sabato 9 novembre 2013

UNO CHEF CHE IL MONDO CI INVIDIA

Alfonso Iaccarino

Don Alfonso Iaccarino ha trascorso una vita ai fornelli bersagliato ogni anno da stelle Michelin «Don Alfonso 1890». L’anno in cui l’avventura della famiglia Iaccarino ha inizio. Il capostipite, Alfonso Costanzo, incontra un tedesco appassionato della penisola sorrentina e, insieme decidono di aprire un albergo ristorante.
Il successo cresce soprattutto per merito di uno dei figli. Ernesto, che diventa un valente chef. Poi arriva Alfonso, figlio di Ernesto e attuale titolare del ristorante. I tempi sono cambiati e Alfonso intuisce che deve viaggiare e vedere cosa fanno gli altri per tradurre in termini più adatti al territorio solare in cui vive le nuove tecniche del gusto. Il resto va scoperto a tavola.
La storia comincia quando Alfonso incontra e sposa (entrambi giovanissimi) la bella Livia che, oltre a dedicarsi alla sala e alla cantina, diventa la sua insostituibile partner professionale per tutti i progetti di evoluzione della loro attività; insieme costituiscono una coppia di grande temperamento che è riuscita a creare, in questo angolo di paradiso, un locale di altissimo livello che fa onore alla ristorazione italiana. Attualmente, il «Don Alfonso 1890» si avvale di un poker d’assi e tutti della  
stessa famiglia, padre e figlio in cucina, madre e figlio in sala, coadiuvati da un team di collaboratori. 
Tutto cominciò quando un giorno, in cucina, lui le disse che se il sufflè non si fosse sgonfiato glielo avrebbe dedicato, C’è voluto un po’, ma alla fine «il tortino non se n’è sceso». E adesso quel dolce dal cuore morbido e fondente porta il suo nome. Eccoli qui i coniugi Iaccarino, Alfonso e Livia, la coppia d’oro del ristorante don Alfonso: già tre stelle Michelin a Sant’Agata sui due Golfi, riconoscimenti e complimenti da ogni parte del mondo, ospiti internazionali (da Carlo e Diana dei giorni felici a Mireille Mathieu che cantò per loro «La vie en rose») e il pregio di aver restituito dignità agli spaghetti al pomodoro e basilico negli anni cui si cercava l’innovazione a tutti i costi, come se il salmone, la panna e lo champagne fossero uno status symbol nel piatto.
L’incontro galeotto ha dato luogo non solo ad un matrimonio felice, ma soprattutto a far rimanere sulla cresta dell’onda a livello internazionale un già celebre ristorante.
Alfonso comanda e Livia obbedisce una vecchia storia che va avanti da più di mezzo secolo, quando giocavano a fare i cuochi.
La mamma di Alfonso addirittura chiudeva la porta a chiave. Eravamo capaci di fare guai inenarrabili, ci controllavano a vista. I nostri genitori cercavano di farci stare insieme il meno possibile.
«E chi ci fermava. Inseparabili e pure furbi. Così avevamo escogitato un sistema per entrare in cucina di nascosto». 
«Quando la mamma di Alfonso andava a dormire, prendevamo le chiavi e finalmente i fornelli erano nostri. Alfonso cucinava, io invece dovevo pulire tutto per evitare che sua madre il giorno dopo ci scoprisse. Cosa che avveniva regolarmente perché qualche traccia la lasciavamo sempre. Era il periodo in cui provava e riprovava il soufflé, sembrava sempre bellissimo ma appena apriva il forno, puff, diventava na pizza».
«Provammo a fare il vino, pensavamo fosse una cosa semplice. Raccogliemmo l’uva, la schiacciammo con le mani e mettemmo il succo in una damigiana.
Peccato, però, che decidemmo di tappare la damigiana per evitare che la polvere ci finisse dentro. Dopo sette giorni esplose come una bomba nella cantina della madre
diAlfonso.Pezzi di vetro e mosto dappertutto, successe una tragedia».
Il risultato fu che ci fidanzammo «Sedici anni io, un pò più grande lui. A venti ci siamo sposati. Era il '69, facemmo un bel ricevimento nell’albergo Iaccarino».
Dopo le nozze cominciammo a lavorare con loro. Ma non era la nostra strada, l’albergo ci stava stretto: volevamo cucinare, sperimentare, fare qualcosa di diverso. Così nel '73 abbiamo aperto “don Alfonso” e lo abbiamo dedicato al nome del nonno. Sapevamo che pure nella tomba non avrebbe gradito il “tradimento” a un’antica tradizione alberghiera di famiglia.
Tra le specialità della casa
«La parmigiana di melanzane. Non è una ricetta, è una filosofia di vita che oggi verrebbe definita “slow”, lenta. E poi è di Alfonso l’idea di presentarla a forma di torre, lo hanno copiato tutti».
«I ravioli con pomodoro cotto ripieni di caciotta, le penne con salsicce e carciofi, il Vesuvio di rigatoni dedicato a Maria Orsini Natale la quale venne una sera a cena da noi. Mangiò il “Vesuvio”, chiuse gli occhi e disse: “Promettetemi che questo piatto lo dedicate a me”. Così è stato».
«È una pasta al forno a forma di vulcano. I maccheroni sono serviti in piedi con i pomodori San Marzano al posto della lava, la mozzarella e la ricotta a fare il magma e le polpettine di carne come le pietre del Vesuvio». Roba da svenire. «Chiedetelo a Julia Roberts». Julia Roberts?
«Eh sì. Quando l’ho vista non ci potevo credere, è una delle mie attrici preferite. Una sera è arrivata qui, bella e sorridente, ordinò linguine vongole e zucchine». E il «Vesuvio»? «Mangiò anche quello».
Ho incontrato più volte Don Alfonso e conservo più di una foto con lui, ma gli incontri più importanti sono stati con le sue pietanze, veramente deliziose, l’unico problema è il conto, ma si vive una volta sola.


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