fig.1 - San Michele Arcangelo |
Cominceremo la descrizione delle chiese presenti su piazza Dante partendo dalla più negletta: San Michele Arcangelo (fig.1), la quale, dopo una chiusura durata decenni, ha riaperto da alcuni anni, ma, affidata ad un gruppo di sacerdoti dell’Europa dell’est, è fruibile solo per alcune ore alla settimana, durante le funzioni religiose, per chiudere poi inesorabilmente, negandosi alla visita di turisti ed appassionati d’arte, che non possono godere della vista di numerose chicche, di cui parleremo servendoci di foto (meglio che niente).
La chiesa, in origine, era una cappella badiale ed era chiamata Santa Maria della Provvidenza. Nel 1615 il cardinale Pignatelli la donò ad una congregazione di 72 sacerdoti, che si riunivano nella parrocchia di San Gennaro all’Olmo, i quali, nel trasferirsi nella nuova sede portarono con loro le reliquie di San Nostriano un vescovo martire napoletano e lo splendido dipinto raffigurante San Michele che abbatte Lucifero (fig.2) di Giuseppe Marullo, posto ora sull’altare maggiore.
Un ruolo significativo dovette svolgere questa comunità durante l’epidemia di peste del 1656, immortalata in un famoso dipinto (fig.3) di Micco Spadaro, quando la piazza, allora chiamata Largo del Mercatello e posta fuori della cinta muraria cittadina, fu destinata alle funzioni di lazzaretto.
La chiesa, in origine, era una cappella badiale ed era chiamata Santa Maria della Provvidenza. Nel 1615 il cardinale Pignatelli la donò ad una congregazione di 72 sacerdoti, che si riunivano nella parrocchia di San Gennaro all’Olmo, i quali, nel trasferirsi nella nuova sede portarono con loro le reliquie di San Nostriano un vescovo martire napoletano e lo splendido dipinto raffigurante San Michele che abbatte Lucifero (fig.2) di Giuseppe Marullo, posto ora sull’altare maggiore.
Un ruolo significativo dovette svolgere questa comunità durante l’epidemia di peste del 1656, immortalata in un famoso dipinto (fig.3) di Micco Spadaro, quando la piazza, allora chiamata Largo del Mercatello e posta fuori della cinta muraria cittadina, fu destinata alle funzioni di lazzaretto.
fig.2 - Giuseppe Marullo - San Michele arcangelo abbatte Lucifero |
fig.3 - Micco Spadaro - Largo Mercatello durante la peste a Napoli del 1656 - Napoli museo di San Martino |
Nel 1729 Domenico Antonio Vaccaro avviò ampi lavori di ristrutturazione dell’edificio, che assunse un’impronta rococò. Il grande artista fu impegnato per sei anni, non solo come architetto, ma anche come pittore e scultore.
Di notevole interesse è la facciata in stile rococò a due ordini: al primo due coppie di lesene composite e al secondo due coppie di paraste con rigonfiamento alla base che incorniciano un diaframma polilobato, su di esso è posto un balconcino.
L'interno della chiesa, a pianta allungata, (fig. 4) rappresenta uno dei maggiori capolavori del primo Settecento e sui lati sono presenti due altari con dipinti ovali del Vaccaro raffiguranti Santa Irene e Sant’Emidio (fig.5–6). La volta (fig.7) presenta affreschi ottocenteschi di Lucio Stabile.
Di notevole interesse è la facciata in stile rococò a due ordini: al primo due coppie di lesene composite e al secondo due coppie di paraste con rigonfiamento alla base che incorniciano un diaframma polilobato, su di esso è posto un balconcino.
L'interno della chiesa, a pianta allungata, (fig. 4) rappresenta uno dei maggiori capolavori del primo Settecento e sui lati sono presenti due altari con dipinti ovali del Vaccaro raffiguranti Santa Irene e Sant’Emidio (fig.5–6). La volta (fig.7) presenta affreschi ottocenteschi di Lucio Stabile.
fig.4 - Interno della chiesa |
fig.5 - Domenico Antonio Vaccaro - Sant'Emidio e Sant'Irene |
fig.6 - Domenico Antonio Vaccaro - Sant'Emidio e Sant'Irene (particolare di una decorazione della cornice) |
fig.7 - Cupola della chiesa |
All’interno della chiesa, nei pressi dell’altare, sulla destra, spicca una spettacolare statua lignea settecentesca raffigurante San Michele (fig.8) dalla rara potenza espressiva, capolavoro realizzato da Nicola Canale architetto e ingegnere che si rifaceva al modello di Cosimo Fanzago e di Ferdinando Sanfelice. Quis ut Deus? Chi è come Dio? Reca questa scritta lo scudo portato da San Michele Arcangelo nell’attimo in cui sta per trafiggere il demonio rappresentato sotto forma di un drago secondo l’iconografia tradizionale. E’ la splendida plasticità di questa statua, i suoi colori, la vitalità e l’attimo reale, immobilizzato in eterno, in cui sta per sconfiggere l’angelo decaduto a lasciare, letteralmente a bocca aperta, grandi e piccini, fedeli e non.
Al piccolo ambiente della sagrestia settecentesca si accede attraverso una raffinata porta lignea (fig.9). Nell’interno sono conservati, oltre agli arredi dell'epoca, anche un lavabo marmoreo (fig.10) datato 1758, opera di Gaspare Lamberti con la supervisione di Nicola Tagliacozzi Canale e due inginocchiatoi in radica di noce (fig.11) che presentano incastonati due ovali in marmo raffiguranti l'Adorazione dei pastori (fig.12) e l'Adorazione dei magi, eseguiti da Nunzia Tancredi nel 1772.
Al piccolo ambiente della sagrestia settecentesca si accede attraverso una raffinata porta lignea (fig.9). Nell’interno sono conservati, oltre agli arredi dell'epoca, anche un lavabo marmoreo (fig.10) datato 1758, opera di Gaspare Lamberti con la supervisione di Nicola Tagliacozzi Canale e due inginocchiatoi in radica di noce (fig.11) che presentano incastonati due ovali in marmo raffiguranti l'Adorazione dei pastori (fig.12) e l'Adorazione dei magi, eseguiti da Nunzia Tancredi nel 1772.
fig.8 - Nicola Canale - San Michele - statua lignea |
fig.9 - Porta lignea di accesso alla sacrestia |
fig.10 - Gaspare Lamberti - Lavabo |
fig.11 - Inginocchiatoio in radica di noce |
fig.12 - Nunzia Tancredi - Adorazione dei pastori |
fig. 13 - Chiesa di San Domenico Soriano - Facciata e campanile |
La chiesa di San Domenico Soriano (fig.13) prende il nome dall'omonima immagine miracolosa di San Domenico Soriano ed in essa trovò sepoltura il beato Nunzio Sulprizio ed in seguito alla sua canonizzazione nel 2018 la chiesa ha cambiato denominazione in chiesa dei Santi Domenico Soriano e Nunzio Sulprizio.
Il tempio e l'annesso convento furono eretti grazie a un donativo di 800 ducati elargito al domenicano Tommaso Vesti da una nobildonna: Sara Ruffo di Mesurica. Nella progettazione della chiesa è molto probabile un intervento diretto da parte di fra' Giuseppe Nuvolo. La costruzione del monastero cominciò tra 1673 ed il 1685 su progetto di Bonaventura Presti, a cui seguirono poi Giuseppe Caracciolo e Francesco Antonio Picchiatti. Durante il XVIII secolo venne attuato un ulteriore ampliamento grazie a Nicola Tagliacozzi Canale.
Il monastero non ebbe vita lunga e subì numerosi rimaneggiamenti sia esterni che interni, cambiando spesso destinazione d'uso. L'intero complesso finì per essere utilizzato come caserma fino al 1850. La chiesa è oggi visitabile e aperta al pubblico, il monastero ed i locali del chiostro ospitano invece alcuni uffici del comune di Napoli, II municipalità.
Nel 1600, l'interno, composto da tre navate e cappelle laterali, ha ricevuto un ricco e raffinato arredo barocco su progetto di Cosimo Fanzago, che per la stessa eseguì anche l'altare maggiore. Tuttavia la chiesa fu interessata nei secoli successivi da diversi lavori integrativi. Seppure la facciata principale su piazza Dante rimane pressoché quella originaria, con pietre laviche vesuviane e con le sculture dei santi Tommaso d'Aquino (a destra) e Domenico di Guzman (a sinistra), negli interni, invece, ai lavori barocchi per lo più del Fanzago, seguirono altre decorazioni in stucco e marmo sette-ottocentesche, medesima datazione questa per tutti i cicli di affreschi della volta e delle cappelle.
Nella prima cappella sulla sinistra si trova la tomba di Alessio Falcone Rinuccini, decorata da opere di Giuseppe Sanmartino (fig.14) su disegno di Ferdinando Fuga del 1758. Nella terza cappella a sinistra è di Giacinto Diano la Vergine che presenta l'immagine miracolosa di San Domenico Soriano (fig.15).
Sul transetto a sinistra è collocata una tela di Luca Giordano raffigurante la Madonna del Rosario eseguita nel 1690 (fig.16); in quello di destra invece un'altra Madonna del Rosario è attribuita ad Onofrio Palumbo.
Il tempio e l'annesso convento furono eretti grazie a un donativo di 800 ducati elargito al domenicano Tommaso Vesti da una nobildonna: Sara Ruffo di Mesurica. Nella progettazione della chiesa è molto probabile un intervento diretto da parte di fra' Giuseppe Nuvolo. La costruzione del monastero cominciò tra 1673 ed il 1685 su progetto di Bonaventura Presti, a cui seguirono poi Giuseppe Caracciolo e Francesco Antonio Picchiatti. Durante il XVIII secolo venne attuato un ulteriore ampliamento grazie a Nicola Tagliacozzi Canale.
Il monastero non ebbe vita lunga e subì numerosi rimaneggiamenti sia esterni che interni, cambiando spesso destinazione d'uso. L'intero complesso finì per essere utilizzato come caserma fino al 1850. La chiesa è oggi visitabile e aperta al pubblico, il monastero ed i locali del chiostro ospitano invece alcuni uffici del comune di Napoli, II municipalità.
Nel 1600, l'interno, composto da tre navate e cappelle laterali, ha ricevuto un ricco e raffinato arredo barocco su progetto di Cosimo Fanzago, che per la stessa eseguì anche l'altare maggiore. Tuttavia la chiesa fu interessata nei secoli successivi da diversi lavori integrativi. Seppure la facciata principale su piazza Dante rimane pressoché quella originaria, con pietre laviche vesuviane e con le sculture dei santi Tommaso d'Aquino (a destra) e Domenico di Guzman (a sinistra), negli interni, invece, ai lavori barocchi per lo più del Fanzago, seguirono altre decorazioni in stucco e marmo sette-ottocentesche, medesima datazione questa per tutti i cicli di affreschi della volta e delle cappelle.
Nella prima cappella sulla sinistra si trova la tomba di Alessio Falcone Rinuccini, decorata da opere di Giuseppe Sanmartino (fig.14) su disegno di Ferdinando Fuga del 1758. Nella terza cappella a sinistra è di Giacinto Diano la Vergine che presenta l'immagine miracolosa di San Domenico Soriano (fig.15).
Sul transetto a sinistra è collocata una tela di Luca Giordano raffigurante la Madonna del Rosario eseguita nel 1690 (fig.16); in quello di destra invece un'altra Madonna del Rosario è attribuita ad Onofrio Palumbo.
fig. 15 - Giacinto Diano - Vergine che presenta l'immagine miracolosa di San Domenico Soriano |
fig. 16 - Luca Giordano - Madonna del Rosario |
La volta è affrescata da Salvatore Cozzolino e Vincenzo Galloppi con le Storie di santi Francescani e Domenicani (1882), lavori questi che rimpiazzarono precedenti cicli di Mattia Preti del 1664 sulla Gloria di San Domenico di Guzman, poi andate perduti.
Altre pitture e sculture seicentesche della chiesa hanno attribuzione ignota di scuola comunque napoletana (fig.17–18); alcuni affreschi ottocenteschi sono invece attribuiti a Bernardino Castelli, altri di mano certa sono invece di Luigi Scorrano e Luigi Fabron, che esegue nel 1874 un San Luca (fig.19).
Dal cappellone del transetto destro si accede nell’Arciconfraternita della Madonna del Rosario dove è conservato il corpo di Nunzio Sulprizio (fig.20) e sulle pareti si conservano tele sagomate del Farelli, alcune datate 1703. Esse, in precario stato di conservazione appalesano una caduta nella qualità dello stile, fiacco e ripetitivo e rappresentano, a sinistra dell’altar maggiore, l’Annunciazione, la Visitazione e la Natività ed a destra la Caduta sotto la croce, l’Incoronazione di spine e la Presentazione al Tempio (frammentaria).
Alla chiesa è collegato un chiostro realizzato dal domenicano Fra' Tommaso Vesti che giunse in città dalla Calabria intorno agli inizi del XVII secolo. Nella seconda metà del secolo i domenicani incaricarono all'architetto bolognese Bonaventura Presti di progettare il nuovo chiostro e di ampliare il luogo sacro. Il Presti elaborò differenti disegni, nei quali il luogo di clausura assumeva una notevole importanza, poiché veniva a rappresentare l'ambiente in cui si dovevano svolgere tutte le più importanti azioni della vita conventuale. L'architetto ipotizzò anche lo sfruttamento totale del suolo su cui si stava costruendo il monastero. Tra le proposte i monaci scelsero la soluzione che precedeva la realizzazione di un chiostro con cinque arcate per nove, sorrette da altrettanti pilastri in piperno, con al centro un pozzo simile a quello di San Gregorio, e con accesso attiguo alla facciata della chiesa. Secondo il progetto del Presti, una scala posta sul fondo del lungo porticato avrebbe condotto ai piani superiori, dove erano collocate le celle dei monaci che si aprivano in parte sul chiostro e in parte sulla piazza, mentre le botteghe sarebbero state ricavate nei lati più lunghi e date in fitto ai privati. I frati si opposero a tal scelta e l'architetto fu costretto ad apportare modifiche che delimitarono in modo netto lo spazio laico destinato ai privati e quello sacro destinato ai religiosi. I Domenicani, giudicato troppo esteso quest'ultimo disegno, decisero di ascoltare il parere di alcuni esperti tra cui Francesco Antonio Picchiatti, che completò il progetto dopo l'estromissione di Bonaventura Presti. Il Picchiatti si limitò a porre in opera e a controllare le direttive degli stessi religiosi che in molte occasioni si ispirarono al progetto del precedente, tanto che ancora oggi, malgrado le modifiche apportate in epoche successive, è possibile riconoscere l'impianto originario nel portale d'ingresso adiacente alla chiesa e nei pilastri del chiostro. Tra il 1673 e il 1685 la costruzione del complesso era quasi terminata. Rimaneva incompleto il chiostro, di cui fu eretta solo un'ala, terminata nel XVIII secolo su progetto di Nicola Tagliacozzi Canale, il quale ridusse lo spazio da pianta rettangolare come era previsto nel Seicento a pianta quadrata con cinque arcate per sei. Nella seconda metà del XVIII secolo il chiostro poté definirsi terminato.
Altre pitture e sculture seicentesche della chiesa hanno attribuzione ignota di scuola comunque napoletana (fig.17–18); alcuni affreschi ottocenteschi sono invece attribuiti a Bernardino Castelli, altri di mano certa sono invece di Luigi Scorrano e Luigi Fabron, che esegue nel 1874 un San Luca (fig.19).
Dal cappellone del transetto destro si accede nell’Arciconfraternita della Madonna del Rosario dove è conservato il corpo di Nunzio Sulprizio (fig.20) e sulle pareti si conservano tele sagomate del Farelli, alcune datate 1703. Esse, in precario stato di conservazione appalesano una caduta nella qualità dello stile, fiacco e ripetitivo e rappresentano, a sinistra dell’altar maggiore, l’Annunciazione, la Visitazione e la Natività ed a destra la Caduta sotto la croce, l’Incoronazione di spine e la Presentazione al Tempio (frammentaria).
Alla chiesa è collegato un chiostro realizzato dal domenicano Fra' Tommaso Vesti che giunse in città dalla Calabria intorno agli inizi del XVII secolo. Nella seconda metà del secolo i domenicani incaricarono all'architetto bolognese Bonaventura Presti di progettare il nuovo chiostro e di ampliare il luogo sacro. Il Presti elaborò differenti disegni, nei quali il luogo di clausura assumeva una notevole importanza, poiché veniva a rappresentare l'ambiente in cui si dovevano svolgere tutte le più importanti azioni della vita conventuale. L'architetto ipotizzò anche lo sfruttamento totale del suolo su cui si stava costruendo il monastero. Tra le proposte i monaci scelsero la soluzione che precedeva la realizzazione di un chiostro con cinque arcate per nove, sorrette da altrettanti pilastri in piperno, con al centro un pozzo simile a quello di San Gregorio, e con accesso attiguo alla facciata della chiesa. Secondo il progetto del Presti, una scala posta sul fondo del lungo porticato avrebbe condotto ai piani superiori, dove erano collocate le celle dei monaci che si aprivano in parte sul chiostro e in parte sulla piazza, mentre le botteghe sarebbero state ricavate nei lati più lunghi e date in fitto ai privati. I frati si opposero a tal scelta e l'architetto fu costretto ad apportare modifiche che delimitarono in modo netto lo spazio laico destinato ai privati e quello sacro destinato ai religiosi. I Domenicani, giudicato troppo esteso quest'ultimo disegno, decisero di ascoltare il parere di alcuni esperti tra cui Francesco Antonio Picchiatti, che completò il progetto dopo l'estromissione di Bonaventura Presti. Il Picchiatti si limitò a porre in opera e a controllare le direttive degli stessi religiosi che in molte occasioni si ispirarono al progetto del precedente, tanto che ancora oggi, malgrado le modifiche apportate in epoche successive, è possibile riconoscere l'impianto originario nel portale d'ingresso adiacente alla chiesa e nei pilastri del chiostro. Tra il 1673 e il 1685 la costruzione del complesso era quasi terminata. Rimaneva incompleto il chiostro, di cui fu eretta solo un'ala, terminata nel XVIII secolo su progetto di Nicola Tagliacozzi Canale, il quale ridusse lo spazio da pianta rettangolare come era previsto nel Seicento a pianta quadrata con cinque arcate per sei. Nella seconda metà del XVIII secolo il chiostro poté definirsi terminato.
Nel 1808 l'originaria funzione del
chiostro fu soppressa; nel 1850 venne adibito a caserma militare, poi a
guardia di pubblica sicurezza ed infine ad ufficio comunale. In seguito a
queste destinazioni furono apportate modifiche che distrussero il
manufatto, la cui struttura può tuttavia essere ancor oggi percepita
dietro gli elementi in metallo e vetro che attualmente ospitano gli
archivi anagrafici del comune.
fig. 19 - Luigi Fabron - San Luca - 1874 - Pennacchio della cupola |
Pochi passi ed incontriamo
l’ingresso (fig.21) della cappella del Palazzo Ruffo di Bagnara sita
all'interno dell'omonimo complesso monumentale fondato nel 1660.
L'edificio residenziale spicca per le sue originali decorazioni;
l'intero palazzo è da collocare nel panorama dell'edilizia barocca
napoletana.
L'edificio di culto costituiva il luogo privato di preghiera, creato esclusivamente per la famiglia Ruffo. L'esterno è preceduto dalle scale in piperno e da un portale costruito con lo stesso materiale; quest'ultimo, è sovrastato anche da un'apertura con campaniletto. La cappella è anch'essa testimone dell'architettura barocca in città; inoltre, sull'altare maggiore, vi è un dipinto di Francesco Solimena (fig.22).
L'edificio di culto costituiva il luogo privato di preghiera, creato esclusivamente per la famiglia Ruffo. L'esterno è preceduto dalle scale in piperno e da un portale costruito con lo stesso materiale; quest'ultimo, è sovrastato anche da un'apertura con campaniletto. La cappella è anch'essa testimone dell'architettura barocca in città; inoltre, sull'altare maggiore, vi è un dipinto di Francesco Solimena (fig.22).
fig. 22 - Francesco Solimena - Gloria di San Ruffo |
Completiamo la nostra descrizione parlando
della chiesa di S. Maria di Caravaggio (fig.23), costruita nel 1627,
quando faceva parte del complesso conventuale fondato dapprima dai padri
Scolopi (1625-1808) e ai quali succedettero i Barnabiti.
In seguito il convento, già adibito a collegio, accolse l’Istituto Principe di Napoli per giovani ciechi: opera fondata da Domenico Martuscelli nel 1873.
La chiesa di Caravaggio, composta da un’unica navata (fig.24) e avente forma ellittica, fu rifatta da G.B. Nauclerio a partire dal 1724.
Al suo interno vi troviamo diverse opere che arricchiscono il valore storico culturale della chiesa.
Sull’altare maggiore vediamo il dipinto la Nascita di Maria (fig.25) eseguito da Gaetano Gigante, dal quale in origine prese il nome la chiesa.
Nelle tre cappelle alla destra dell’altare, possiamo ammirare il dipinto del Transito di San Giuseppe (fig.26) del sommo Francesco Solimena; la Madonna della Provvidenza del XVIII (alla quale sono devoti i Barnabiti) e la Deposizione dalla Croce di Domenico Antonio Vaccaro.
Nelle tre cappelle di sinistra, invece, sono conservati il dipinto di Sant'Antonio Zaccaria (1890), di Luigi Scorrano; la tomba di San Francesco Saverio Maria Bianchi, barnabita detto l’Apostolo di Napoli; una statua della Madonna Addolorata e il dipinto raffigurante l'apparizione della Vergine alla contadina del paese di Caravaggio da cui prende attualmente il nome la chiesa.
Achille della Ragione
In seguito il convento, già adibito a collegio, accolse l’Istituto Principe di Napoli per giovani ciechi: opera fondata da Domenico Martuscelli nel 1873.
La chiesa di Caravaggio, composta da un’unica navata (fig.24) e avente forma ellittica, fu rifatta da G.B. Nauclerio a partire dal 1724.
Al suo interno vi troviamo diverse opere che arricchiscono il valore storico culturale della chiesa.
Sull’altare maggiore vediamo il dipinto la Nascita di Maria (fig.25) eseguito da Gaetano Gigante, dal quale in origine prese il nome la chiesa.
Nelle tre cappelle alla destra dell’altare, possiamo ammirare il dipinto del Transito di San Giuseppe (fig.26) del sommo Francesco Solimena; la Madonna della Provvidenza del XVIII (alla quale sono devoti i Barnabiti) e la Deposizione dalla Croce di Domenico Antonio Vaccaro.
Nelle tre cappelle di sinistra, invece, sono conservati il dipinto di Sant'Antonio Zaccaria (1890), di Luigi Scorrano; la tomba di San Francesco Saverio Maria Bianchi, barnabita detto l’Apostolo di Napoli; una statua della Madonna Addolorata e il dipinto raffigurante l'apparizione della Vergine alla contadina del paese di Caravaggio da cui prende attualmente il nome la chiesa.
Achille della Ragione
fig. 24 - Chiesa S. Maria di Caravaggio (interno) |
Bravo Achille sei unico a stimolarci ad ammirare le bellezze della nostra città molte volte nascoste.
RispondiEliminaSavino De Rosa
Napoli è Città per me bellissima, straordinaria , che non finisce mai di farsi scoprire e di meravigliare
RispondiEliminaSegnalo le visite guidate e gratuite organizzate da decenni da Achille della Ragione , cultore e custode di molti segreti e aneddoti di Napoli e sulla Napoletanità.
Raccomando gli eventi organizzati, vivrete autentiche esperienze sorprendentemente piacevoli e divertenti !
Chi fosse interessato agli eventi, può consultare il suo blog
www.dellaragione.eu
Pasquale D'Amora
Caro Achille, Grazie x rendere uniche , stimolanti e divertentissime le visite guidate che ci fai fare in giro per la ns. Amata Città ! Arricchenti non solo culturalmente, ma anche umanamente e spiritualmente; grazie a Te che hai grande saggezza e che ti batti stoicamente per la riqualificazione e la valorizzazione di Napoli !
RispondiEliminaFrancesco il torinese
Bellissimo excursus! Ci devi portare a vederle queste chiese, anche solo in esterno. Vale anche soppesare il discusso progetto di risistemazione della piazza realizzato da Gae Aulenti.
RispondiEliminaMa Domenico Soriano è il nome del personaggio di Eduardo in Filumena. Un caso secondo te o una citazione voluta??
Patrizia D'Amato