niente di più fedele alla Venere allo specchio di Velazquez o alla Maja desnuda di Goya, di questi ripetuti inni all’innocenza della voluttà. Nei suoi dipinti per Botero ciò che conta veramente è poter gioire dell’essere in vita con buona salute ed opulenta complessione.
Il seno della fanciulla deborda senza limiti e senza ritegno straripando nelle pieghe di un infinito adipe e sembra voler abbracciare tutta l’umanità per chiedere affetto e comprensione.

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