martedì 25 febbraio 2014

LO SCULTORE SIMBOLO DEL NOVECENTO

Augusto Pereznasce

Augusto Pereznasce a Messina nel 1929 ma fin da bambino si trasferisce a Napoli, dove frequenta per qualche anno la Facoltà di Architettura. Ben presto, però, la scultura assume un ruolo centrale nella sua vita ed egli vi si dedica completamente a partire dagli anni ’50.
E’ stato definito un “hidalgo spagnolo” per la nobile figura, alta e slanciata, oltre che per  i gesti gentili, sotto i quali nascondeva una certa inquietudine.
Artista appartato e schivo, a tratti visionario, ha contraddistinto la scultura italiana del ‘900 partecipando ad importanti mostre in Italia ed all’estero, oltre ad una serie di personali.Uno dei soggetti centrali per questo artista è quello dell’ombra, sottolineato persino dai titoli in alcuni lavori più famosi (si pensi a “Crepuscolo”, “Notte” o alla serie della “Meridiana”).
Il trascorrere del tempo segnato dalla luce giustifica l’uso della tecnica, a base di potenti chiaroscuri, attuata anche nei bellissimi disegni.
Tutta la sua poetica si può dire che aspiri ad un valore simbolico.
Ecco perchè “l’importanza dell’opera di Perez potrà essere compresa se si avvertirà quanto grandioso e disperato c’è nella sua ostinazione a tenere saldamente congiunta la forza di rappresentazione dell’immagine con una tagliente ed ossessiva tensione intellettuale” (F. Simongini). Tale poetica, emersa peraltro fin dagli anni ’60, viene oggi registrata dalla critica più avanzata. Già alcuni anni orsono G.Testori, a proposito dell’opera di Perez, parlava a buon diritto di scultura che “sprofonda in se stessa  e traduce lo strazio del nostro essere uomini nello strazio della bellezza”.
L’ispirazione artistica gli scoccò mentre frequentava il ginnasio al Sannazaro, quando in un libro scopri una vecchia monografia di Bistolfi, scultore liberty, che lo entusiasmò al punto da spingere sua madre ad accompagnarlo al cimitero di Milano a studiare da vicino alcuni monumenti funebri.
Poi si avvicinò alle sculture di Gemito e cercò con l’argilla di riprodurre alcuni suoi lavori. 
Il padre volle che s’iscrivesse ad architettura ma, in segreto, continuò ad impastare creta fino a quando una sua creazione, “Una venditrice di sigarette”, attirò l’attenzione di Raffaello Causa e Paolo Ricci, con il risultato che lasciò l’università e, presa la licenza per insegnare disegno, cominciò ad insegnarlo in una scuola media di Terracina: nel frattempo, a 22 anni, si sposò con Sisina.
S’interessano ai suoi lavori Armando De Stefano, che gli consiglia di tornare a Napoli, e Guttuso, che presenta una sua opera ad una esposizione a Roma.
Rompe ogni indugio quando Emilio Greco l’invita a fargli da assistente presso la cattedra di scultura dell’Accademia di Belle Arti napoletana, al cui fianco resterà per dodici anni. 
Nel frattempo ha l’occasione di presentare alcuni suoi lavori alla Quadriennale di Roma, dove incontrano successo tra i critici. E’ il 1956 e la repressione dei moti in Ungheria l’induce ad abbandonare il partito comunista.
Un anno dopo ottiene, ancora trentenne, un’intera sala alla Biennale di Venezia, privilegio che si ripeterà anni dopo alla Quadriennale di Roma.
Il Presidente Leone gli assegna, assieme a Cagli, il prestigioso premio dell’Accademia di San Luca per la scultura.
Tra le sue creazioni frequentemente ricorre “L’ermafrodito”, un’immagine impietosa e tragica non solo dell’ambiguità della nostra epoca ma anche della lotta interiore che ha sempre lacerato quest’artista, convinto che una scultura perfetta non esiste, rimane un’aspirazione irraggiungibile, ad eccezione forse della sfera che può dare l’idea della deità fino al momento che precede la sua contaminazione attraverso l’assunzione di una qualsiasi forma.
Scomparso nel 2000, dopo dieci anni l’Accademia di Belle Arti, dove insegnò polemicamente per lungo tempo, ha inaugurato una grande mostra delle sue opere per ricordarlo, curata da Aurora Spinosa.
Fu possibile apprezzare una serie di disegni, sculture in gesso, in bronzo ed in argento della fine degli anni Cinquanta ed i trofei del ’62 – ‘63, oltre ad una serie di specchi ed il “Narciso”, uno dei suoi capolavori, esposto alla Biennale del ’66.
Ricordo l’interesse tra i numerosi visitatori, molti dei quali non lo conoscevano affatto, probabilmente perché le sue opere sono in giro per il mondo e Napoli ne possiede una soltanto, un gigantesco “Centauro” posto nell’atrio della Cassa Marittima.
Dieci anni di attesa per una mostra, molti di più per un museo a lui dedicato nello storico Palazzo dello Spagnolo alla Sanità, al fianco di quello dedicato a Totò, divenuto ormai la prova tangibile e perenne dell’inefficienza delle amministrazioni cittadine ed ancora più grave l’attesa, promessa anni addietro, di un mausoleo funebre nel circolo degli uomini illustri nel cimitero di Poggioreale. 
Ma tanto, per i morti il tempo non esiste e possono tranquillamente attendere.

2-Crepuscolo, di Augusto Perez

3-Meridiana Fontana, di Augusto Perez

4-Ermafrodito, di Augusto Perez

5-Narciso, di Augusto Perez

6-Centauro, di Augusto Perez-mostra a Castel dell'Ovo anno 2000



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