venerdì 15 febbraio 2019

Mostra di bozzetti da Baroq



  

Dopo il successo della mostra su Domenico Gargiulo, Baroq, il mitico bistrot di piazza Vittoria, prosegue con una mostra di bozzetti del Seicento e Settecento napoletano da ammirare tra un bicchiere di vino ed una vivanda prelibata.
Per gli appassionati di arte, anche astemi, proponiamo le immagini dei capolavori che sono in mostra con le relative schede.


IN NUCE

Bozzetti del barocco napoletano

Massimo Stanzione, Giovanni Lanfranco, Luca Giordano, Francesco Solimena e Giacinto Diano


Una mostra intima e preziosa, tra bellezza e memoria. Nove importanti bozzetti, dipinti da alcuni tra i più celebri artisti vissuti nel XVII e XVIII secolo. Tracciati in velocità o pensati e ripensati per essere definiti con esattezza, da alcuni sono considerati la rappresentazione più fedele dell’ispirazione.
C’è tanta arte autentica nei “modelletti” degli artisti, frammenti di un tempo per fortuna fermato, contro l’ingiuria dei terremoti, delle guerre e dell’incuria.
Ciascuno dei nove studi presentati è riferito, come si chiarisce in ogni testo di accompagnamento, ad una relativa opera pubblica, ancora visibile nei luoghi per cui era stata realizzata oppure sventuratamente scomparsa. In quest’ultimo caso, il bozzetto diventa uno straordinario documento storico-artistico.


Baroq
piazza vittoria, 6 / 80121 napoli
081 18671407 • www.baroq.it


Massimo Stanzione (Napoli, circa 1585 -1656),
San Paolo morso da una vipera olio su tela, cm 49×75

Questo prezioso dipinto racconta un episodio tratto dagli Atti degli apostoli quando San Paolo, raggiunta la spiaggia di Malta dopo un drammatico naufragio durante il viaggio per Roma, è morso da una vipera spaventata dal falò acceso dagli abitanti del luogo per riscaldare gli sventurati; uscendone illeso appare a tutti come un dio. L’opera, con una vecchia attribuzione a Bernar- do Cavallino giustificata dalla sua cromia preziose dall’elevata qualità, è il modelletto per uno dei riquadri affrescati sul soffitto della basilica di San Paolo Maggiore a Napoli.
Il vasto ciclo, realizzato da Massimo Stanzione tra la fine del 1642 e il 1644, è dedicato ai santi Pietro e Paolo, che sostituivano gli eroici gemelli Castore e Polluce, cui era dedicato l’antico tempio pagano romano sui cui resti era sorta la chiesa.
I documenti attestano che il lavoro piacque così tanto ai committenti da riconoscere all’artista, il frescante napoletano più richiesto del suo tempo, un premio aggiuntivo rispetto al compenso pattuito. Una foto Alinari degli scorsi anni Venti, che riprende purtroppo solo i due terzi del soffitto, ci consente di avere un’idea dello stato dell’epoca oggi irrimediabilmente compromesso in seguito a cattivi restauri eseguiti tra Ottocento e Novecento e ai danni causati dalla guerra e dall’incuria.
La scena in questione ripresa nell’affresco risulta quasi completamente perduta, rendendo questo bozzetto un documento visivo indispensabile per la memoria del lavoro dell’artista.

     
Giovanni Lanfranco (Parma 1582 - Roma 1647)
Paradiso olio su tela, cm 60x75

Quest’opera, dipinta velocemente e ricchissima di ripensamenti, costituisce un importante documento storico-artistico relativo alla fase napoletana del pittore emiliano Giovanni Lanfranco.
Un suo disegno conservato al Museo di Capodimonte, raffigurante una testa di Cristo molto somigliante alla testa di Cristo di questo bozzetto, è stato recentemente ricondotto alla decorazione della cupola del Gesù Nuovo. Pertanto, è largamente verosimile che siamo di fronte ad uno studio preparatorio per quell’affresco.
Lanfranco vi lavorò dal 1633 al 1636 ma purtroppo la cupola andò irrimediabilmente perduta in seguito al terremoto del 5 giugno 1688. Il pittore, del resto, era uno specialista del genere avendo realizzato in città anche la cupola della celebre cappella del Tesoro di San Gennaro.

Luca Giordano (Napoli, 1634 -1704)
I Santi Benedetto e Pietro su una barca intercettano i Saraceni
olio su tela, cm 49,5 × 39,5

Il dipinto rappresenta il prodigioso intervento dei Santi Benedetto e Pietro durante il temporale che scongiurò l’attracco delle navi saracene dirette a Montecassino, reduci dalla distruzione di Fondi.
Il pittore, impegnato per la decorazione della chiesa dell’Abbazia di Montecassino nel 1677 e poi nuovamente nel 1691, realizzò questo bozzetto per una delle tele laterali della terza cappella a sinistra, intitolata a Sant’Apollinare abate.
Esso rappresenta un raro documento delle numerose opere eseguite dall’artista per l’abbazia benedettina di Montecassino, perdute nel terribile bombardamento aereo allato del 15 febbraio 1944, il cui nucleo più cospicuo raffigurava miracoli della vita di San Benedetto. Nel Museo della ricostruita Abbazia è conservata una modesta copia della perduta tela.
     
    
Luca Giordano (Napoli, 1634 -1704)
Sant’Antonio di Padova predica ai pesci
olio su tela, cm 80 × 54
   
Il dipinto raffigura uno dei più noti prodigi di Sant’Antonio di Padova, quando per rispondere all’incredula indifferenza dei riminesi, il santo rivolge la sua predicazione ai pesci che accorrono ad ascoltarlo.
A incorniciare la scena con fluide e sapienti pennellate è presente in alto una cortina retta da un angelo, mentre sulla parte bassa è rappresentata la personificazione della Carità, riconoscibile dalla veste rossa e dal cuore ardente stretto nelle mani.
L’opera è il modelletto preparatorio per uno degli otto riquadri affrescati lungo il registro superiore della parete ellittica della chiesa di Sant’Antonio dei Tedeschi (già dei Portoghesi) a Madrid, eseguiti su commissione reale da Luca Giordano tra la fine del 1698 ed il 1701, durante il fecondo decennio spagnolo in seguito alle insistenti richieste del re Carlo II di Spagna.
La sveltezza pittorica e le evidenti variazioni del dipinto rispetto all’opera finale, si notino le differenti posture dei volti del Santo e della Carità, ci restituiscono tutto il fascino della prima idea, documentando un elemento di una più ampia serie, di cui un altro esemplare è conservato presso la National Gallery di Londra.
     
Francesco Solimena
(Canale di Serino 1657 - Barra di Napoli 1747)
Due studi di angeli
coppia di oli su tela, cm 37x24,5
         
Francesco Solimena
(Canale di Serino 1657 - Barra di Napoli 1747)
Due studi di angeli
coppia di oli su tela, cm 37x24,5

Questi due bozzetti di angeli furono certamente eseguiti da Francesco Solimena durante la fase di studio per l’affresco della controfacciata del Gesù Nuovo con La cacciata di Eliodoro dal tempio, datati 1725.
Il tema, per il messaggio esplicito, rispondeva alla volontà dei Gesuiti come monito per i fedeli che entravano in chiesa.
Eliodoro, ministro del re di Siria Seleuco IV, tentò di profanare il tempio di Gerusalemme impadronendosi del tesoro. Ma improvvisamente, dopo le preghiere del sacerdote Onia, apparvero un cavaliere e due angeli che riuscirono a cacciare Eliodoro.
Solimena raccoglie l’attenzione nel centro della scena, mentre il profanatore è rovinosamente a terra allontanato con la forza. In particolare, il bozzetto raffigurante l’angelo in piedi, per la precisa postura del braccio e delle gambe, mette a fuoco inequivocabilmente la figura del maestoso angelo ammantato di bianco che sta colpendo al centro della scena Eliodoro con una verga. Il secondo studio, invece, raffigurante un angelo accomodato su una nuvola mentre stringe tra le mani un tempietto, è una prima idea per l’angelo in cielo, seduto in controparte su una nuvola.

Francesco Solimena
(Canale di Serino 1657 - Barra di Napoli 1747)
Dialogo tra i Santi Andrea e Agostino
olio su tela, cm 76x63

Il dipinto è il modelletto per uno degli affreschi realizzati da Francesco Solimena, tra il 1682 e il 1685, su una delle pareti laterali del coro della chiesa di Santa Maria Donnaregina Nuova. Negli anni Trenta del ‘900, però, quando si decise di recuperare la vecchia abside della precedente chiesa trecentesca, una parte del ciclo fu strappata e trasferita in alcuni ambienti dell’annesso omonimo convento.
La piccola tela rappresenta un prezioso reperto storico-artistico a causa del cattivo stato di conservazione degli affreschi staccati e si fa testimonianza della prima idea del pittore. Interessante è notare a riguardo le differenze apportate sul volto di Sant’Agostino, che inizialmente pensato molto giovane si trasforma poi nell’affresco, forse per una richiesta esplicita delle stesse mona- che francescane committenti dell’opera, in un più anziano uomo barbuto.
Sul piano stilistico, il bozzetto, insieme ad altre tele note e poste in relazione con lo stesso ciclo pittorico, testimonia in questa fase iniziale di una lunga e brillante carriera il significativo volgersi del giovane pittore in direzione barocca, sugli esempi prodotti in città dai più anziani Giovanni Lanfranco e Luca Giordano.
 
Giacinto Diano (Pozzuoli 1731 - Napoli 1803)
L’immacolata al cospetto della Trinità
olio su tela, cm 62,5x43,5


Giacinto Diano, detto ‘o puzzulaniell, abitò nella sua città fino al 1752, quando si trasferì a Napoli per cominciare il suo apprendistato presso la bottega del celebre Francesco De Mura (Napoli 1696-1782).
Questa piccola tela centinata rappresenta il modelletto, con qualche piccola variante, per una pala d’altare conservata nella chiesa di Sant’Antonio Abate a Procida.
L’evidente legame con i modelli del maestro, che si evince chiaramente da un disegno di De Mura con lo stesso soggetto conservato presso lo Staatliche Museen di Berlino, insieme ad una preziosità cromatica conquistata in seguito alla conoscenza del pittore Corrado Giaquinto, suggerisce una datazione intorno al settimo decennio del secolo XVIII.

 
Giacinto Diano (Pozzuoli 1731 - Napoli 1803)
Deposizione dalla croce
olio su tela, cm 90x54

Questa tela è il modelletto per la pala dell’altare maggiore realizzata da Giacinto Diano nel 1775 per la chiesa della Pietà dei Turchini. Il peculiare nome ricorda il colore dell’abito indossato dagli orfani accolti nell’istituto annesso, dove venivano iniziati alla musica dando vita al famoso Conservatorio della Pietà dei Turchini.
La Deposizione dalla croce è l’episodio finale della passione di Gesù culminata con la sua morte, quando dopo essere stato tirato giù dalla croce è sul punto di essere sepolto.
L’artista ormai maturo, resosi stilisticamente indipendente dal maestro De Mura, si presenta con le sue caratteristiche cromie lievi dai colori quasi pastello, pur mostrando una corposità materica propria della pittura ad olio.




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