giovedì 15 giugno 2023

Il boss dei due mondi: Lucky Luciano



Lucky Luciano, all'anagrafe Charlie Luciano, nato Salvatore Lucania (Lercara Friddi, 24 novembre 1897 – Napoli, 26 gennaio 1962), è stato un mafioso italiano naturalizzato statunitense, legato alla cosiddetta "Cosa nostra statunitense".
Salvatore Lucania Nenna assunse legalmente, negli Stati Uniti d'America, il nome di Charlie Luciano, e successivamente il soprannome "Lucky". Tale soprannome gli venne attribuito in seguito ad una vicenda accaduta il 16 ottobre 1929: alcuni uomini non identificati lo accoltellarono più volte e lo lasciarono in una spiaggia di Staten Island con la gola squarciata, credendolo morto, ma Luciano si salvò, e da allora venne chiamato "Lucky", ovvero "il fortunato".
Luciano abolì la carica di «capo dei capi» ideando e istituendo al suo posto la "Commissione" tra le cinque famiglie di New York. Proprio per questo viene considerato il padre del moderno crimine organizzato nonché uno dei protagonisti della massiccia espansione del commercio di eroina nel secondo dopoguerra. È stato un potente boss dell'attuale Famiglia Genovese. Il Time Magazine ha inserito Luciano tra i 20 uomini più influenti del XX secolo.
Salvatore Lucania nacque a Lercara Friddi, un paese della provincia di Palermo, principalmente noto per le sue miniere di zolfo, il 24 novembre 1897, figlio di Antonio Lucania e di Rosalia Cafarelli. Nel 1905 emigrò con la propria famiglia negli Stati Uniti d’America; al punto d'ingresso per gli immigranti di Ellis Island al piccolo Salvatore venne diagnosticata la Variola vera, una forma di vaiolo che lo segnerà per tutta la vita. Divenne cittadino statunitense, rinunciando automaticamente alla cittadinanza italiana.
Trasferitasi poi a New York l'anno successivo, la famiglia Lucania trovò alloggio nel Lower East Side, ai margini del quartiere ebraico, presso il 265 E di 10th Street, dove però vivevano in condizioni precarie. Fu qui che Lucania conobbe il giovane Meyer Lansky, con cui fondò una banda dedita al bullismo nei confronti dei compagni di classe e all'estorsione di un penny ogni giorno come “protezione”.
Nel 1907 Lucania venne condannato a quattro mesi di riformatorio per taccheggio mentre, all'età di diciotto anni, venne condannato a sei mesi di riformatorio per possesso illegale di eroina e morfina, di cui era a un tempo consumatore e spacciatore. Appena rilasciato, si unì alla banda criminale dei Five Points Gang sotto la guida del gangster Johnny Torrio, dove conobbe Frank Costello e Al Capone. Fu in questo periodo che Lucania decise di "americanizzare" il proprio nome in Charlie Luciano, poiché Salvatore gli sembrava un nome da donna. Nel 1917 Luciano venne chiamato alle armi per combattere nella prima guerra mondiale, ma riuscì ad evitare il fronte facendosi contagiare volontariamente dalle infezioni da clamidia.
Nel 1920 Luciano passò al servizio del gangster ebreo Arnold Rothstein, insieme a Meyer Lansky, Frank Costello, Bugsy Siegel, Dutch Schultz e Jack "Legs" Diamond. Approfittando del proibizionismo, Luciano e gli altri fornirono alcolici agli "speakeasies" di Manhattan, grazie ai loro contatti che gli permettevano di scaricare le bevande alcoliche dalle navi nel porto di New York. Inoltre Luciano aveva iniziato ad occuparsi dello sfruttamento della prostituzione e del gioco d'azzardo, gestendo bische e bordelli a basso costo a Manhattan insieme al socio Joe Adonis. Nell'ambiente della prostituzione, in particolare, Luciano iniziò ad essere conosciuto con il nomignolo di «infame», affibbiatogli dalle ragazze da lui sedotte e avviate alla prostituzione dopo averle rese dipendenti dall'eroina. In questi anni Luciano venne più volte arrestato per rapina, aggressione, possesso illegale di stupefacenti e detenzione di armi illegali, ma venne sempre rilasciato perché le accuse decaddero.
Per via dei suoi contatti con i "bootleggers" ebrei ed irlandesi, Luciano venne assoldato dal mafioso siciliano Giuseppe "Joe" Masseria, detto «Joe the boss», esponente di punta della "Mano Nera"; ciò avvenne nonostante Luciano fosse considerato un "disonorato" dagli altri mafiosi siciliani perché implicato nello sfruttamento della prostituzione, attività da loro considerata disonorevole. Nel 1922, come killer, Luciano prese parte all'assassinio del gangster Umberto Valenti, acerrimo nemico di Joe Masseria; durante il conflitto a fuoco in cui fu ucciso Valenti, fu colpita anche una bambina di otto anni, che rimase ferita.
Nel maggio 1929 Luciano partecipò ad un incontro ad Atlantic City insieme a Frank Costello, Joe Adonis e Johnny Torrio, a cui erano presenti gangster italiani ed ebrei, che concordarono strategie comuni per una divisione del contrabbando di alcolici e gettarono le basi per la creazione di un "Sindacato nazionale del crimine". Il 16 ottobre 1929, Luciano venne prelevato da alcuni uomini che poi lo picchiarono e accoltellarono più volte con un punteruolo da ghiaccio, lasciandolo, credendolo morto, su una spiaggia di Staten Island con la gola tagliata da un orecchio all'altro. Luciano venne scoperto da un agente di polizia e portato in ospedale, dove si riuscì a salvarlo, ma si rifiutò di rivelare l'identità dei suoi assalitori per non trasgredire al codice dell'omertà. Fu proprio in virtù della sua prodigiosa sopravvivenza che Luciano fu soprannominato «Lucky», cioè "fortunato".

L'ascesa al potere
La guerra castellammarese del  1930-31 tra Joe Masseria e Salvatore Maranzano, capo della fazione opposta, divenne un problema per Luciano, perché danneggiava il regolare svolgimento degli affari illeciti, e per questo motivo organizzò l'assassinio di Joe Masseria. Il 15 aprile 1931, al ristorante Scarpato's di Coney Island, Luciano pranzò con Masseria e, quando questi si alzò per andare al gabinetto, un gruppo di fuoco formato da Bugsy Siegel, Vito Genovese, Joe Adonis e Albert Anastasia lo colpì a morte.
Tolto di mezzo il suo capo, Luciano fece pace con Maranzano, il quale si fece eleggere «capo dei capi» dagli altri boss e passò le attività criminali del defunto Masseria a Luciano come premio. Poco tempo dopo, però, Maranzano pianificò l'assassinio dello stesso Luciano, a causa dei suoi stretti legami con gangster non-siciliani, e assunse il killer Vincent "Mad Dog" Coll per eliminare lui e Vito Genovese. Il 10 settembre 1931 Maranzano convocò Luciano e Genovese nel suo ufficio a Park Avenue, ma, al loro posto, si presentarono quattro killer ebrei travestiti da agenti del Fisco, i quali pugnalarono Maranzano e lo finirono a colpi di pistola; in realtà i killer ebrei erano stati assoldati da Meyer Lansky e da Luciano, che si era accordato con il mafioso siciliano Gaetano Lucchese, il quale si trovava nell'ufficio per condurre i killer da Maranzano.
Una leggenda della malavita vuole che, subito dopo la morte di Maranzano, Luciano ordinò lo sterminio di circa novanta mafiosi siciliani da un capo all'altro degli Stati Uniti, i quali facevano parte delle fazioni Masseria-Maranzano ed erano spregiativamente detti «teste unte» o «Moustache Petes» per via della loro arretratezza; tuttavia questa campagna di sterminio, che venne chiamata "notte dei Vespri siciliani", è considerata un mito da molti storici.
Dopo l'uccisione di Maranzano, Luciano divenne il principale boss della criminalità organizzata negli Stati Uniti ma rifiutò il posto di «capo dei capi» per evitare il rischio di una guerra con Al Capone, in rapida ascesa; al suo posto creò un apposito organismo, denominato "Commissione", il cui compito era quello di governare gli affari della «Cosa Nostra» ripartendosi la aree di competenza tra i diversi Stati ed era composta dalle Cinque Famiglie di New York, dalla Chicago Outfit di Al Capone e dalla Famiglia di Buffalo di Stefano Magaddino, in rappresentanza delle altre Famiglie minori degli Stati Uniti. Inoltre Luciano autorizzò gli altri boss a collaborare con gangster non-siciliani e non-italiani per formare quello che sarebbe stato soprannominato "Sindacato nazionale del crimine", che sarebbe servito per controllare il contrabbando di alcolici e stupefacenti, la prostituzione, il gioco d'azzardo, i sindacati del porto di New York e l'industria dell'abbigliamento. Tra le famiglie di New York, ben legate tra loro durante l'era di Luciano, e la Chicago Outfit rimase sempre una forte indipendenza e autonomia.
In seno alla sua nuova «Famiglia», Luciano affiliò i suoi luogotenenti napoletani e calabresi, nonostante non fossero siciliani e li elevò in posizioni di comando: Vito Genovese divenne il vicecapo, mentre Frank Costello fu nominato "consigliere" insieme a Meyer Lansky e Johnny Torrio, che però ricoprivano il ruolo in veste non ufficiale perché erano esterni a Cosa Nostra. 

 


La caduta e il carcere
All'apice del potere, Luciano viveva in una suite di lusso al Waldorf-Astoria Hotel, registrato con il falso nome di Charles Ross; amava indossare abiti costosi ed eleganti, frequentava i night club più esclusivi in compagnia di belle donne ed era amico del cantante Frank Sinatra e dell'attore .
Però, nel 1935, Thomas E. Dewey venne nominato procuratore speciale di New York per indagare sul gangsterismo; egli, infatti, dopo essersi occupato di Dutch Schultz (che finì assassinato poco tempo dopo), puntò su Luciano, definendolo "lo zar della criminalità organizzata di New York". Per queste ragioni, Luciano fuggì a Hot Springs, in Arkansas, ma venne arrestato il 1º aprile 1936 per sfruttamento della prostituzione e riportato a New York; infatti numerose prostitute fatte arrestare in una retata da Dewey nel febbraio 1936 avevano dichiarato che Luciano era a capo di un "Sindacato del crimine", formato da gangster italiani ed ebrei, che imponeva il pagamento della "protezione" sui bordelli di New York. Luciano negò tutte le accuse, ma il 5 giugno 1936 venne condannato dai trenta ai cinquant'anni di carcere e trasferito nel penitenziario di Dannemora, nello Stato di New York. Anche dalla prigione Luciano continuò a gestire la sua Famiglia attraverso Vito Genovese. Tuttavia, nel 1937, Genovese dovette fuggire dagli Stati Uniti per evitare un'accusa di omicidio e così Frank Costello divenne il nuovo capo effettivo e supervisore degli interessi di Luciano.

La collaborazione allo sbarco degli Alleati in Sicilia
Nel 1942 gli ufficiali del servizio informazioni della Marina degli Stati Uniti contattarono Luciano in carcere, su raccomandazione di Joseph "Socks" Lanza, il boss dei sindacati del porto di Manhattan. Luciano offrì il suo aiuto per indagare sul sabotaggio di diverse navi nel porto di Manhattan, tra cui la SS Normandie, un transatlantico francese che prese fuoco e affondò nelle acque dello Hudson, di cui furono sospettate alcune spie naziste infiltrate tra i portuali; in cambio della sua collaborazione, Luciano venne trasferito nel carcere di Sing Sing, dove venne interrogato dagli agenti del servizio informazioni della Marina. Esistono fonti che affermano che successivamente venne arruolato per facilitare lo sbarco alleato in Sicilia (luglio 1943) tramite i suoi contatti con i mafiosi siciliani e che consegnò ai servizi americani una lista di nomi da contattare in Sicilia e, sebbene alcuni studiosi considerino tutto ciò come un mito il seguito della sua vita lo dimostra chiaramente: dopo lo sbarco in Sicilia, a Napoli il suo luogotenente Vito Genovese fu l'aiutante e interprete del comandante militare degli affari civili dell'AMGOT, Charles Poletti e, il 3 gennaio 1946, Thomas E. Dewey, diventato governatore dello Stato di New York, graziò Luciano per i servigi resi alla Marina, a condizione che lasciasse gli Stati Uniti per stabilirsi in Italia; il 10 febbraio Luciano fu estradato dal porto di New York a opera del servizio statunitense di immigrazione e imbarcato sulla nave Laura Keene, che arrivò a Napoli il 27 febbraio. Luciano stabilì il suo domicilio a Roma, ma soggiornò a Palermo, presso il Grand Hotel et des Palmes, dove numerosi membri del separatismo siciliano e boss mafiosi erano soliti rendergli visita.

 

 


La conferenza dell'Avana
Nel giugno 1946 Luciano soggiornò in Brasile, Colombia e Venezuela per trasferirsi poi a L'Avana, dopo avere ottenuto i documenti necessari per l'espatrio dall'Italia dal sindaco di Villabate Francesco D'Agati, noto esponente mafioso. A Cuba s'incontrò con Meyer Lansky, con cui acquistò una partecipazione per la gestione dell'Hotel Nacional e di un casinò a L'Avana, insieme al loro socio occulto, il presidente cubano Fulgencio Batista
Il 22 dicembre 1946, presso l'Hotel Nacional, Luciano ricevette i delegati delle maggiori Famiglie degli Stati Uniti e del "Sindacato ebraico", i quali gli regalarono buste contenenti denaro per il suo ritorno dall'Italia; il motivo apparente della festa di gala era quello di vedere cantare Frank Sinatra, che era stato invitato perché amico di Luciano, ma la vera ragione fu la possibilità di discutere di affari con Luciano. Infatti, durante la "conferenza", i boss organizzarono il traffico degli stupefacenti, stabilendo la base per lo smistamento proprio a Cuba, e parlarono del gangster Bugsy Siegel, che doveva restituire ai boss il denaro impiegato nella costruzione dell'Hotel Flamingo a Las Vegas, che però non dava garanzie economiche; Meyer Lansky, credendo ancora che Siegel potesse realizzare profitti a Las Vegas e restituire il denaro ai boss, convinse gli altri a dargli un'altra possibilità, ma qualche tempo dopo anche questa si vanificò: il 20 giugno 1947, infatti, Siegel venne assassinato nella sua villa di Los Angeles a colpi di carabina M1.
Nel febbraio 1947 Harry J. Anslinger, capo del Federal Bureau of Narcotics, inviò una richiesta formale al governo cubano per l'espulsione di Luciano, minacciando a nome del governo statunitense l'embargo su tutte le forniture di farmaci[48]; il 20 marzo Luciano venne espulso da Cuba e imbarcato sul piroscafo turco “Bakir”, che doveva riportarlo in Italia.

 


Soggiorno in Italia
Il 12 aprile 1947 Luciano arrivò a Genova a bordo del “Bakir” e venne portato al carcere di Marassi, per poi essere trasferito al carcere dell'Ucciardone di Palermo scortato da cinque carabinieri. Rimesso in libertà il 14 maggio, Luciano si stabilì prima a Capri e poi a Napoli.
Nel 1949 Luciano fu tra i denunciati per concorso nel traffico di 7 kg di eroina e 2 kg di cocaina, sequestrati all'aeroporto di Ciampino nelle mani del mafioso americano Charles Vincent Trupia, membro della Famiglia Lucchese di New York, ma ne uscì indenne: infatti la questura di Roma produsse soltanto un foglio di via obbligatorio per Luciano, proibendogli di soggiornare a Roma. Nel giugno 1951 furono denunciati Francesco "Frank" Callace e Giuseppe "Joe" Pici, anche loro membri della Famiglia Lucchese, per il traffico di 17 kg di eroina insieme ai mafiosi siciliani Salvatore Vitale e Francesco Lo Cicero Luciano venne incluso nel rapporto di denunzia, ma ne uscì indenne anche questa volta. Inoltre Callace e Pici vennero accusati di avere incettato quantitativi di eroina e morfina prodotti illegalmente da due ditte farmaceutiche rette dal professor Guglielmo Bonomo e da altre ditte di Milano e Genova e nel 1952 vennero implicati nel caso della ditta farmaceutica Schiapparelli di Torino, dove il direttore Migliardi era riuscito a deviare dalla produzione ufficiale 250 kg di eroina; ciò era avvenuto per via dei contatti che Luciano aveva iniziato con i direttori delle case farmaceutiche dell'Italia settentrionale, che con lui intrattennero rapporti di amicizia e reciproca considerazione.
Inoltre, nel 1949, Luciano fondò una fabbrica di confetti e dolciumi a Palermo che, intestata ad un suo cugino e al mafioso siciliano Calogero Vizzini, riuscì ad esportare i suoi prodotti in Germania, Francia, Irlanda, Canada, Messico e Stati Uniti. L'11 aprile 1954, tuttavia, il quotidiano l'Avanti! pubblicò un articolo in cui si denunciava che nei confetti prodotti nella fabbrica di Luciano «due o tre grammi di eroina potevano prendere il posto della mandorla». Quella notte stessa la fabbrica venne chiusa e i macchinari smontati e portati via. Nello stesso anno le autorità italiane revocarono il passaporto a Luciano per questioni di pubblica sicurezza, su consiglio di Charles Siragusa, agente del Federal Bureau of Narcotics che indagava sulle attività del boss in Italia.
Dal 12 al 16 ottobre 1957 Luciano partecipò ad una serie di incontri che si tennero presso il Grand Hotel et des Palmes di Palermo tra mafiosi americani (Joseph Bonanno, John Bonventre, Carmine Galante, Frank Garofalo, Santo Sorge, Vito Vitale e John Di Bella, esponente della Famiglia Genovese di New York e parente dei fratelli Pietro e Antonino Sorci, capi della cosca di Villagrazia e al pari di costoro, amico di Luciano) e siciliani (Gaspare Magaddino, Cesare Manzella e Giuseppe Genco Russo): gli inquirenti dell'epoca sospettarono che si incontrassero per concordare l'organizzazione del traffico degli stupefacenti, dato che la rivoluzione castrista a Cuba (tra il 1956 e il 1959) stava rischiando di privare i mafiosi siciliani ed americani di quell'importante base di smistamento per l'eroina.
Nel 1958 il Federal Bureau of Narcotics chiese la collaborazione della Guardia di finanza per controllare il mafioso Nick Gentile, il quale era sospettato di traffico di stupefacenti in collegamento con Luciano, con il quale manteneva contatti perché anche lui residente in Italia, ma non emerse alcuna prova sufficiente.

  


Vita privata
Dopo la deportazione in Italia, Lucky Luciano si innamorò di Igea Lissoni, una ballerina italiana bionda e dagli occhi azzurri, che aveva 23 anni meno di lui. Vissero assieme, seppur in modo travagliato per i continui spostamenti di Luciano, che per motivi di sicurezza cambiava continuamente alloggio, finché non si trasferì definitivamente in via Tasso, nota strada napoletana. Di lì a poco, Igea morì di cancro. Non ci sono prove che attestino che i due fossero sposati: qualora così fosse, il matrimonio sarebbe avvenuto di nascosto. Ma non c'è dubbio che Luciano fu molto provato dalla morte di lei, visto che iniziò subito dopo l'avvenimento a meditare propositi di ritornare in America.
Charlie "Lucky" Luciano era molto affezionato a una femmina di Pinscher nano, che chiamò Bambi, come l'omonimo cartone animato della Disney.
Nel 1960 Luciano fu intervistato da Ian Fleming, lo scrittore che nel 1953 aveva creato l'agente segreto britannico James Bond, mentre questi, come corrispondente per il Sunday Times, era in visita a Napoli durante il giro che lo portava nelle Thrilling Cities (le città più "avventurose") d'Europa.
Poco dopo la morte di Igea, Luciano fu contattato da un produttore cinematografico, interessato a girare un film sulla sua vita. Si diedero appuntamento all'aeroporto di Napoli-Capodichino, il 26 gennaio 1962, ma lì Luciano ebbe un infarto e morì, a 64 anni. Il suo corpo fu trasportato negli Stati Uniti e seppellito al Saint John's Cemetery, nel distretto del Queens.

Lucky Luciano nella cultura di massa
Protagonista o co-protagonista di numerosi film, film TV e miniserie televisive, Lucky Luciano è stato portato sul piccolo e grande schermo da numerosi interpreti. Oltre al film biografico Lucky Luciano (1973) di Francesco Rosi, in cui il mafioso siciliano è impersonato da Gian Maria Volonté, il ruolo di Luciano è stato interpretato al cinema molte volte.

 


 

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