tav.1 - Galleria-Principe di Napoli |
Cominciamo la nostra descrizione dal lato alieno, dove all'angolo si dipartono i portici che conducono all'ingresso più importante della Galleria Principe di Napoli, (fig.1) un tempo remoto punto di incontro della società altolocata dell'epoca, ricco di negozi eleganti e di bar accorsati, da decenni viceversa divenuto rifugio per barboni, che hanno stabilito in loco la loro precaria residenza, a dimostrazione lampante che Napoli non è una città moribonda, bensì già morta ed essendo priva di sepoltura, destinata alla putrefazione.
Negli anni Sessanta all'angolo vi era il cinema più economico di Napoli: il Rodi, 90 lire per 2 film ed il sottoscritto ne era un assiduo frequentatore con un'allegra combriccola di compagni, soprattutto quando pioveva, in occasione dei periodici filoni dalla vicina scuola media S. Maria di Costantinopoli, che ha avuto l'onore di avermi come discepolo.
Chiuso da tempo infinito i suoi locali si sono trasformati in un rinomato ristorante vegano: Il Vitto pitagorico (fig.2-3), grazie ad un famoso master chef, Luca Carnevale, detto "Mina", sommo esperto di culinaria e con un curriculum di tutto rispetto, nel quale figura in testa la sua amicizia da lunga data con mia figlia Marina (fig.4).
tav.2 - Vitto pitagorico |
tav.3 - Vitto pitagorico, sala interna |
tav.4 - Marina della Ragione |
Pochi passi in discesa ed incontriamo via Broggia, il cui primo palazzo a sinistra è la dimora natale di Marisa Laurito e di conseguenza del suo fratello maggiore, mio compagno di classe alle medie, a lungo manager di Luca De Filippo, del quale, grazie a lui, ho potuto assistere a numerosi spettacoli a sbafo. Ed in occasione di un Carnevale, in cui si celebrava il gemellaggio tra Venezia e Napoli, dopo aver assistito al Sindaco del rione Sanità venni ricevuto da Luca nel suo camerino e potetti rivolgergli una domanda che da tempo mi incuriosiva: "Nella commedia da lei interpretata una parte importante è affidata al medico personale di Antonio Barracano, il giudice boss del rione, il quale ha l'onore di portare il mio cognome: della Ragione; poichè mi risulta con certezza, avendo consultato gli elenchi degli iscritti all'ordine dei medici di Napoli dal 1910 al 1960, che nessun sanitario in questi anni si chiamava in quel modo, da chi ha preso ispirazione?".
Luca fu molto gentile e la sua risposta mi convinse: "Mio padre dava spesso ad un personaggio un nome collegato alla sua personalità, l'esempio più calzante è "Bonaria", la quale lo era soprattutto nelle sue forme debordanti, per cui, poiché il medico personale del sindaco, alla fine, prima di abbandonare la sua veste di falsificatore e di trasferirsi in America, nello stilare il certificato di morte di un compariello assassinato, scrive chiaramente: "Ucciso da un colpo di pistola, in fede Fabio Della Ragione"; il cognome vuole essere un doveroso omaggio alla razionalità".
Per inciso voglio dirvi che Bonaria per molti anni è stata una "affezionata" cliente del mio studio ed avendola più volte vista "nature", posso assicurarvi che non era bona, bensì bonissima.
Pochi passi e siamo al cospetto del palazzo (fig.5) dove abita in una vasta dimora splendidamente arredata e con una collezione di dipinti dal Seicento al Novecento, il noto principe del foro Mario Speranza, figura di spicco dell'aristocrazia napoletano e socio emerito dei principali circoli cittadini. L'avvocato oltre ad essere ricco, senza essere sfondato, al di là delle tante proprietà e del vile denaro, possiede dei tesori inestimabili, che servono a dare la vera felicità. Il primo, più importante, è una moglie adorabile, che lo adora, donna Vittoria Mancone, due figlie, che non solo abitano a Napoli (cosa ormai rarissima) e gli hanno fornito una congrua discendenza, ma esercitano la professione paterna, assicurando così allo studio di proseguire nel tempo, una servitù numerosa ed efficiente (altra cosa rarissima) ed infine un esercito di amici di vecchia data, che lo stimano e soprattutto gli vogliono bene; tra questi nelle prime posizioni il sottoscritto a pari merito con la nobildonna Gabriella Marino, una volta regina della Puglia, oggi imperatrice del burraco.
Ancora pochi passi e si presenta la mole maestosa di palazzo Maffettone (fig.6), dove per decenni hanno dato lustro a l'austero edificio le invitanti vetrine di Gutteridge. Tra i membri della nobile dinastia Raffaele, mio compagno di scuola e con cui non mi vedo da almeno 40 anni, spero vivamente faccia ancora parte degli abitanti della Terra. Egli era un accanito collezionista di foto e filmati dal contenuto erotico malizioso e grazie a lui sono venuto in possesso di una pellicola hard di una donna, futuro membro del parlamento, la quale, prima di accorgersi di avere un cognome prestigioso, si era resa conto di avere un corpo appetibile, per cui girò dei cortometraggi, in cui esponeva le sue grazie senza veli. Uno di questi è in mio possesso ed è inedito; attendo la morte dell'interessata (molto più giovane di me) per divulgarlo.
Il secondo regalo che mi fece l'amico Raffaele è una foto (ricavata da un film girato in Francia e mai proiettato in Italia) che mette in mostra Sophia Loren all'età di 18 anni con un seno prorompente e quanto mai arrapante. Questa foto ha costituito la copertina (fig.7) del I tomo della mia collana "Quei napoletani da ricordare", (consultabile in rete digitando il titolo). Il risultato fu, grazie ad una capillare distribuzione nelle edicole, la vendita di 5000 copie in tre settimane. Per chi volesse acquistare il libro, lo trova su Amazon, dove un imbroglione, dopo aver acquisito il pdf dal mio sito, lo vende, senza permesso e senza riconoscere compensi all'autore, ma a me non interessa il vile denaro, ma unicamente la diffusione della cultura.
tav.5 - Coniugi Speranza ad una festa a villa della Ragione |
tav.6 - Palazzo Maffettone |
tav.7 - Copertina del libro |
Attraversiamo la strada, naturalmente sulle strisce pedonali, e ci trasferiamo sul marciapiede opposto, all'altezza del Cavone, dove per anni vi è stata una celebre pasticceria, che sfornava il miglior biscotto all'amarena di Napoli e dintorni. Immancabilmente da giugno a settembre per anni ne divoravo uno alle 9 ed uno alle 17, in coincidenza con l'andata ed il ritorno dal Lido Napoli, un rito che compivo ogni giorno in compagnia di mia madre e mio fratello: da Salvator Rosa a Montesanto e viceversa per prendere la Cumana.
Quanti ricordi, quanta malinconia.
A 50 metri di distanza, all'altezza della scalinata che porta alla Conigliera, nel Cinquecento una delle residenze preferite dalla dinastia aragonese, oggi uno squallido condominio di famiglie cingalesi, vi era un chiosco di acquaiolo, tenuto da una donna... barbuta, dalla voce mascolina, che ripeteva monotona: "Beviteve l'acqua ferrata, che fa bene a salute". Il suo vocione si sentiva a distanza, vestiva da donna, ma aveva una barba da far invidia a Fidel Castro. In vita aveva venduto il suo corpo al museo di anatomia, dove oggi si può chiarire a fatica il dubbio sul suo sesso; era un ermafrodito, con un clitoride lungo quanto un pene ed un ovaio rudimentale.
Saliamo ancora e poco prima di arrivare all'edicola dove Achille bambino comprava ogni settimana il Topolino dal giornalaio Achille 'o cecato, ci troviamo al cospetto del Palazzo spuntatore (fig.8), che collega la strada inferiore a quella superiore (fig.9), immortalato dallo scrittore Luigi Incoronato nel suo romanzo Scala a San Potito.
Quante volte sono salito e sceso in tutta fretta per quelle scale, col naso rigorosamente chiuso per resistere al penetrante lezzo di urina.
Per un lungo periodo sono state chiuse e solo da pochi mesi sono tornate percorribili, avvantaggiando gli abitanti del luogo.
Una volta usciti in alto si prospetta solenne la facciata della chiesa di San Potito, alla quale abbiamo dedicato un apposito capitolo.
Il monastero della chiesa, una serie di maestosi edifici, che si affacciano sul Cavone, da tempo è divenuta una caserma intitolata a Salvo D'Acquisto, il leggendario eroe delle 4 giornate, i cui resti mortali riposano nella chiesa di S. Chiara, dopo un lungo soggiorno nel mausoleo Schilizzi di via Posillipo, una potenziale attrazione turistica, vergognosamente negata alla fruizione.
La caserma, la più grande d'Italia a sud di Roma (fig.10-11),costituisce il Comando generale della Benemerita e potrebbe ospitare migliaia di carabinieri, viceversa, quando nel 2018, organizzai una visita guidata alla struttura, seguito da 151 followers
(conosco il numero esatto dei partecipanti, perché dovemmo consegnare all'ingresso un elenco con nome, cognome ed indirizzo di tutti) il comandante, sconsolato, mi confessò di aver un numero esiguo di dipendenti, in continua diminuzione, perché chi va in pensione non viene sostituito, la gran parte anziani o non adatti al servizio esterno per patologie varie, per cui faticava ad organizzare una volante per ogni turno. Non bisogna perciò meravigliarsi se la malavita imperversa indisturbata per tutta la città, dettando legge.
tav.8 - Palazzo spuntatore (ingresso) |
tav. 9 - Achille ed Elvira a San Potito, fuori Palazzo spuntatore - 16 aprile 2007 |
tav. 10 - Festa in caserma |
tav.11 -Caserma Salvo D'Acquisto |
Concludiamo il capitolo descrivendo due antichi palazzi limitrofi, partendo da quello dove ha soggiornato a lungo il celebre pittore Francesco Solimena.
Il Palazzo Solimena (fig.12) è ubicato sulla collinetta di San Potito, di fianco al palazzo Caracciolo di Melissano.
Il palazzo già esisteva nel XVII secolo e nel 1710 il pittore Francesco Solimena acquistò l'edificio e lo ristrutturò sulla base di un suo progetto, seguendo i consigli di Nauclerio, Domenico Antonio Vaccaro e Ferdinando Sanfelice. Nel XIX secolo la struttura subì danni durante la repubblica partenopea del 1799 e fu rimaneggiata nel 1867 e nel 1889.
Il palazzo si configura a cinque campate più quattro piani compreso il mezzanino. Il portale ha un arco con timpano spezzato e profilo ribassato, il tutto sorretto da pilastri bugnati; i piani superiori della facciata sono scanditi mediante un ordine gigante di lesene con capitelli floreali, mentre le finestre mostrano timpani da diversi profili; i balconi sono decorati in piperno.
L'interno è impostato attorno al cortile su volte a vela e sullo sfondo si trovano le scuderie; sulla destra si apre la scala che conduce ai piani successivi. All'interno del palazzo c'è una scala a pianta ottagonale opera di Ferdinando Sanfelice. Nel piano nobile si conservano degli affreschi riconducibili alla prima metà del XIX secolo.
Scendendo dopo pochi metri incontriamo il Il Palazzo Caracciolo di Melissano (fig.13). L'edificio è di fondazione settecentesca e presenta analogie con altre fabbriche civili dell'epoca progettate da Luca Vecchione; da ciò è possibile attribuire il palazzo al medesimo architetto, che peraltro fu particolarmente attivo tra la Sanità e la Costigliola.
Il palazzo è disposto su tre piani più mezzanino e botteghe; presenta anche un esiguo cortile centrale. Le finestre sono impreziosite con decorazioni organiche e timpani triangolari e convessi che si alternano, mentre il portale in piperno è composto da un semplice arco a tutto sesto con lesene ioniche, derivato dal portale secentesco di palazzo Terralavoro.
Attualmente è un vasto condominio in mediocri condizioni conservative,
tav. 12 - Palazzo Solimena |
tav.13 - Palazzo Caracciolo di Melissano |
Gentile Achille,
RispondiEliminaprima di tutto grazie. Grazie per la sua napoletanità, per il suo impegno nel tramandare strenuamente la stessa in contraopposizione alla sciatta napoletaneria. Vorrei poter pubblicare i suoi scritti sulla mia testata www.lavocedelquartiere.it. E' possibile? Non sono in condizioni di retribuire ed inoltre avrei bisogno che fossero un pò più brevi o per lo meno in " due pubblicazioni". Spero vivamente che collabori e fiduciosa attendo Sua risposta.
Cordialmente
Tina Pollice
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