20/9/2009
Una dura denuncia delle condizioni dei carcerati
Davanti ad un’affollata platea e seguito da un acceso dibattito, presso la libreria Feltrinelli di piazza dei Martiri, è stato presentato il libro Delitti e castighi, storia di umanità cancellata dal carcere, scritto a quattro mani da Lucia Castellano, la quale, dopo aver operato nelle carceri di Eboli, Marassi e Secondigliano, dirige dal 2002 il penitenziario di Bollate e da Donatella Stasio, giornalista, che si occupa di giustizia e politica sulle pagine del Sole 24 Ore.
“Il sistema carcerario continua a considerare la chiave il simbolo della sicurezza, ma più sono le mandate, più sale la recidiva. Ha rinunciato al cambiamento. Dai prigionieri pretende redenzioni miracolistiche, ma non fa alcuna revisione critica su se stesso, sulla propria cultura e sul proprio modo di operare.»
Carcere di Poggioreale, di Eboli, di Agrigento e di Genova. Carcere di San Vittore a Milano. Sono alcune tappe di un’esplorazione terribile ma rivelatrice della realtà carceraria italiana: sovraffollamento insostenibile, condizioni igienico-sanitarie disumane, violenza e abbrutimento, sprechi di risorse economiche e sociali. Carceri che violano i principi costituzionali della dignità e del recupero dei detenuti. Un sistema carcerario così profondamente ingiusto e così distante dai suoi veri scopi accresce la sicurezza dei cittadini? Scoraggia davvero i criminali dal continuare a delinquere? Diritti e castighi attraverso le voci dell’ «umanità cancellata» che vive dentro il carcere nega ogni falsa illusione. Prigionieri, poliziotti, dirigenti, familiari, educatori raccontano con sofferta autenticità le loro esperienze al di là e al di qua del «muro», l’angoscia di una condizione spezzata, marchiata indelebilmente dalla colpa e dalla pena. Se il carcere è il sintomo patologico più grave di una società, può anche diventare un simbolo di speranza e responsabilità. Come testimoniano alcuni tentativi di trovare una via per restituire al detenuto i diritti di cittadinanza.
“Un moderno sistema penale deve garantire contemporaneamente la certezza ed effettività della pena e la rieducazione del detenuto. Solo questa doppia linea d'azione può fornire una seria soluzione al problema sicurezza”. Così dichiarò Gianfranco Fini affrontando il tema quando il libro, ieri a Napoli, uno spaccato senza sconti delle principali malattie che affliggono il pianeta carceri, dal sovraffollamento alle violenze, dagli sprechi economici al mancato reinserimento sociale dei detenuti, fu presentato a Montecitorio.
“È anche l'occasione per riflettere sull'esperienza dell'indulto”, proseguì il presidente della Camera. «È uno strumento che va adottato solo in casi eccezionali, non per sfoltire le carceri. L'effetto dell'ultimo indulto è stato quello di mettere improvvisamente in circolazione persone condannate con pene detentive e senza misure di reinserimento nella società. Sono state improvvisamente aperte le porte del carcere a soggetti che, non trovando alternative, sono tornati sollecitamente a delinquere». Una sola la soluzione perseguibile, secondo Fini, «la costruzione di nuovi penitenziari». (Ma quando, dove, con quali soldi!!!???)
A smentire questi giudizi catastrofici ci pensò Franco Ionta, direttore del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, il quale sottolineò che solo un terzo di coloro che avevano ottenuto l’indulto è tornato a delinquere, perdendone i benefici.
Alla libreria Feltrinelli grazie alla presentazione è perciò ritornata l’attenzione sulle tristi condizioni di vita nel carcere di Poggioreale, dove, sia per il sovraffollamento che la per la fatiscenza della struttura, i detenuti vivono un’esistenza grama ed allucinante senza speranza alcuna di redenzione.
Sono rimasto in contatto epistolare con decine di detenuti ed a sentire le loro testimonianze nulla è cambiato, nonostante l’impegno profuso dal nuovo direttore, un funzionario solerte e deciso ad una drastica inversione di rotta, come ebbe a confidarmi nel corso di un incontro che avemmo durante gli interminabili giorni da me trascorsi in quei gironi infernali. Infatti sin dal primo giorno impegnai la mia flebile capacità di scrivere al servizio di tanti poveri infelici la cui voce di protesta non riesce a raggiungere i mass media e dopo aver letto il mio intervento sulla Repubblica e sui principali quotidiani il direttore mi onorò di una sua visita nel reparto ospedaliero di Poggioreale e mi riconobbe coraggio civile ed assenza di acredine.
Questa mia devastante esperienza è divenuta un volume ”Le tribolazioni di un innocente” la cui uscita nelle librerie ritarda per i timori dell’editore di pubblicare alcuni capitoli particolarmente scottanti ed ai quali non ho voluto rinunciare, ma i lettori potranno, se vogliono rendersi conto della realtà, consultarlo sul
http://www.guidecampania.com/dellaragione/tribolazioni/articolo.htm
Nessun commento:
Posta un commento