fig.1 - La regina Artemisia che beve le ceneri di Mausolo -
53 x73 - Lecce collezione Terragno Centonze
Il quadro che esaminiamo in questo nostro articolo non ha creato alcun problema per identificare l’autore: Sebastiano Conca, nel quale la figura della protagonista (fig.1) molto dolce, è resa con la stessa grazia delle altre giovani signore che il pittore dipinse negli anni della sua maturità espressiva. La struttura disegnativa di chiara derivazione classicista, lo schema compositivo svolto secondo la normativa accademica del ritmo centrale, l'elegante finitezza dei particolari pongono questa tela quale testimonianza emblematica della sua produzione di più elevata qualità.
Veramente difficile è stato viceversa individuare con precisione l’iconografia della tela, nella quale si possono individuare alcuni elementi che riportano alla vicenda della Regina Artemisia.
Essi sono l’urna contenente le ceneri del marito fratello, Mausolo, la coppa con la quale ne beve le ceneri e, sullo sfondo, l’imponente tomba, che costituiva una delle sette meraviglie del mondo. Tale imponente sepolcro destinato a tale prestigioso personaggio ha poi caratterizzato nel tempo tutti i grandi sepolcri detti appunto mausolei, che costituiscono una tomba di eccezionale monumentalità, generalmente eretta per custodire il corpo di una grande personalità.
Il termine deriva appunto dal re Mausolo di Caria, monarca persiano, che realizzò la sua tomba, ultimata dalla moglie Artemisia nel 353 a.C.: il mausoleo di Alicarnasso, universalmente ritenuto, come abbiamo accennato, una delle sette meraviglie del mondo antico. Esempi posteriori sono diffusissimi in tutto il mondo.
Vogliamo ora fornire al lettore alcuni dati biografici di Sebastiano Conca, un pittore a cui fu dedicata alcuni decenni fa una esaustiva mostra nella natia Gaeta.
Sebastiano Conca nacque a Gaeta nel 1680 e morì nella stessa città nel 1764. Chiamato anche "Il cavaliere" era il maggiore di dieci fratelli. Il papà Erasmo era dedito al commercio e il secondogenito Don Nicolò fu arcidiacono della cattedrale di Gaeta. Sebastiano frequentò per oltre 15 anni la scuola napoletana di Francesco Solimena. Dal 1706 si trasferì a Roma col fratello Giovanni dove si affiancò a Carlo Maratta e svolse una proficua attività di affrescatore e di artista di altari fin oltre il 1750. A contatto con quest'ultimo, il suo stile artistico esuberante si moderò parzialmente. A Roma, patrocinato dal cardinale Ottoboni venne presentato a papa Clemente XI che gli assegnò l'affresco raffigurante Geremia nella basilica di San Giovanni in Laterano. Per il dipinto fu ricompensato dal papa col titolo di cavaliere e dal cardinale con una croce di diamanti.
Nel 1710 aprì una sua accademia, la cosiddetta Accademia del Nudo che attrasse molti allievi da tutta Europa, tra cui Pompeo Batoni, i siciliani Olivio Sozzi e Giuseppe Tresca e Carlo Maratta, e che servì per diffondere il suo stile in tutto il continente. Nel 1729 entrò a far parte dell'Accademia di San Luca e ne divenne direttore dal 1729 al '31 e dal 1739 al '41.
Nell'agosto 1731 il pittore fu chiamato a Siena per affrescare l'abside della Chiesa della Santissima Annunziata, per volontà testamentaria del rettore del Santa Maria della Scala, Ugolino Billò. Il lavoro venne terminato nell'aprile del 1732. Con la "Probatica Piscina" (o "Piscina di Siloan"), Conca si guadagnò la diffusa ammirazione dei contemporanei. In particolare, furono apprezzati l'ampio respiro dell'opera e la sapiente composizione, fedele al racconto evangelico e ricca di scrupolosi dettagli. Fu in seguito tra l'altro al servizio della corte sabauda, e lavorò all'oratorio di San Filippo e alla chiesa di Santa Teresa a Torino. Nel 1739 scrisse un libro dal titolo Ammonimenti, contenente precetti morali e artistici e dedicato a tutti i giovani che avessero voluto diventare pittori.
Dopo il suo ritorno a Napoli nel 1752, Conca passò, dalle esperienze classicheggiante, ai canoni, più grandiosi, del tardo barocco e del rococò e si ispirò soprattutto alle opere di Luca Giordano. Grazie all'aiuto del Vanvitelli, ricevette onori e incarichi da Carlo III di Borbone e dai più potenti ordini religiosi partenopei. Le sue opere più impegnative di questi ultimi anni sono andate distrutte, mentre sono rimaste numerose pale per altare di Napoli, tele inviate in Sicilia, i dipinti eseguiti per i benedettini di Aversa (1761) e le Storie di San Francesco da Paola, eseguite tra il 1762 e il 1763 per i Frati Minori del Santuario di Santa Maria di Pozzano a Castellammare. Con decreto regio fu elevato al rango di nobile nel 1757. Le ragioni del suo clamoroso successo si possono riconoscere nelle sue grandi capacità di mediare le diverse componenti artistiche del secolo: quella scenografia, magniloquente e grandiosa, appresa negli anni col Solimena, e quella più misuratamente composta del classicismo riformatore del Maratta. L'abilità del Conca fu dunque di sapersi misurare tanto con la tradizione quanto con le caute novità del momento, dosando e potenziando di volta in volta le diverse e molteplici componenti del linguaggio tardobarocco. Tra i suoi migliori allievi figura Gaetano Lapis, detto anche il Carraccetto. Una discreta celebrità ebbe anche il nipote di Sebastiano, il romano Tommaso Conca. Sebastiano Conca ha lasciato innumerevoli opere, che si stimano in circa 1200 pezzi.
Achille della Ragione
fig. 2 - La regina Artemisia che beve le ceneri di Mausolo (particolare) -
53 x73 - Lecce collezione Terragno Centonze
fig. 3 - La regina Artemisia che beve le ceneri di Mausolo (particolare) -
53 x73 - Lecce collezione Terragno Centonze
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