sabato 1 maggio 2021

Due antichi ospedali: San Gennaro dei poveri ed Ascalesi

  

 

fig.1  -Ospedale di San Gennaro dei Poveri

L'ospedale di San Gennaro dei Poveri (fig.1) è una struttura ospedaliera di interesse storico-artistico ed è situata nel Rione Sanità. Dopo una breve descrizione entreremo poi in un racconto più dettagliato.
La storia dell'ospedale è strettamente intrecciata a quella della basilica che sorge al suo interno, quella di San Gennaro fuori le mura (fig.2-3). La chiesa, del V secolo d.C., dopo la traslazione delle reliquie di San Gennaro a Benevento, cadde in rovina. Tale condizione perdurò fino all'872, anno in cui, il vescovo Atanasio di Napoli, la fece restaurare e annettere al monastero benedettino dei Santi Gennaro e Agrippino.
Nel XV secolo, l'intero monastero cadde in abbandono, ma nel 1468 venne riutilizzato dal cardinale Oliviero Carafa che lo trasformò in ospedale per gli appestati. Dopo la peste del 1656, l'ospedale fu ulteriormente ampliato e fu dotato anche di un ospizio dedicato ai Santi Pietro e Gennaro, le cui statue, opera di Cosimo Fanzago, furono esposte all'esterno. In seguito il complesso subì varie sciagure economiche, fino al generoso intervento del re Gioacchino Murat. Sul fondo del cortile, sulla verticale di un campanile a vela, si apre una scala a doppia rampa, che precede un vestibolo (fig.4–5) con affreschi cinquecenteschi di Agostino Tesauro, stemmi della città di Napoli, ed altre particolarità artistiche-architettoniche. Nel 1282 i monaci benedettini fondarono, ai piedi della collina di Capodimonte, un convento. Nove anni più tardi, nel 1291, su loro iniziativa sorse un ospedale crociato per i poveri, che fu affidato ai Cavalieri Templari degli ospedali di Capua e di Sant’Eligio. A partire dal 1308, la sua sede fu collocata accanto all’antica chiesa di San Gennaro fuori le mura (la Sanità infatti è considerata parte della città extra moenia), la cui costruzione risale al V secolo d. C, mentre la sua amministrazione fu ceduta alla confraternita laica dei nobili e artigiani di Napoli, nonostante continuasse a rimanere proprietà dei benedettini.
Dopo l’abbandono subito nel corso del XV secolo, nel 1468 il monastero divenne, per volere del cardinale Oliviero Carafa, un ospedale destinato agli appestati.
L’Ospedale, chiamato Ospizio dei Poveri dei SS. Pietro e Gennaro, nel 1474 fu affidato da papa Sisto V alla confraternita laica di San Gennaro insieme al convento, a seguito di una disputa legale tra la suddetta confraternita e i monaci benedettini. Dopo aver ospitato i malati di peste nel 1516, tra le azioni degne di nota della chiesa, che nel 1560 poteva contare su un’entrata annua di 600 ducati,
si ricorda la costruzione di case destinate ai poveri e alle giovani sedotte e abbandonate, il cui mantenimento era garantito dalle donazioni di privati e benefattori.
Dal 1631, fu il nuovo ospizio di San Gennaro a Materdei, donato dal principe Bartolomeo d’Aquino di Caramanico, ad ospitare le giovani donne. Soltanto nel 1656, l’ospedale dei SS. Pietro e Gennaro fu nuovamente adibito a lazzaretto e successivamente esteso grazie all’opera del viceré don Pietro d’Aragona. Dopo la peste del 1656, le statue dei santi Pietro e Gennaro, restaurate da Cosimo Fanzago nel 1667, furono collocate all’esterno dell’edificio.
Nel 1735 Carlo III di Borbone ribattezzò l’ospizio con il nome di  Real Ospedale di San Gennaro e San Pietro dei Poveri, potendo contare sull’apporto di numerose donazioni da parte dei nobili della città, specie della regina Maria Amalia di Sassonia.
Una nuova commissione municipale riorganizzò l’amministrazione del luogo, i cui collegamenti viari vennero migliorati grazie alla costruzione di via Foria nel 1768. 

 

fig. 2 - Ingresso della basilica

 

fig. 3 - Interno della basilica
 

fig.4  -  San-Gennaro extra-moenia, affreschi

fig.5 - Affreschi nell' atrio di Andrea Sabatini

 

fig. 6 - Ingresso dell'ospedale

fig.7 - Catacombe di San Gennaro

fig.8 - Affresco nelle catacombe


Dal 1752 il Real Albergo dei Poveri tornò a fornire ospitalità ai giovani bisognosi d’ambo i sessi, ritrasferiti dal San Gennaro di Capodimonte. Il decreto regio di Gioacchino Murat del 12 novembre 1809 stabilì che il San Gennaro di Capodimonte avrebbe dovuto accogliere solo gli anziani indigenti d’ambo i sessi, soprattutto disabili. L’anno successivo le giovani donne furono trasferite nel Real ritiro ed educandato di Santa Maria Regina Paradiso e Sant’Antonio da Padova , fondato dal sacerdote napoletano Antonio Iannone. Nel 1816 gli anziani ospitati nel San Gennaro, il cui numero era notevolmente aumentato, venivano pagati per esibire la bandiera ospedaliera durante i cortei funebri privati e pubblici, vestiti di nero.
Dopo la I guerra mondiale, l’Ospedale fu destinato all’assistenza dei cranio-traumatizzati , mentre a seguito del II conflitto, divenne uno dei più importanti poli ospedalieri di Napoli, noto con il nome di «Ospedale Gustavo Morvillo».
Nel 1965 all’interno dell’Ospedale (fig.6), che aveva recuperato il nome originario di «San Gennaro dei Poveri», venne istituito il Dipartimento di Scienze Neurologiche e Psichiatriche, con ben 3 Divisioni di Neurologia, un Reparto di Neurochirurgia, un Servizio di Neurofisiologia, uno di Neuroradiologia ed un Pronto Soccorso Psichiatrico, oltre agli altri reparti specialistici.
Fino al 1978, anno della Legge 180, cosiddetta Basaglia, che riformava l’assistenza ospedaliera e territoriale per gli ammalati psichici, il San Gennaro fu centro di riferimento regionale per la neuro-psichiatria, proponendosi come unica alternativa ai vecchi manicomi.
Nonostante i tagli alla Sanità che prevedono la progressiva eliminazioni, accorpamenti, trasferimenti e chiusura di numerosi reparti specialistici, lo storico ospedale rappresenta ancora oggi un polo sanitario di eccellenza e un presidio di legalità sul territorio.
Collegato all’ospedale vi sono le celebri Catacombe di San Gennaro (fig.7–8), una delle più esaltanti attrattive turistiche della città.
 

 

 

fig. 9 - Matteo Ripa

fig.10 - Elena col marito Emanuele Filiberto di Savoia-Aosta ed i due figli - 1901

fig. 11 -  Struttura a 3 piani dell'ospedale

A breve distanza si trova la struttura che a lungo ha funzionato come ospedale Elena d’Aosta e che possiede una storia gloriosa ed affascinante: Nel 1682 nasce ad Eboli Matteo Ripa. Ancora giovinetto venne a Napoli per compiere gli studi e, come molti studenti, si abbandonò a vita dissipata, aveva diciannove anni quando, ascoltata per caso la predica di un francescano, senti forte la vocazione verso Dio. Consacrato prete e trasferito a Roma, pose il suo ideale nella vita missionaria partendo per la Cina nel 1707. Il futuro Ospedale Elena d'Aosta fu costruito nel 1700 come casino di campagna dei Conti di Mola. Successivamente fu adibito dall'Istituto Pio Monte della Misericordia come luogo di riposo per i padri missionari che si recavano in Cina.
Nel 1724 Matteo Ripa (fig.9) rientra in Italia, giungendo a Napoli accompagnato da alcuni allievi cinesi. Questo fu il primo nucleo del collegio dei Cinesi, sognato ancora prima della partenza per l'Asia. Fu comprato il fabbricato Casina di campagna dei Conti di Mola a cui fu aggiunta nel 1728 la chiesa, da poco riaperta alla fruizione. Nel 1725 l'istituzione fu voluta dal Papa Benedetto XIII ed approvata dal Papa Clemente XII. I Collegi erano mantenuti a spese della Casa mentre i convittori a spese loro. I preti congregati del Collegio e del Convitto avevano la direzione ed il governo della Casa e contribuivano al sostentamento spendendo tutte le loro opere al servizio della comunità. Il Papa Benedetto XIV elargì al Collegio una congrua rendita stabilendo il numero degli alunni in otto cinesi, due albanesi, due serbi, due bulgari e due ungheresi. Con il passare del tempo, la struttura fu adibita dal Pio Monte della Misericordia a luogo di riposo per i padri missionari. Elena d'Aosta, figlia di Nicola I Petrovic Niagos, Re di Montenegro, sposò il 24 ottobre 1896, l'erede al trono d'Italia, il futuro Vittorio Emanuele III, e divenne Regina d'Italia (fig.10). Donna pia, caritatevole, piena d'amore verso il prossimo, nel 1910 volle trasformare il Casino di campagna in gerontocomio per accogliere gli anziani abbandonati ed ammalati della città. La stessa regina era solita recarsi spesso in questo gerontocomio per portare il suo conforto agli anziani e soprattutto per conoscere direttamente le varie esigenze dell'Ospedale. Per tali atti di bontà l'Ospedale fu poi denominato "Elena d'Aosta", ed in seguito, nel 1950, fu definito come Ospedale per ammalati.
Nella volta dell'androne che porta nella chiesa si nota l'affresco in cui è rappresentato lo stemma dell'antico Collegio dei Cinesi. La Casa dei Cinesi fu il primo nucleo per la costituzione dell'Istituto Universitario Orientale di Napoli. Sito nella zona di Capodimonte, vicino alla omonima reggia, è un edificio a tre piani (fig.11) circondato dal verde, semplice nella sua struttura e senza particolari pregi architettonici. Da tempo è divenuto un semplice poliambulatorio (fig.12) che effettua visite specialistiche.
Ci portiamo ora in un’altra zona popolare di Napoli, dove da circa un secolo funziona un ospedale, ma lì dove sorge l’attuale Ascalesi (fig.13) c’era un antico monastero, parte di un complesso più ampio che includeva anche la Chiesa di Santa Maria Egiziaca all’Olmo. Nel cuore di Forcella, a pochi passi dal corso Umberto, il complesso fu fatto costruire dalla regina Sancha d’Aragona (la cui figura è legata al monastero di Santa Chiara, dove è sepolta), moglie di Roberto d’Angiò: fu lei a volerne la costruzione verso la metà del Trecento per ampliare l’accoglienza del complesso della Maddalena, sempre costruito per volere della sovrana per ospitare prostitute pentite. Fu dedicato a Santa Maria Egiziaca, così chiamata perché la Santa aveva vissuto a lungo da eremita in Egitto dopo una vita fatta di elemosina e prostituzione.
Il monastero ospitò poi monache agostiniane: tra loro, un piccolo gruppo se ne distaccò per fondare il monastero di Santa Maria Egiziaca a Pizzofalcone (inizialmente chiamato “delle Riformate”). Pare che la separazione fosse dovuta a contrasti sulla eccessiva ricchezza delle agostiniane di Forcella, che avevano iniziato a ospitare anche donne della borghesia partenopea, accompagnate dalle loro doti. Quando però a inizio Ottocento furono soppressi gli ordini, incluso quello delle agostiniane, le monache fecero ritorno a Forcella. Oggi alla chiesa si accede dal Corso Umberto I, mentre in passato affacciava sulla piazza dell'Olmo; durante il periodo del Risanamento, conservò l'antico ingresso e ottenne una facciata laterale, parallela alla nuova strada. La monumentale struttura sanitaria odierna (fig.15–16) assunse questa funzione negli anni Venti quando il Comune, entratone in possesso al momento della soppressione degli enti ecclesiastici, ne lasciò l’uso al “Regio ospizio dei Santissimi Pietro e Gennaro extra moenia” perché venisse creato un ospedale per cronici, specializzato soprattutto nella cura della tigna (una malattia parassitaria della pelle).   
Quando fu terminato, negli anni Trenta, fu intitolato all’ancora in vita – caso più unico che raro – cardinale Alessio Ascalesi (fig.17), arcivescovo dal 1924 per il sostegno offerto durante la costruzione dell’ospedale ma anche per il suo noto impegno civile. Di fronte all'ingresso dell'ospedale si trova un’altra perla monumentale della Napoli antica: è la cosiddetta Fontana della Scapigliata (fig.18), spesso meta di piccioni assetati o semplicemente desiderosi di un bagno per rinfrescarsi nei periodi più caldi. Tale storica fontana di Napoli, dalla forma ellittica, venne eretta attorno al 1540 su disegni di Giovanni da Nola e per volontà del viceré Don Pedro de Toledo e il suo nome viene dal particolare getto d'acqua che fuoriusciva e andava ad infrangersi sulla pietra a forma di scoglio posta al centro della vasca. Solo nella seconda metà del XIX secolo lo scoglio al centro fu distrutto e sostituito da una colonna sormontata da uno stemma rivolto verso l'ospedale, dove è visibile un volto. La fontana è stata ristrutturata recentemente e dunque riportata all’antico splendore dopo un lungo periodo di degrado e abbandono e merita di essere ammirata.


Achille della Ragione

 

fig.12 - Ingresso del poliambulatorio

fig. 13 - Ospedale Ascalesi

fig.14 - Ingresso ospedale  Ascalesi

fig.15 - Cortile dell'ospedale Ascalesi

 

fig.16 - Corridoi dell' Ascalesi

fig.17 - Alessio Ascalesi

fig.18 - Fontana della Scapigliata


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