mercoledì 26 agosto 2020

Le chiese sulla collina della Costigliola

 

fig.1 - Chiesa dei SS. Bernardo e Margherita (facciata)

La collina della Costigliola è una zona della città delimitata da via Pessina, via Salvator Rosa ed il Cavone.Oltre a bassi puzzolenti e personaggi dai volti patibolari, sono presenti numerosi edifici sacri, che descriveremo in questo capitolo, ad eccezione della chiesa di San Potito, alla quale abbiamo dedicato un capitolo specifico, consultabile digitando il link
http://achillecontedilavian.blogspot.com/2018/01/finalmente-riapre-la-chiesa-di-san.html
e quella di S. Monica, la quale con l’annesso monastero protrude verso il basso nel Cavone e la descriveremo nel relativo capitolo.        
Partiamo perciò dalla chiesa dei Santi Bernardo e Margherita, ubicata in via San Giuseppe dei Nudi. L'edificio è incorporato nel Complesso del Sovrano Militare Ordine di Malta, ed è anche noto come chiesa di San Giovanni del Sovrano Ordine di Malta.      
Il complesso venne fondato nel 1646 da monache francescane del monastero dei Santi Bernardo e Margherita a Fonseca, che gradivano vivere con regole di clausura più rigide. Le monache acquistarono numerose proprietà adiacenti per fondare il proprio monastero, che venne ristrutturato già nel XVIII secolo; il refettorio fu realizzato nel 1722 da Antonio Tango e la chiesa venne eretta, su progetto di Giovan Battista Nauclerio, tra il 1725 ed il 1732.
La chiesa presenta una facciata tardo barocca (fig.1) che introduce elementi rococò ed è caratterizzata da un portico con loggiati laterali chiusi successivamente, mentre all'ordine superiore si presenta una pregevole decorazione in stucco. La scala d'accesso mostra una notevole qualità esecutiva delle parti in piperno.  
L'interno è a croce greca di matrice ottagonale, con al centro una cupola con otto finestroni. Le pareti sono articolate grazie all'utilizzo dell'ordine gigante di lesene composite. Di buona fattura sono gli stucchi che ornano le volte e le pareti. L'altare maggiore venne ricostruito nel 1956 ed è sormontato da una tela di Giovanni Antonio Amato,raffigurante l’Immacolata (fig.2), mentre sulla controfacciata è collocata un’Annunciazione (fig.3) di incerta attribuzione, che richiama a viva voce i modi del Guarino.  Sui due altari del transetto I Santi Gennaro, Francesco d’Assisi e Nicola di Bari sono opera di un pittore noto solo agli specialisti: il solimenesco Michelangelo Schilles e il Calvario di ignoto pittore settecentesco. Infine i restanti quattro dipinti possono essere attribuiti ad un seguace di Paolo De Matteis.   
Con l’abolizione dei monasteri il complesso divenne nel 1820 Alloggiamento di vedove militari; nel 1859 vi subentrarono i Cavalieri del Sacro Militare Ordine Gerosolimitano (i Cavalieri di Malta) che in una parte dell’immobile impiantarono un ospedale tuttora attivo come ambulatorio, mentre la restante parte è trasformata in abitazioni. 

 

fig.2 - Giovanni Antonio Amato - Immacolata con i SS. Bernardo e Margherita

fig.3 - Ignoto seguace di Guarino - Annunciazione

Il Sovrano Militare Ordine di Malta è un’istituzione gloriosa, nata secoli fa in una piccola isola dalla grande storia. E nel tempo ha acquisito benemerenze grazie all’opera instancabile dei suoi membri; tra questi uno dei più autorevoli cavalieri (anche se senza cavallo) che vogliamo ricordare ai nostri lettori è Marco De Ruggero (fig.4), più noto negli ambienti diplomatici come “o chiattone”, la cui massima referenza consiste nell’essere un amico sincero e di vecchia data di mia figlia Marina.
Passiamo ora alla chiesa di San Giuseppe dei Vecchi, fondata nel 1614 da Andrea Cavallo, padre caracciolino, sui suoli di una delle proprietà Carafa. In breve tempo la chiesetta ed il monastero divennero subito operativi, ma nel 1634 i monaci affidarono a Cosimo Fanzago la progettazione di una chiesa più grande e maestosa. Il progetto fanzaghiano andò a rilento per diversi motivi, compresa l'epidemia di peste del 1656; nel 1665, la chiesa venne consacrata ancora incompleta, tanto che la fabbrica era coperta per mezzo di un tetto provvisorio. Venne completata tra il 1706 e il 1712 dall'architetto Onofrio Parascandalo e nel 1732, per far fronte ai danni del terremoto del medesimo anno, l'ordine incaricò a Nicola Tagliacozzi Canale il restauro e il consolidamento della struttura.    
Sulla facciata, il portale in piperno (fig.5), che funge da sagrato, è opera di Francesco Solimena. L'interno è a croce greca con l'asse longitudinale più lungo dell'altro asse; possiede quattro cappelle angolari e l'abside, poligonale, presenta un arco, simile ad una serliana, che nasconde un ulteriore ambiente destinato ad ospitare una tela (fig.6–7).  

 

fig.4 - O chiattone

 

fig.5 - Chiesa di San Giuseppe dei Vecchi (facciata)
 

 
fig. 6 - Chiesa di San Giuseppe dei Vecchi (interno)

 
fig.7 - Chiesa di San Giuseppe dei Vecchi (cupola)

La chiesa è un vero e proprio giacimento di capolavori dell’arte: gli stucchi del ‘700, gli affreschi che illustrato le scene dell’Antico e Nuovo Testamento e, soprattutto, della vita di San Giuseppe. Nelle cappelle laterali spiccano quelle di San Michele Arcangelo con una tela a olio (fig.8), sopra l’altare, di Nicola Maria Rossi, giovane allievo del Solimena, mentre nell’altra un pregevole dipinto che raffigurano San Francesco Caracciolo (fig.9) di Antonio Sarnelli, allievo di Paolo De Matteis che, a sua volta, era stato discepolo di Luca Giordano! Numerose anche le sculture intagliate nel legno, arte di cui la capitale vicereale poteva vantare una solida e famosa tradizione. Tra questi si segnalano quelle di S. Anna, l’Ecce Homo, un pregevole crocifisso e due splendidi angeli settecenteschi ai lati dell’altare maggiore.        
Nella sacrestia sono conservati una decina di dipinti, ignoti agli schedari della Sovrintendenza e mai citati in alcuna pubblicazione. Essi sono di grande interesse e sono opera di seguaci di Pacecco De Rosa e Filippo Vitale.   
Dietro all’altare maggiore vi è un ampio vano con una spettacolare affacciata su panorama: in basso il Cavone, di fronte l’ex carcere minorile.
Sulla sinistra della chiesa vi è il vecchio monastero, da tempo divenuto il Palazzo delle Conciliazioni, con un chiostro molto bello che presenta tre bracci restaurati (fig.10), mentre un quarto versa in condizioni fatiscenti. Di grande effetto sono sulle pareti il doppio partito di lesene e cornici, da cui si sviluppano in perfetta continuità i piani di piperno dei balconi e nelle volte degli ambulacri le coperture, a cellule giustapposte di basse cupolette ovali. Al centro uno splendido pozzale in piperno (fig.11), opera negli anni Quaranta del Settecento di Tagliacozzi Canale, uno dei principali esponenti del rococò napoletano.  

 

fig. 8 - Chiesa di San Giuseppe dei Vecchi (lato sinistro)

 
fig. 9 - Antonio Sarnelli - San Francesco Caracciolo

fig.10 - Nicola Tagliacozzi Canale - Scala dell'ex convento

fig.11 - Nicola Tagliacozzi Canale - Chiostro con pozzale

Ed inoltre nella chiesa di San Giuseppe dei Vecchi, oltre a venerare la tomba di don Dolindo, di cui abbiamo parlato nel capitolo Corbellerie e boiate a volontà,  si può consultare l’archivio parrocchiale: una miniera inesauribile di notizie tra processetti matrimoniali, certificati di battesimi e di morte. Tra questi spicca per la gioia degli storici del futuro il fascicolo 386, ai quali lo proponiamo, che conserva gelosamente il certificato di battesimo (fig.12) di un illustre personaggio napoletano, che indichiamo con tutti i suoi nomi: Achille, Giovanni, Antonio, Gertrude. Ma come Gertrude? Un nome femminile per il celebre Pelide? Spiegazione semplicissima: Gertrude è la protettrice dei neonati e da secoli tutti i rampolli del nobile casato della Ragione, maschi o femmine che siano, lo tengono come nome secondario. Al fianco del documento battesimale, 1° giugno 1947, è riportata la data del matrimonio, avvenuto nella famosa chiesa di Santa Chiara il 15 settembre 1973, quando il focoso Pelide impalmò una giovane fanciulla che rispondeva e risponde ancora dopo 47 anni al nome di Elvira Brunetti. E sulla destra vi è ancora uno spazio vuoto che attende e attenderà a lungo, forse invano, a causa dell' l’immortalità del personaggio, la data e la località del decesso.        
Nella chiesa il celebre Achille ha celebrato anche la sua prima (ed anche ultima) comunione (fig.13 ) avendo come compare il fratello maggiore Carlo (fig.14) e come officiante il cardinale in carica all’epoca.
 

 

fig.12 - Battesimo Achille - fascicolo 386

 

fig.13 - Prima comunione di Achille

fig.14 - Achille con il cardinale


Poco più di 200 metri e dalla chiesa di San Giuseppe dei Vecchi ci portiamo in quella di San Giuseppe dei Nudi (fig.15–16) costruita  nel 1785 grazie all'Arciconfraternita e Real Monte di San Giuseppe, formata principalmente da nobili, avvocati, architetti, artisti, prelati (pontefici inclusi) desiderosi di dedicarsi anche ad attività benefiche. La chiesa è un ampliamento del precedente edificio religioso agostiniano dedicato a Santa Maria dell'Olivo. Il progetto venne affidato a Giovanni del Gaizo, ma, nel 1888, la chiesa venne completamente rimaneggiata grazie a Luigi Angiolia. Tuttavia, il tempio ha conservato l'articolazione ad aula quadrata, coperta da volte con due cappelle affondate e il coro absidale poligonale. La chiesa è a croce greca; l'altare maggiore è sovrastato da un dipinto di Achille Jovene del 1872, rappresentante San Giuseppe e la pia opera di vestire gli ignudi (fig.17), che è presente anche sulla copertina (fig.18) della splendida monografia edita nel 2017 dall’editore Longobardi. I due altari laterali sono entrambi settecenteschi e sono sovrastati dalle pregevoli tele raffiguranti l'Adorazione dei Pastori di Girolamo Starace-Franchis e Santa Margherita da Cortona di artista ignoto del XVIII secolo. La contigua sagrestia contiene arredi settecenteschi, una elegante cassa da morto (fig.19) da utilizzare in condominio dai soci dell’arciconfraternita nel giorno fatidico del trapasso e due dipinti (fig.20–21) da attribuire con certezza al virtuoso pennello di Niccolò De Simone.
 
 
fig. 15 -San Giuseppe dei Nudi (facciata)

 
fig.16 -San Giuseppe dei Nudi (interno)

 
fig.17  - Achille Iovane - Vestire gli ignudi - firmato 300x230

 
fig.18 - Copertina monografia

fig.19  - Catafalco condominiale

 
fig. 20 Niccolò De Simone - Incontro degli apostoli Pietro e Paolo alle porte di Roma - 230x305

 
fig. 21 - Niccolò de Simone - Martirio di San Gennaro nella Solfatara - 230x305


Dal Dal numero civico 19 di via Giuseppe Mancinelli si accede ai locali dell'omonima arciconfraternita, dove si conservano: l'archivio storico dell'opera, un prezioso archivio musicale con spartiti di Giovanni Paisiello e un'interessante raccolta di dipinti , tra i quali si annoverano una Madonna dell'Umiltà (fig.22) del XIV secolo, oltre ad opere di Onofrio Palumbo (fig.23), Giuseppe Ribera (fig.24), Francesco De Mura (fig.25), Giuseppe Bonito (fig.26) e Giovanni Sarnelli (fig.27), sculture, paramenti sacri e reliquie (tra queste spicca la celebre "mazzarella" di San Giuseppe, da cui la nota frase in vernacolo: “Non sfrocoliate 'a mazzarella e San Giuseppe”, della quale abbiamo parlato nel capitolo dedicato alle Corbellerie). 
Il Real Monte ed Arciconfratera di San Giuseppe dell’Opera di Vestire i Nudi fu fondata il 6 gennaio 1740. Su consiglio e incoraggiamento del padre spirituale Giuseppe Maria di San Carlo dei Carmelitani Scalzi, e per iniziativa di alcuni nobili napoletani: Francesco Cerio, Domenico Orsini e Nicola Antonio Pirro Carafa. Il 30 giugno 1740 con l'adesione del Re di Napoli Carlo di Borbone assume il nome di Regal Monte e Congregazione di San Giuseppe dell’Opera di Vestire i Nudi e Vergognosi. Scopo precipuo era la donazione di sette vesti per altrettanti poveri e bisognosi, che continuò fino alla prima metà del Novecento, e fu poi sostituito da altre attività caritatevoli. Furono ascritti alla confraternita i papi Pio VI, Pio VII, Leone XII, Pio IX, Leone XIII, Pio X e Pio XII, nonché i sovrani del Regno di Napoli: Carlo III ne fu superiore perpetuo e protettore, così come Ferdinando I, Francesco I, Ferdinando II e Francesco II.

 

fig.22 - Ignoto pittore napoletano del Tracento - Madonna dell'umiltá - Tempera e oro su tavola - 105x61

fig. 23 - Onofrio Palumbo - Santissima trinitá con cinque arcangeli - 265x207

fig. 24 - Jusepe de Ribera - San francesco di Paola - 75 x61

 

fig.25 - Francesco De Mura - S. Elisabetta con San Giovannino - 76 x94

fig.26 - Giuseppe Bonito - Madonna col Bambino e San Giovannino - 106x92

fig.27 - Giovanni Sarnelli - San Giuseppe col Bambino - firmato e datato 1787 - 53x39


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