Vincenzo Rizzo |
Più volte relatore, ma soprattutto assiduo frequentatore del salotto culturale di mia moglie Elvira, Vincenzo Rizzo, cugino di primo grado di Giacomo, l’artista, è una persona squisita di cui mi vanto essere amico. All’immortale maschera di Pulcinella raramente sono state dedicate mostre ed una delle più intriganti degli ultimi anni si è tenuta presso la libreria di Franco Maria Ricci a Spaccanapoli, con 30 opere (disegni, sculture e dipinti) di Vincenzo Rizzo, scelte da una produzione poco meno che sterminata dell’autore che ha prodotto finora oltre 6.000 opere sul tema di Pulcinella e non ha alcuna intenzione di smettere. Vincenzo Rizzo è un personaggio singolare, degno di essere apprezzato da un pubblico più vasto di quello degli addetti ai lavori, che da tempo ne conosce l’impegno indefesso e lo stima. Sulla sua carta d’identità leggiamo la professione di “traduttore” ma Rizzo è, innanzitutto, artista nato in una famiglia d’artisti. Le ore del mattino sono dedicate al suo routinario lavoro svolto in un’antica bottega di fronte al Tribunale di Castel Capuano ma basta andare nell’appartamento alle spalle del negozio per capire la vera inclinazione di Vincenzo: una biblioteca di libri d’autore, 10.000 volumi, una delle più ricche raccolte private napoletane di testi sulla nostra gloriosa tradizione di antica capitale. Uno studioso dunque e, ad essere più precisi, un implacabile ricercatore di antichi documenti che, tassello dopo tassello, ricostruiscono la verità, a differenza di tanti blasonati professori che ritengono, con un solo colpo d’occhio, di poter risolvere una spinosa attribuzione.
Suo campo di battaglia è l’Archivio Storico del Banco di Napoli, chiamato ancora con l’antico nome, dimenticando l’odiosa colonizzazione dei piemontesi. Tra montagne di carte ingiallite, Rizzo si muove con disinvoltura e, munito di una segreta e magica bussola, sa scovare la pista per identificare l’autore di un quadro o di una scultura. Le ore passate libere da questa passione sono dedicate alla creazione artistica i cui frutti possono essere colti nella mostra “Pulcinelliade”, dedicata ad una maschera immortale, gioiosa e giocherellona, la più nota del nostro teatro, specchio del carattere di un popolo generoso e densa di effluvi tragici, malinconici, rapsodici, estenuanti. Quello di Rizzo è un canto eterno, un canto incorrotto, pregno di dolcezza, espressione di un amore che fu trasmesso a Vincenzo da Salvatore De Muto, l’ultimo grande interprete teatrale di Pulcinella, cui il nostro soleva rendere periodicamente visita, prima della morte, mentre era seduto su un seggiolone igienico presso l’Albergo dei Poveri. Ricevuto il testimone, Vincenzo Rizzo è partito baldanzosamente come un aedo greco, custode del culto della Bellezza e della Passione, del Pianto rigeneratore, della Fatica e dell’effimero del Vivere.
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