lunedì 25 novembre 2013

Il tuono roboante della città

Edoardo Bennato

Edoardo Bennato, nato a Napoli nel 1946, cantautore e chitarrista è ritenuto uno dei più grandi rocker Italiani.
L’influenza di grandi del rock e della musica pop (Dylan su tutti) caratterizzò subito il suo personaggio e la sua musica, nella quale però non potevano mancare influenze mediterranee e partenopee. Tra gli autori che ne hanno ispirato l’opera vanno citati anche Jimmy “Hammond” Smith, Paul Anka, e Neil Sedaka. I suoi testi, specie quelli degli anni settanta, sono spesso ironici e dissacranti e rivolti in modo graffiante contro il potere, a qualsiasi livello e in qualsiasi forma si manifesti.
Figlio di Carlo Bennato, impiegato all’Italsider, e di Adele Zito, casalinga, fratello di Eugenio e di Giorgio, si accosta sin da piccolo alla musica, da un lato spinto dalla madre, che invoglia i figli a suonare e li manda a lezioni da un maestro di fisarmonica, dall’altro dal rock’n’roll, che lo appassiona sin dal suo arrivo in Italia, anche grazie ai soldati americani di stanza a Napoli (in particolare il giovane Edoardo é colpito da Paul Anka, Chuck Berry e Neil Sedaka; altri influssi su Bennato provengono da cantanti napoletani come Renato Carosone, Aurelio Fierro e, soprattutto per il modo di cantare, Peppino Di Capri.
Con i fratelli forma nel 1958 il Trio Bennato, in cui Edoardo canta e suona la chitarra. Eugenio suona la fisarmonica e Giorgio le percussioni; i tre iniziano ad esibirsi in vari locali cittadini (il circolo canottieri, il dopolavoro dell’Italsider, Il Teatro Mediterraneo ed altri), e nel 1959 vengono chiamati come ospiti nel programma televisivo Il nostro piccolo mondo, realizzato da Zietta Liù, è la prima apparizione televisiva per Bennato e i suoi fratelli.
Bennato riprende gli studi a Milano, e qui trova un giovane cantautore che ha già avuto modo di incontrare nei suoi soggiorni romani, Herbert Pagani, presentatogli da Mia Martini, Pagani si interessa alle sue musiche, scrivendogli dei testi da abbinare, ed è così che nascono i successi di Cin cin con gli occhiali (19689 Ahi le Hawai (1969) e Fuoco bianco (1970), cantati da Pagani.
Il buon esito commerciale di questi dischi fa sì che la Numero Uno, la nuova casa discografica fondata da Mogol e Lucio Battisti, lo metta sotto contratto, grazie soprattutto all’intuito di Alessandro Colombini, facendogli incidere un 45 giri, Marylon (scritta insieme al fratello Eugenio, con testo di Mogol), con chiare influenze del rock’n’roll anni Cinquanta, in particolare di Elvis Presley.
Bennato, dopo aver trascorso un periodo a Londra, torna a Milano dove incide il primo LP Non farti cadere le braccia. Dal sodalizio con Patrizio Trampetti, componente della Nuova Compagnia di Canto Popolare, nasce Un giorno credi, Tra le sue canzoni più amate. Nello stesso disco si trova Una settimana … Un giorno  …, brano che verrà ripreso più volte dallo stesso autore con diversi arrangiamenti nel corso della sua carriera.
La torre di Babele esce nel 1976 e prosegue sulla strada dell’impegno sociale dei testi, ma con venature musicali più vicine al rock e al blues, sempre in chiave acustica, grazie alla presenza del chitarrista Roberto Ciotti e di Dario Iori, alla chitarra e banjo tenore. Il disco contiene tutti i temi cari a Bennato, che si schiera contro la guerra, l’arrivismo, l’arroganza e il divismo della sua categoria.
Nel 1977 esce Burattino senza fili,un disco che, sulla falsariga della storia del burattino di Collodi, analizza, critica e sentenzia su alcuni importanti aspetti sociali e filosofici che interessano la vita: il conflitto tra la sincerità dei piccoli e l’ipocrisia dei “grandi” (in Quando sarai grande); l’arroganza dei potenti e dei privilegiati ( in In prigione, in prigione); la strumentalizzazione ipocrita della femminilità (in La fata); lo stato di isolamento in cui si trova chi cerca di dire qualcosa di semplice e sensato, senza secondi fini né interessi  personali, senza secondi fini  né interessi personali (in Tu grillo parlante). Questi temi torneranno anche nei dischi successivi e sono già abbozzati in quelli precedenti. Ma qui trovano un’organicità notevolissima grazie anche alle scelte musicali che spaziano dal rock alla musica da camera.
Negli anni ottanta Edoardo Bennato è diventato uno dei cantautori più acclamati d’Italia, le parole delle sue canzoni vengono lette nelle scuole e lui sembra quasi trovarsi nella posizione di profeta-santone che aveva tanto esorcizzato nelle sue stesse canzoni. Il 19 Luglio 1980, primo degli Italiani, riempie lo stadio San Siro di Milano con più di sessantamila persone, oltre ad avere il pienone negli stadi di tutta Italia, sessantamila persone accorse al San Paolo di Napoli, e cinquantamila al Comunale di Torino, totalizzando in totale mezzo milione di persone in tredici date.
All’apice del successo Edoardo Bennato torna in sala registrazione per registrare un grande musical sulla trama della fiaba del pifferaio magico rivisitata in chiave moderna. Il risultato è il disco E’ arrivato un bastimento, che riscuote meno successo dei precedenti, per cui la realizzazione del musical viene accantonata- Il disco è realizzato con l’apporto di una produzione di alto livello, e di musicisti e tecnici di fama internazionale, con l’ormai consueta miscela di stili musicali, dalla lirica al rock duro, dal popolare allo ska, dal mandolino all’elettronica.
 Ed è proprio su questo, l’elettronica, che sembra concentrarsi l’attenzione dell’autore quando di fronte allo Specchio delle mie brame (estemporanea sortita nella favola di Biancaneve) viene a sapere che c’é qualcuno più bravo, più apprezzato di lui; qualcuno che ha più successo, che piace di più alla gente, che fa ballare tutti con un ritmo perfetto. E’ il computer che nella musica degli anni ottanta ha preso il sopravvento sull’abilità tecnica dei musicisti e che spopola nelle discoteche dove solo pochi anni prima la gente si entusiasmava al suono delle chitarre (vere) di Capitan Uncino.  
Negli anni successivi non mancano tuttavia produzioni di rilievo. E’ il caso di Edo rinnegato, che esce nel 1990 e che consiste nella registrazione di brani composti a partire dal 1973, in chiave rigorosamente acustica. Ritornano a collaborare Roberto Ciotti, ormai affermatosi come importante chitarrista blues ( e autore, tra l’altro. Delle colonne sonore del film Turné a Marrakech Express di Gabriele Salvatores); Lucio Bardi, che da qualche anno si era spostato nella banda di Francesco De Gregori; Luciano Ninzatti; oltre alla collaborazione artistica di Massimo Tassi per gli arrangiamenti. Nel disco i brani più datati non risentono molto dell’azione di rifacimento, data già la forte componente acustica delle versioni originali. Sono i brani più recenti invece che trovano nuova linfa dalla scelta di proporre la semplice struttura armonica e melodica, tralasciandone gli appesantimenti elettronici delle versioni originali.
Nel 1990 ha inciso in coppia con Gianna Nannini il brano Un’estate Italiana, inno ufficiale in lingua Italiana dei mondiali di calcio Italia ’90, la cui versione in lingua Inglese, To be number one è composta da Giorgio Moroder, di cui hanno scritto il testo e curato l’arrangiamento. Tra gennaio e settembre, con qualche intervallo, risulterà il singolo più venduto in Italia e, storicamente l’ultimo 45 giri a ottenere un massiccio riscontro commerciale prima della sua sparizione dal mercato discografico.
Per il resto, tra il 1992 e 2003 escono alcune raccolte antologiche e diversi album di inediti che non riescono a trovare il successo commerciale e che vedono il progressivo affievolimento del fenomeno Edoardo Bennato che tanto aveva entusiasmato il pubblico negli anni passati.
Nel 2003 Edoardo torna infatti al pubblico con il disco L’uomo occidentale, prodotto in gran parte sull’onda degli avvenimenti politici che sconvolgono il quadro internazionale. Aspra, come sempre, e soprattutto agli inizi della carriera, è la critica all’arroganza del mondo occidentale e alla violenza di chi cerca di porvi rimedio. Accanto alle ormai solite citazioni, non mancano spunti interessanti.
E’ il caso di A cosa serve la guerra,eseguita e composta con l’ausilio del fratello Eugenio, e di Non è amore, frutto dell’evoluzione di un idea che aveva visto la prima luce nel 2001, sulla colonna sonora del film Il principe e il pirata di Leonardo Pieraccioni. Edoardo è sorretto tra l’altro da un gruppo estremamente energico ed efficace, gli Hillside di Napoli, guidati dai fratelli Gennaro Scarpato, alla batteria, e Giuseppe Scarpato, alle chitarre. La conclusione del disco è affidata a una riproposizione in chiave “gucciniana” del carme di Alessandro Manzoni intitolato Marzo 1821, Edoardo si diverte a cantare alla maniera di Francesco Guccini il testo manzoniano.
Nel 2005 viene pubblicato l’album La fantastica storia del  Pifferaio Magico. E’ un rifacimento diE’arrivato un bastimento condito da qualche inedito e altre cover, e coinvolge cantanti italiani che hanno un grande successo commerciale (Jovanotti, Raf, Negrita, Piero Pelù, Irene Grandi, Max Pezzali).  
Nel 2010 suona al Concerto del Primo Maggio; al termine della sua esibizione, durante la canzone  In prigione, in prigione, si fa portare a forza da due attori travestiti da carabinieri, dopo aver recitato alcuni versi tratti da Il Giuramento di Pontida di Giovanni Berchet. Il 4 giugno 2010 ha ricevuto il premio Mogol per il testo della canzone E’ lei, a pari merito con Simone Cristicchi.
Nel corso della trasmissione “Centocinquanta” del 16 marzo 2011, per i 150 anni dell’unità d’Italia, Edoardo ha presentato il nuovo singolo Italiani.
La canzone “Italiani” è stata riproposta, con grande successo, durante il Concerto del Primo Maggio del 2011 di piazza San Giovanni a Roma. L’esibizione dell’artista iniziata con L’isola che non c’è, il suo più grande classico, è proseguita appunto con il suo inedito sul 150° dell’Unità d’Italia. Bennato ha poi chiuso il suo set con Rinnegato. Nel 2009 anni in cui Bennato presentò Il Paese dei Balocchi, Affacciati affacciati, Signor Censore e Rinnegato, la diretta televisiva fu interrotta perché era passata la mezzanotte. Nel 2010,addirittura, si parlò di censura per lo stacco per la pubblicità quando, dopo E’ Lei, in un intermezzo di In prigione in prigione, Bennato inscenò un suo arresto da parte di due figuranti vestiti da Carabinieri (operazione scenica già proposta nei primi anni Novanta, al tempo di Mani Pulite).
Nel 2013 per l’allestimento del nuovo musical “Pinocchio il paese dei balocchi” Bennato pubblica il singolo “Al diavolo il grillo parlante”, che suscita polemiche nel web e nei social network per l’esplicito riferimento a Beppe Grillo leader del Movimento 5 Stelle. L’ironia di Bennato, da sempre controcorrente, si scaglia verso il comico-politico personaggio del momento, un grillo parlante, a cui Pinocchio, come sempre, non vuole dare retta. Bennato sta inoltre lavorando alla preparazione di un nuovo disco di cui, per ora, non si conoscono dettagli.
Per meglio conoscere il personaggio, facciamo tesoro di un’intervista che Bennato ha rilasciato di recente, nella quale egli fa un bilancio della sua vita e lancia un messaggio per il futuro.
Cantava nell’isola che non c’é. E non ha perso il vizio Edoardo Bennato, cantautore napoletano ironico ed anticonformista. Le sue canzoni, spesso ispirate al mondo delle favole, fanno parte della colonna sonora di almeno tre generazioni. E durante la serata di gala a sostegno di Emergency, organizzata da Jaeger-Le Coultre alla Mostra del Cinema di Venezia, quell’isola immaginaria, dove il senso della solidarietà e il potere della fantasia hanno sempre la meglio, ha preso consistenza concreta: un reparto pediatrico nuovo di zecca, pulitissimo ed efficiente a Goderich, in Sierra Leone, uno dei paesi africani più disastrati e con il più alto tasso di mortalità infantile. Sembra una favola, appunto, invece è tutto vero. Come ha mostrato il filmato realizzati in quei luoghi da Riccardo Scamarcio con una piccola telecamera, facendo parlare medici, operatori, infermieri della équipe di Gino Strada.
In quel centro ospedaliero, interamente finanziato dal marchio di alta orologeria, sono mediamente 1300 i bambini curati ogni mese. Un sogno diventato realtà e capace di restituire il sorriso e una speranza a migliaia di piccole vittime dell’indifferenza e della logica di guerra che domina questi tempi bui. Una logica che Edoardo Bennato, protagonista del concerto che ha chiuso il gala benefico, combatte da sempre con le ali della musica: “Il Gatto e la Volpe”, “Il Rock di Capitan Uncino”, “Un giorno credi”, “Sono solo canzonette”, folgoranti mantra rock capaci di trasfigurare la favola in racconto di denuncia sociale, oggi come quarant’anni fa. Del resto il rocker napoletano non sembra molto cambiato da allora: stessi occhialetti da sole, t-shirt, giubbotto di pelle, stesso fisico asciutto. E se non fosse per la figlia Gaia, 9 anni appena compiuti, bionda e ridenti occhi azzurri che gli trotterella accanto come una piccola Wendy con Peter Pan, diresti che il tempo, anche per lui, si è fermato. <<Ad essere sinceri è stata Gaia a consigliarmi cosa mettermi questa sera: Papà così sei più rock, mi ha detto. Io ,vista l’occasione, pensavo a qualcosa di più formale. Ed è sempre a lei che faccio ascoltare in anteprima le mie canzoni: il mio giudice prezioso e implacabile. Quest’estate l’ho portata con me a Londra a vedere il concerto dei Rolling Stones e con mia grande soddisfazione si è divertita moltissimo. Una solida educazione rock’n’roll  è il solo antido per arginare la valanga degli One Direction, la sua passione>>.
Come invecchiare bene nel rock senza stancarsi, senza ripetersi, “this is the question”.
<<Diventare manager di sé stessi, come Mick Jagger: credo che il segreto sia questo. In ogni caso i veri eroi del rock sono quelli che non sopravvivono a sé stessi, penso a Jimi Hendrix, a Jim Morrison, non possono invecchiare, né concedersi il rischio di ripetersi. Essere capaci di ripartire ogni volta da zero, oppure diventare la parodia di se stessi>>.
Il discorso vale anche per Bobby Dylan? 
<<Dylan è un caso a parte. Ha capito che il pubblico non merita niente perciò in concerto non concede nulla e stravolge le sue canzoni al punto da renderle irriconoscibili. Ma lui se lo può permettere>>.
Un altro caso di longevità artistica sembra essere il suo: il pubblico continua a ripetere le sue canzoni come dei mantra da circa quaranta anni.
<<A dire il vero la canzone più inerente ai temi affrontati in questa serata di Emergency si intitola “E’lei” e l’ho composta due anni fa. Fa così: “ E’ lei che in questo istante sta nascendo nell’angolo più povero del mondo, che forse questo mondo cambierà. E’ lei perché la povertà le dà un vantaggio, le dà più leggerezza e più coraggio …”. Con tutta sincerità credo che se ci sarà una salvezza per noi e per l’umanità, arriverà dai figli del cosiddetto Terzo Mondo.
Lei è stato il primo artista italiano a coniugare impegno e temi sociali con il rock senza salire in cattedra.
<< Non ho mai preteso di dare lezioni. Quando sono sul palco so che devo coinvolgere e divertire anche i bambini. Dalla prima ora il mio obiettivo è stato questo. Io dal palco li tengo sempre d’occhio: se si divertono loro vuol dire che funziona. Non mi atteggio a cupo intellettuale, faccio il rock ‘n’ roll! Per questo una certa critica faziosa mi ha sempre guardato con diffidenza>>.


Qualcosa da recriminare?
<< Purtroppo, tutto quello che avviene in Italia, anche nell’arte, nella cultura, nello spettacolo è interpretato attraverso il filtro di queste due fazioni che si fronteggiano, destra e sinistra, i buoni e i cattivi. 
E’ stato sempre così?
<<Quando nel 1973 uscì il mio primo album, “Non farti cadere le braccia”, il direttore della Ricordi mi chiamò per dirmi che loro ce l’avevano messa tutta, ma che i miei pezzi in radio non passavano. La mia voce, così mi dissero risultava sgraziata. Così mi diedero il benservito. Allora presi la mia chitarra, il tamburello a pedali e mi piazzai a Roma davanti al bar Vanni, accanto alla Rai. Il direttore di “Ciao 2001” mi notò. E grazie a lui di lì a poco mi ritrovai al Festivalbar con Franco Battiato e gli altri cantautori della mia generazione, Conquistando la patente che mi era stata negata dal mondo della musica.
 Ancora qualche ruggine?
<<E’ un mondo al quale non ho mai sentito di appartenere, sono sempre stato e rimango un outsider, fiero di esserlo>>.
Con il tempo anche le priorità cambiano. Quali sono le sue?
<<Oggi non abbiamo più alibi. Siamo tutti sulla stessa barca, tutti in comunicazione. Se qualcosa non funziona in Nigeria o in Egitto coinvolge anche noi. La famiglia umana adulta ha una sola enorme responsabilità ed è quella nei confronti della famiglia umana bambina. Il nostro futuro>>.
Gino Strada è un modello?
<< Gino Strada non é un buonista come non lo sono io. Non dice cose politicamente corrette, è un propositivo, lotta e si da un sacco da fare. E sarebbe giusto che fosse giudicato per la meravigliosa realtà che ha messo in piedi per curare le vittime di guerra e povertà e non, come purtroppo accade, attraverso gli occhiali inservibili della vecchia politica>>.
Stanca, rassegnata, incivile, violenta, tradita, volgare, condannata sono alcuni dei tantissimi aggettivi usati in una canzone, “La mia città”, per descrivere la sua Napoli. Nonostante questo, probabilmente è rimasto l’unico interprete napoletano che non l’ha mai lasciata.
<< Qui ci sono le mie radici, i miei morti, il mio futuro. Con la mia città ho un legame profondo, mi provoca sofferenza, ma anche tanta allegria ed emozioni forti. Dipende. Napoli è una polveriera. Chiunque abbia la velleità di governare l’Italia deve prima risolvere i problemi di Napoli, non c’è via d’uscita. Parliamo di una metropoli di tre milioni di persone di cui almeno due ignorano totalmente le regole della convivenza civile>>. 
Sempre i buoni e cattivi?
<< No, é un problema di mentalità. Tra il modo di concepire il sociale che hanno a Reggio Emilia e quello che vige a Napoli restano distanze incolmabili. Non a caso Metternich sosteneva che il nostro è un paese ingovernabile>>.
Eppure sul suo sito web la politica continua ad essere bersaglio preferito delle sue parodie: Bersani, Napolitano, Grillo, nessuno sfugge …
<< Il rock è provocazione, o se volete la comunicazione della satira  con altri mezzi. Deve creare tensioni, dubbi, interrogativi. Purtroppo nel campo dei comici è rimasto solo Neri Marconi>>.
E Crozza?
<< Non mi fa ridere, troppo schierato. Mi fa più ridere Grillo. Ha avuto il 25 per cento dei voti, un’occasione storica e adesso non sa che pesci pigliare>>.
La Napoli fotografata da Roberto Saviano in “Gomorra” è cambiata in questi anni?
<<Purtroppo Napoli è una città in cui lo Stato non c’é. Gran parte della sua economia è basata sull’anti Stato. Questo la rende una polveriera che può esplodere in ogni momento>>.
Voglia di scappare sull’isola che non c’è?
<<Niente affatto, il mio sogno semmai è quello di portare negli Stati Uniti il mio musical “Peter Pan” in versione inglese. La traduzione dei testi è pronta e così anche il demo con le canzoni: Speriamo di farcela>>. Il Peter Pan di Bagnoli che conquista New York. Di sicuro, un’altra bella scommessa.

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