lunedì 14 novembre 2011
ELOGIO DEL POMODORO: L’ULTIMO LIBRO DI PIETRO CITATI
Quando l’anno scorso Pietro Citati licenziò alle stampe il suo monumentale saggio su Leopardi ebbi modo di chiedergli a cosa stesse lavorando.
“Ad 80 anni non vi possono essere grandi progetti” fu la sua laconica risposta. Invece a pochi mesi di distanza ecco un suo nuovo libro dal nome originale: “Elogio del pomodoro”, una raccolta di meditazioni sul declino dell’Europa e sul disastro dell’Italia, sulla morte di Dio e sulla crisi del Cristianesimo fino al devastante fenomeno della globalizzazione.
Tanti piccoli capitoletti densi di significato morale, resi con una prosa fluida e con una cura del dettato sconosciuta a gran parte dei nostri pseudoscrittori e che fa di Citati un punto imprenscindibile per le nuove generazioni.Non sono tutti scritti inediti, alcuni sono già stati pubblicati sulle pagine culturali dei principali quotidiani o sono ripresi da quel magistrale capolavoro che é “l’armonia perduta”, un libro che ho letto almeno 3-4 volte e che consiglio a tutti di leggere.
Ma le inedite riflessioni sui temi più svariati sono molteplici e vanno prima lette e poi a lungo meditate. Il capitolo che l’autore ha scelto come titolo del libro sembra banale, ma la descrizione di quel sublime ortaggio, ormai standardizzato nella forma e privo di sapore, rappresenta per Citati il rimpianto per la lontana giovinezza, quando condito con olio e sale, esso costituiva il Principe della tavola, sia del ricco che del povero, in tutta l’area mediterannea.
Erano pomodori veraci, con profonde screziature ed audaci spaccature, che sembravano partorire dal pennello di un pittore napoletano del secolo d’oro.
Citati dedica una particolare attenzione al declino dell’Europa ed alla disperata ricerca di spiritualità del mondo contemporaneo. La malattia dei nostri giorni é la depressione, uno stato dell’anima che in passato si chiamava Melanconia, costituendo per 24 secoli il più grandioso mito che abbia elaborato la civiltà occidentale. Il medico moderno la descrive con le stesse parole adoperate in passato dai poeti e dagli artisti.
Sul consumismo, Citati é particolarmente severo e recita una filippica memorabile, auspicando un ritorno alla virtù della civiltà contadina: la parsimonia, spinta fino all’avarizia. E sperando che ciminiere ed automobili finiscano di inquinare l’aria che respiriamo, ma sopratutto che dovranno respirare i nostri discendenti, non gli interessa se conosceremo la decadenza, se saremo più poveri e consumeremo di meno. La nostra civiltà continuerà ad esistere fino a quando coltiveremo la cultura e sapremo accogliere, come facciamo da 24 secoli con ogni forza della fantasia tutte le tradizioni, tutti i miti, tutte le religioni e tutti gli esseri umani in fuga dalla povertà e dalla fame. La disperata ricerca di spiritualità del mondo contemporaneo é scandagliata con lucida razionalità ed a chi si lamenta per la morte di Dio Citati replica perentoriamente che mai, nella storia del Cristianesimo é stato attivo un nucleo così puro ed entusiasta come ai nostri giorni. Toccante il capitolo dedicato ai mendicanti: gli ultimi tra gli ultimi, una categoria sempre esistita e che la crescente crisi economica fa crescere a dismisura e confessa di praticarla assiduamente senza preoccuparsi dello sguardo sprezzante della signora snob in visone, nonostante il termometro segni 25 gradi.
Potremmo continuare a lungo, ma non vogliamo togliere al lettore il piacere della scoperta.
Un libro istruttivo da tenere a lungo sul comodino. Buona lettura
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