giovedì 21 novembre 2013

LA BIBBIA DELL’AMORE (prefazione)

dedicato ad Elvira 



Proporsi di scrivere un libro sull’amore e dargli il titolo di Bibbia può sembrare un atto di superbia ma io voglio considerarlo uno stimolo a trattare l’argomento a 360°, vivisezionandolo secondo i più diversi punti di vista.
Voler preliminarmente consultare i libri scritti sull’amore da filosofi, poeti, sociologi, psicanalisti e scienziati è impresa improba perché se ci rechiamo in qualsiasi biblioteca scopriremo che metà dei volumi parla d’amore, dalle Sacre Scritture al Kamasutra, dalla Divina Commedia al Decamerone, dall’Ars Amandi di Ovidio al Convivio di Platone, ed infiniti sono stati gli autori che ne hanno fatto oggetto dei loro romanzi, senza considerare cantanti, musicisti, registi, pensatori di ogni genere.
Come pure è impensabile proporre alla fine del lavoro una bibliografia: sarebbe infinita e si farebbe il torto di dimenticare centinaia di persone che hanno dedicato la vita a cercare di definirlo.
L’amore è il dono più bello che il creatore ha fatto all’uomo e nello stesso tempo lo ha diffuso per tutto l’universo: “L’amor che muove il Sole e le altre stelle”.
Partiremo da un tentativo di definizione e concluderemo cercando di convincerci che siamo padroni delle nostre passioni, dopo che la materia è entrata sotto l’osservazione della scienza, dalla biochimica cerebrale alla psicologia evoluzionistica, dallo studio dei mediatori chimici delle emozioni, all’identificazione della struttura delle sinapsi dei loci che la Pet ci dimostra entrano in attività quando scatta la magica scintilla.
Tutti credono di sapere cosa è l’amore, salvo forse i filosofi che si sono affannati a distinguerne vari tipi.
Per la maggioranza l’amore è la relazione sentimentale che unisce i viventi tra di loro e non solo necessariamente un uomo con una donna; per i filosofi esso è una nozione più astratta ed al tempo stesso più vasta, includendo intuizione, comprensione, simpatia verso tutti i viventi e la stessa natura.
Già Platone nel “Convivio” distingueva diversi livelli e gradi dell’amore, a seconda si riferisse ad un essere carnale, ad un’idea, ad un valore morale, alla ricerca della verità, alla scoperta della sua essenza estrinseca.
Nello stesso tempo Platone ci fornisce un’idea dell’amore che nei secoli è stata male interpretata. Infatti, per il sommo filosofo, l’amore, cosiddetto “platonico”, non è quello di un uomo ed una donna che, mano nella mano, occhi negli occhi, si toccano solo attraverso baci casti sulla fronte e debbono conservarsi puri. Nella sua configurazione egli vede la sublimazione dell’essere, la brama di assoluto, la ricerca di una forma ideale. Amando una donna particolare si viene a conoscenza dell’essenza di tutte le donne, sublimate e mitizzate.
Secondo Pascal l’amore è una forma suprema di conoscenza, il miglior mezzo a nostra disposizione per conoscere gli altri, la natura e tutta la realtà che ci circonda, una forma d’intuizione al di sopra della ragione e dei sensi come comprensione del mondo e del prossimo. Nella filosofia classica si opera una distinzione fondamentale, valida soprattutto per gli Scolastici, che distinguevano un “amore di concupiscenza” , che fa desiderare il possesso esclusivo dell’essere amato, da un “amore di benevolenza”, che ci fa desiderare il bene di chi si ama, distinzione confermata da Cartesio nel suo trattato delle passioni.
Un aspetto focalizzato dagli psicanalisti che parlano d’amore possessivo, ai limiti del patologico, è quando, raggiunto egoisticamente il proprio appagamento, si trascurano i desideri dell’altro.
Diametralmente opposto è l’amore di dedizione, quando si è disposti a sacrificare la propria personalità per soddisfare i desideri dell’altro.
E’ un tipo d’amore sviscerato che si realizza anche fuori della sessualità: infatti questa passione, fatta di sacrificio e rinuncia, caratterizza tutti coloro che si dedicano anima e corpo alla religione, alla patria, all’arte, alla scienza.
Vi è poi la forma più alta dell’amore, la più pura e perfetta, che consiste non nel guardarsi l’un l’altro, ma nel guardare assieme nella stessa direzione.
Sono i grandi amori mitizzati dalla letteratura: Filemone e Bauci, Paolo e Francesca, Orfeo ed Euridice, Romeo e Giulietta, Dafni e Cloe, Tristano e Isotta, Abelardo ed Eloisa, splendidi esempi di passione travolgente che spinge due destini nella stessa direzione.
Potremmo ricordare altri nomi famosi, celebrati dalla mitologia e dalla letteratura, ma vorrei aggiungere, a futura memoria, due sconosciuti: Mustafà ed Amina, genitori di un ragazzo africano che ho conosciuto a Rebibbia.
Durante un viaggio della speranza e della disperazione dalle coste libiche a Lampedusa, su un gommone per venti passeggeri che ne conteneva quaranta, dopo due giorni di navigazione, il mare s’increspò minaccioso con onde di tre metri. Gli schiavisti decisero che bisognava diminuire il peso, gettando a mare un po’ di zavorra umana. Il primo ad essere prescelto fu Mustafà, che pesava 110 chili ed altri cinque sventurati. Amina decise di voler morire con il marito: affidò il suo bambino ad una donna, salvando in tal modo uno dei prescelti e scomparvero abbracciati tra i flutti, sotto gli occhi impietriti del figlioletto di 8 anni. Un episodio d’amore supremo che non sfigura al confronto delle storie di personaggi resi immortali dalla penna degli scrittori.
In questi casi, strappati totalmente dalle condizioni materiali della vita quotidiana, è concesso di vivere momenti esaltanti, dove ogni momento fornisce l’illusione dell’eternità.
Continuando a seguire il parere sull’argomento dei grandi pensatori, possiamo citare Stendhal che, nel suo trattato “Dell’amore” cerca di stabilire una distinzione fra i gradi elementari dell’inclinazione (oppone all’amore “fisico l’amore “vanità”) e la vera passione amorosa che si colloca al polo opposto del flirt.
E’ stato Kant ad accentuare l’opposizione tra sentimenti superficiali e la vera passione: «L’emozione agisce come una massa d’acqua che rompe la diga, la passione come un torrente che scava sempre più profondamente il suo letto…l’emozione è come un’ubriacatura da smaltire, la passione come una malattia per intossicazione».
L’emozione amorosa è il colpo di fulmine, è il punto di partenza di un folle amore. Mosso da questa emozione, l’appassionato si sentirà interamente preso, “posseduto”, dominato, vale a dire “alienato”, dalla passione. L’innamorato passionale non sa più resistere alla sua “folle passione”, una malattia dell’anima che strappa e trascina tutto al suo passaggio senza che si possa far nulla per imbrigliare questa piena.
Il problema che si pone da un punto di vista filosofico è quello di accertare se la passione può servire come scusa; se si possono perdonare i disordini, le stravaganze cui conduce; se è tollerabile che la persona passionale possa fare qualsiasi cosa per amore, che si comporti come un forsennato che nessun ragionamento può trattenere. Bisogna infine accertare se è vero che il passionale non può impedire a se stesso di agire male, di fare del male, di ferire, di ammazzare, precisamente per passione, e se è esatto dire che «non siamo padroni delle nostre passioni».
Ben inteso, l’amore può anche essere tiepido e persone appassionatamente innamorate possono anche non impazzire. Ma allora c’è del vero quando si dice che i popoli felici non hanno storia… e che l’amore comune non ha filosofia. Perché l’amore ponga problemi filosofici, deve raggiungere una certa dimensione; si potrebbe anche dire che bisogna oltrepassare un certo livello per giungere alla dimensione del delirio, senza la quale l’«amoretto», l’infatuazione passeggera non diventeranno mai amore.
L’amore può provocare delle vere e proprie devastazioni dell’anima, dando luogo ad un sentimento di esaltazione. Montaigne giustamente affermava che “l’amore non rapisce ma devasta”, provocando una sorta di maremoto mentale.
San Tommaso afferma: “Le passioni in se stesse non sono né buone né cattive”, sta a noi, vincendo il nostro egoismo, canalizzarle verso la scienza, la verità, il benessere dell’umanità.
Sartre riteneva che “l’uomo è una passione inutile”.
La ragione non riesce a dominare la passione, naviga nell’irrazionale, come sottolinea lo psicanalista Daniel Lagache: “Là dove c’è una scelta razionale non vi è amore”.
Tutti gli sforzi fatti dai grandi pensatori, in 3000 anni di riflessione filosofica, da Socrate e gli Stoici, fino a Sartre e Camus, vertono sulla volontà di superare la passione amorosa e canalizzare questo slancio impetuoso nella professione, nella creazione artistica o letteraria, nelle relazioni interpersonali e tra nazioni e popoli, trasformando l’amore individuale in un grande amore per l’umanità, traducendo un capriccio personale in una grande passione universale, dominando gli istinti e raggiungendo uno dei più alti obiettivi che si è proposta la filosofia, dando convalida all’affermazione di Hegel: “Nulla di grande può essere compiuto senza passione”.

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