Vivere a Napoli significa necessariamente confrontarsi con la camorra, la quale, come una piovra, avvolge con i suoi tentacoli tutta la città ed il suo tessuto produttivo.
Se si abita nei quartieri degradati si sogna di poterne far parte, se si è un commerciante bisogna subirne il pizzo, se si fa parte della sempre più stretta cerchia degli intellettuali vi è l’obbligo morale di analizzarne il fenomeno e proporre rimedi per estirparlo.
La camorra ha origini remote.
Importata nel seicento dagli spagnoli, durante gli anni del viceregno, per secoli ha avuto un ferreo codice d’onore, durato fino all’epoca in cui regnava incontrastato Raffaele Cutolo, il folle ordinatore che vietava il commercio della droga. Caduto lui, la polvere bianca è dilagata, distruggendo i corpi ed inquinando le coscienze, dando luogo, con i giganteschi proventi del suo commercio, ad una sorta di antistato, ormai più potente delle stesse istituzioni, che hanno preferito allearsi con la criminalità organizzata invece di tentare di combatterla.
Non dimentichiamo che, grazie alla camorra, vivono centinaia di migliaia di napoletani, che Scampia è la più grande piazza di spaccio d’Europa e che da tempo è in voga un turismo, sempre più diffuso, che consiste nel trascorrere il week-end all’ombra del Vesuvio per procacciarsi la dose, a prezzi di favore, per alcune settimane.
Fino a quando mancherà il lavoro ed i giovani migliori saranno costretti ad emigrare, non vi è alcuna speranza di contrastare la camorra.
Se lo Stato volesse realmente abbozzare un tentativo, se non di debellarla, almeno di mitigarne la nefasta influenza, dovrebbe farsi fautore di una sorta di piano Marschall, coinvolgendo, con cospicui incentivi economici, i funzionari più validi, i poliziotti ed i carabinieri più motivati, oltre, naturalmente, i questori, i prefetti ed i magistrati, disposti ad impegnarsi in una sfida entusiasmante, che i napoletani da soli non sono in grado di vincere.
A fronte di tante carenze, Napoli possiede una misconosciuta ricchezza: la più alta concentrazione di giovani del mondo occidentale, uno straordinario propellente che, se correttamente utilizzato, può indurre un radicale mutamento di rotta ed i tanti ragazzi che oggi subiscono il perverso fascino del boss, dell’auto di lusso, della motocicletta da corsa, del videotelefonino alla moda, capirebbero che esiste la realtà di un lavoro onesto e la possibilità di un futuro diverso.
E siamo certi che lo stesso Cosimo Di Lauro, la cui foto imperversa sui telefonini dei giovani di ambo i sessi, si cercherebbe un lavoro ne “La Squadra” o in qualche altro serial televisivo e le sue imprese sarebbero finalmente solo virtuali, figlie della fantasia e non della triste realtà di Secondigliano.
Questo articolo sarà inserito nel nuovo libro di Salvatore Cuffaro, ex governatore della Sicilia, già autore del successo editoriale “Il candore delle cornacchie”.
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