Da un po' di tempo, non si sente più parlare dell'idrogeno come fonte di energia. Nonostante le tecnologie siano sviluppate: dall'automobile che non adopera più inquinante benzina, alla possibilità di ottenere energia elettrica in ogni condominio, e già Rifkin propugnò anni fa in un celebre libro l'avvento di una nuova economia basata sull'idrogeno. Il perché è triste e facile da capire: i padroni del petrolio e dell'uranio non vogliono che si sviluppi una forma di energia a costo zero, ubiquitaria e democratica, che permetterebbe a tutti i popoli della terra di poter accedere al benessere.
RispondiEliminaQuella dell'economia dell'idrogeno è una bufala e non si capisce come abbia fatto a reggere così a lungo. Anzi non ai capisce come abbia potuto nascere, perché Rifkin abbia avuto tutto il credito che ha avuto e che ancora ha, continuando a farci soldi.
Certamente l’idrogeno è un ottimo combustibile, del tutto non inquinante. Solo che NON esiste in natura in una forma utilizzabile, a meno di qualche stratordinaria scoperta o invenzione che non pare in vista.
L’idrogeno bisogna produrlo, usando petrolio, carbone, gas, energia idroelettrica e nucleare, o anche energia solare o eolica. Alla fine fare andare ad idrogeno un’automobile costerebbe molto molto molto di più che farlo con la benzina, inquinando magari un po’ di meno per la maggiore efficienza dei processi produttivi a monte.
Anche oggi sul Venerdì di Repubblica si parla di una nuova tecnologia israeliana che potrebbe essere rivoluzionaria per produrre un carburante sostitutivo della benzina e assolutamente non inquinante a partire da idrogeno e CO. Però …… anche qui il problema è dove andare a prendere l’idrogeno. Se non altro questa soluzione consentirebbe il trasporto del nuovo combustibile con mezzi più tradizionali (come gas è un “problemino” - altissime presioni per comprimerlo o bassissime temperature per liquefarlo) e si potrebbero immaginare grandi “fattorie” solari nei deserti. Ora sembra anche che sotto il Sahara ci sia molta acqua, indispensabile per uno dei metodi per produrre l’idrogeno (per via elettrochimica). Ma, mi chiedo, potrebbe bastare il Sahara?
La vera rivoluzione a portata di mano sta nella riduzione dei consumi. Per esempio comprare un’auto che fa 20 km con un litro invece che 10 km (e usarla bene) mi permette di consumare e inquinare la metà. Spegnere la luce quando non serve mi permette di risparmiare il 100%, eppure tanta gente non lo fa. Abbassare la temperatura in casa e mettersi un golf più pesante.
Certamente esistono le lobby dei petrolieri e dell’uranio, ma non è per colpa loro che l’economia dell’idrogeno non si sviluppa.
La lettera di oggi del sig della Ragione mostra chiaramente la disinformazione che J. Rifkin, non so se in buona fede o no, ha sparso sull'idrogeno come "fonte energetica" nel suo libro "Economia all'idrogeno" del 2003.
RispondiEliminaL'idrogeno, nel nostro pianeta, non può essere una fonte di energia, ma solo un "vettore" della stessa, poiché è assente in natura allo stato libero. Per utilizzarlo bisogna produrlo separandolo dal carbonio nel metano o dall'ossigeno nell'acqua.
Nel primo caso si usa direttamente una fonte fossile, e ci risiamo; nel secondo serve comunque un po' più energia di quella che se ne può poi trarre visto che lo si farà tornare, con l'ossigeno, in acqua. Una volta procurato l'idrogeno, poi, è un affare serio portarlo in giro in macchina, o anche solo stivarlo, molto più problematico del metano stesso.
Quindi i petrolieri non possono temere nulla dall'idrogeno mentre hanno molto da temere da tutte le fonti veramente rinnovabili che, specialmente col fotovoltaico producono quel decentramento capillare possibile delle fonti che suona molto sinistro per il ristretto club che tiene in mano i rubinetti dell'energia del mondo.
Ma nemmeno il solare sta benissimo, pare: quanta energia ci vuole per produrre una cella fotovoltaica rispetto a quella che sarà in grado di produrre nella sua vita utile? Io non lo so ma credo che non sia una percentuale trascurabile, spero di trovarlo dichiarato prima o poi.
Meglio quindi se non se ne parla più, e se si evita che i politici si facciano belli con questa bufala (ricordate le millanterie di Formigoni di alcuni anni fa?).
Per concludere, un ultimo commento su Rifkin che non mi sembra il massimo della serietà come futurologo. Provate a leggere l'altro suo libro "La fine del lavoro" del 1997. Lui dà il benvenuto a questa rivoluzione; peccato che non dica che fare degli umani che ne resteranno senza (e ne stanno restando senza già oggi, lo vediamo benissimo).