mercoledì 5 febbraio 2014

Tradizioni per la festa di Sant Antonio Abate




“’E cippe” ‘e Sant’Antuono ed il Sud si accende di magia tra i riti ed i miti, che, nati da una contaminazione tra paganesimo e cristianesimo, continuano ad avere una salda tradizione, vi sono gli imponenti falò, i cosiddetti fucaroni, i quali, non solo a Napoli, ma soprattutto in provincia, dall’Irpinia al Salento, celebrano Sant Antonio Abate, fondatore del monachesimo e protettore degli animali da stalla e da cortile.
Essi sono la lampante dimostrazione del persistere di un’Italia contadina, attaccata ad cultura semplice e genuina, che non si è fatta assorbire dalle sirene della modernità.
Questi eventi lignei sono collocati tra il solstizio d’inverno e l’equinozio di primavera e, salvo rare eccezioni, trovano collocazione nella notte tra 16 e 17 gennaio.
Ad esempio a Cascano di Sessa Aurunca si preparano enormi ceppi ed il fuoco arde impetuoso nella notte, mentre la popolazione consuma le rituali coccetelle (piccoli pani rotondi) e menestrelle (legumi cotti lentamente in apposite pentole di coccio). Il tutto generosamente annaffiato da un ottimo vino rosso, antico vanto del paese. Il fuoco nelle feste contadine prevede l’offerta, mentre a Napoli il sacrificio. Non rappresenta la gioia per qualcosa che accadrà, ma la speranza che non accada.
In provincia vi è una lunga e meticolosa preparazione all’avvento mentre a Napoli in tutti i vicoli si bruciano improvvisati falò: vecchie sedie, tavoli sgangherati e tutte le suppellettili lignee. E’ evidente la volontà purificatrice.
Da bambino ricordo che mi spaventavo nel vedere in un cortile dove si affacciavano delle finestre della mia casa di Salvator Rosa le fiamme arrivare ai secondi piani per ore, mentre uomini e donne sembravano assatanati e si davano ad urla sguaiate miste ad implorazioni religiose.
Tra le tante località dove la cerimonia viene celebrata in maniera spettacolare vi è Novoli a Sud di Lecce, dove la tradizione risale al XV secolo e fa venire in mente il lavoro certosino delle formiche. Alla costruzione della gigantesca architettura conica partecipano 100 maestri pignai, i quali passano le fascine ai costruttori fino a dar luogo ad una struttura alta 25 metri, che costituisce il falò più alto del Mediterraneo. Contemporaneamente vi è un fantasmagorico spettacolo pirotecnico e concerti di musica popolare in grado di attirare 60-70 mila persone da tutto il Salento.
Un po’ più a Nord a Grottaglie l’omaggio ardente viene riservato oltre che al monaco ad un altro Santo Egiziano: Ciro, il cui culto fu portato a Napoli nel 1707, anche qui si predispone una struttura cupoliforme sulla cui sommità si pone una grande icona del Santo.
Dal Salento ci portiamo in Irpinia, nella valle dell’Ofanto, a Nusco, famosa per aver dato i natali al ministro De Mita, dove, oltre alle fiamme, persiste la tradizione di allevare dei porcellini, che poi daranno luogo a delle crapulente orge alimentari, in memoria dionisiaci dell’antica Grecia. Vi sono poi gare di balli di tarantella montemaranese e sfilate di diavoli, a simboleggiare quelli che tentarono il Santo durante il suo eremitaggio nel deserto. La cenere viene poi raccolta e sparsa nei campi per garantirne la fertilità.
Nella provincia di Napoli dobbiamo ricordare i grandi falò di Somma Vesuviana e Cicciano, anche qui allietati da balli e poderose mangiate con annesse libagioni.
Infine l’ultima tappa di questo tour ci porta in Molise, dove a Castelnuovo al Volturno, il fuoco viene appiccato l’ultima domenica di Carnevale, quando nel buio della sera va in scena l’antichissimo rituale dell’uomo cervo, riconducibile alle mascherate greche, romane e sannite. Tra  suoni di campanacci, urla di janare (streghe nel dialetto locale) che danzano attorno al fuoco, esplode il grido “gl’cieru! Gl’cieru” e dalla montagna l’uomo cervo accompagnato dalla cerva, rappresentazione del male, che inizia ad incutere timore, fino a quando un cacciatore uccide 2 feroci creature.
Sono tutte testimonianze ancora molto sentite dalle popolazioni locali, che ripropongono l’antico messaggio del fuoco che brucia, chiudendo l’inverno e dando il benvenuto alla primavera, stagione propizia per le campagne.





Nessun commento:

Posta un commento