venerdì 7 marzo 2014

La malattia del secolo



di Marina della ragione


La malattia del secolo non è nell'AIDS, nel cancro, ma la depressione, che colpisce decine di milioni di persone, con una prevalenza per il sesso femminile, costringendo questi disperati ad affollare gli studi di psicanalisti e psichiatri e ad ingurgitare tonnellate di farmaci. Una malattia antica, quanto la nostra civiltà e che in passato più delicatamente era definita melanconia, dopo aver assunto nel tempo tante altre dizioni: accidia, tedio, tristezza, noia, fino all'attuale sindrome maniaco depressiva. La malattia è caratterizzata da tre gesti: la mano sul mento, il gomito sul ginocchio e l'Occhio sbarrato, che guarda dentro se stesso nei meandri dell'anima. Più che un morbo è un mito grandioso, il più alto che abbia mai elaborato la civiltà occidentale in 25 secoli. Nessuno lo eguaglia, né Apollo, né Dioniso, né Hermes, nessuno ha la sua poderosa energia e la sua straripante vitalità. Il paradosso è che, nata in Grecia, si è diffusa in tutta Europa, in una terra che ha sempre cercato di espandersi, di conquistare, di illuminare con la cultura tutto il mondo. Forse è l'ombra speculare della brillante luce occidentale, salvo che vera anima dell'Europa sia proprio lei, la notturna melanconia, con i suoi pipistrelli, le comete, gli orchi tenebrosi, I crogioli alchemici, le pozioni magiche, non vi sono state epoche in cui non si sia manifestata, con punte nel medioevo, colmo di conventi o nel 500 e nel 600, quando viene descritta con scrupolosa precisione, e ai nostri giorni è portata all'estremo, facendo scempio di tante esistenze. Le sue definizioni non cambiano nel tempo; è sorprendente come medici antichi e moderni scrivano le stesse parole adoperate dal poeta e dall'artista. L'unica differenza è che in passato si pensava di essere posseduti da un demone, mentre oggi la Pet cerebrale Mette in mostra un disordine neuronale, con corto circuiti impazziti. Quando prende possesso di noi all'improvviso, la sensazione soffocante ci dà l'impressione di essere in carcere, circondati da mura altissime senza finestre. Non intravediamo alcuna uscita, mentre lei continua a inondarci fino al delirio. La depressione è antitesi e contraddizione, è lentezza esasperata, con il sole che si ferma e il mondo che perde gradualmente i suoi colori, per tingersi di grigio sempre più scuro fino al buio più profondo e richiamo al brivido della velocità, con la realtà che scorre sempre più frenetica. Si è abbattuti ed eccitati nello stesso tempo. Sembra strano come tante sensazioni opposte rispondano allo stesso nome, ma la nostra mente non risponde alle rigide regole della geometria, bensì è dominata da vibrazioni e paradossi. La vita sembra arrestarsi, si sta seduti in poltrona senza interesse per niente. Si scoppia in lacrime all'improvviso, senza un reale motivo e non si ama più nessuno nemmeno se stessi. Altre volte si precipita nei colori del fuoco, si diventa vivaci e brillanti, ci si affaccia con gioia alla finestra, la mattina ci si sveglia di buon umore, tutto sembra lieto, le forme si sciolgono in una luce sempre più intensa, le passioni trionfano, mentre l'esaltazione sconfina nel furore, una sorta di estasi, durante la quale alunni acquistano proprietà paranormali, cimentandosi in vaticini e godendo di visioni. I rimedi del passato fanno sorridere, dall'uso di pietre preziose: berillio, topazio e calcedonio, fino all'assunzione di tisane, di valeriana, camomilla e menta. Un risultato di poco più efficace lo forniscono i moderni psicofarmaci, Prozac in testa. Dalla depressione non si guarisce, perché è una malattia non del corpo, ma dell'anima. 

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