Giancarlo Alisio |
Con l’improvvisa scomparsa del professor Giancarlo Alisio tutti noi abbiamo perso, oltre all’illustre studioso, uno degli ultimi gentiluomini che vivevano in città.
Di origini piemontesi, colto e raffinato, col tempo era divenuto un partenopeo doc, che amava Napoli e soffriva a vederla ogni giorno decadere, non solo nell’aspetto urbanistico, ma anche nei rapporti sociali, dominati da sciatteria e cattivo gusto.
Nel tempo aveva radunato una ricca e qualificata collezione di dipinti, principalmente vedute e panorami oramai scomparsi, che facevano della Campania la capitale indiscussa della bellezza.
Si trattava di oltre cento opere, dal valore venale di svariati miliardi e che il professore amava più di ogni cosa; eppure, alcuni anni fa, volle donare la sua raccolta alla sua città, affinché potesse essere goduta liberamente da tutti.
Sistemata in sette sale nel museo di San Martino, veniva illustrata amorevolmente, ogni fine settimana, dall’illustre professore.
Un gesto nobile che aveva legato la caducità della vita all’eternità del museo.
Ricordo con emozione quando volle onorare di una sua visita il salotto letterario di mia moglie Elvira, descrivendo prima nel corso di una conversazione la storia della sua collezione e poi accompagnandoci a visitarla tutti assieme.
I nostri figli ed i nostri nipoti, quando fra decenni sentiranno la storia di un gesto così nobile, rimarranno increduli che un personaggio così unico e generoso sia veramente esistito.
E’ per questo che Napoli, orbata di uno dei suoi figli migliori, piange la scomparsa di Giancarlo Alisio.
Abbiamo cominciato dalla fine con il coccodrillo che Io pubblicai il 2 dicembre 2005 su Napoli.com e su numerosi altri giornali telematici.
Dobbiamo ora tracciare il suo percorso di studioso e di autore di numerosi libri sia scientifici che divulgativi.
Napoli com'era nelle gouaches del Sette e Ottocento : le immagini struggenti di una delle più belle e affascinanti città-capitali d'Europa e dei suoi dintorni (Quest’Italia).
Arte e politica tra Napoli e Firenze : un cassone per il trionfo di Alfonso d'Aragona (Saggi).
Il falso taccuino di viaggio del 1834 : di un architetto neoclassico in Campania.Ediz. italiana e inglese.
Napoli millenovecento : dai catasti del XIX secolo ad oggi : la città, il suburbio, le presenze architettoniche.
Il lungomare (Napoli: uomini e luoghi trasformazioni. Urbane).
La grande veduta di Napoli di Morel-Fatio (1810-1871).
Il vomero (Napoli: uomini e luoghi trasformazioni. Urbane).
Urbanistica napoletana del Settecento (Universale di architettura).
Vedute napoletane della collezione Alisio.
Napoli millenovecento. Il catasto terreni e fabbricati (1899-1902)
Napoli nel Seicento (storia e civiltà della Campania)
Napoli nell’ottocento.
I disegni d'archivio negli studi di storia dell'architettura (Electa Napoli. Architettura Varia).
La sua famiglia di origini piemontesi si trasferì presto a Napoli, dove si è svolta tutta la sua attività. Dopo essersi laureato nel 1956 ed aver frequentato la cattedra di Roberto Pane come assistente volontario, divenuto professore ordinario, ha proseguito fino ai settanta anni, quando è stato festeggiato da studenti e colleghi con la pubblicazione di un volume sulle materie a lui care: architettura, restauro ed urbanistica.
Tra i suoi molteplici incarichi ricordiamo quello di presidente della commissione toponomastica e di consulenza per la regione, la Provincia ed il Comune. Importanti i suoi contributi su delicati interventi urbanistici come L’albergo dei poveri e la Villa Comunale.
Scriveva Giuliano Briganti nella sua introduzione a una edizione dei "Campi Flegrei" di sir William Hamilton, che la città di Napoli uno dei suoi rari casi di studioso, connaisseur d' arte e gentiluomo l' ha conosciuto con un inglese: l' ambasciatore collezionista, vissuto a Chiaia nel Settecento, appunto. Vero, ma non del tutto. Anche Giancarlo Alisio, due secoli dopo Hamilton, era un accademico sempre ben disposto alla divulgazione, un conoscitore di quadri e oggetti d' arte, come la sua casa di Posillipo testimoniava, infine un innamorato della forma urbis, della storia delle trasformazioni di Napoli con un occhio sempre rivolto al modo in cui gli artisti hanno voluto raffigurarla. Sapeva cogliere le verità "nascoste", in quelle vedute che avevano la funzione di riportare al cuore del viaggiatore l' aspetto migliore del "paradiso abitato da diavoli" incontrato a sud di Roma. E ricomponendo quella trama che attraversa due secoli, non si stancava di proporre agli allievi e a noi di imparare la lingua della tutela, della conservazione. Nella tradizione instaurata da Roberto Pane e da uomini di cultura legati alla città come Gino Doria, dal '59 ha arricchito di sue opere la bibliografia di Napoli. Suo il principale saggio monografico su Lamont Young, "Utopia e realtà", stampato da Officina nel '93. Nella collana sui quartieri di Napoli di Electa è stato autore dei volumi sul Vomero e il Lungomare e suo è anche il contributo all' ottavo volume della "Storia di Napoli" e gli studi sul Risanamento, sui siti reali borbonici e le ville di delizie a Portici: al posto di un passato calpestato, ci resteranno almeno le memorie scritte nei suoi libri. Strinse un sodalizio con il Fai, l' ente milanese che fa capo a Giulia Maria Mozzoni Crespi e che con il suo aiuto individuò l' area più a rischio da tutelare nel golfo, la Baia di Ieranto, un paradiso fino ad allora interdetto ai visitatori e preda del degrado. Alisio intervenne con saggi anche in riviste come "L' architettura. Cronache e storia" diretta da Bruno Zevi. Decine di mostre sul Vedutismo hanno avuto la sua consulenza, fino a "C' era una volta Napoli", nel 2002 a Villa Pignatelli.
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