mercoledì 24 marzo 2021

La Farmacia degli Incurabili ed il museo di arti sanitarie

  

fig.1  - Ingresso farmacia Ospedale Incurabili

La Farmacia degli Incurabili fu realizzata da Bartolomeo Vecchione ed è composta da due sale contenenti l'originaria scaffalatura in legno, sulla quale sono collocati circa 400 preziosi vasi in maiolica dell'epoca, realizzati da Donato Massa. La Farmacia, a cui si accede dal cortile (fig.1), nasce dalla ristrutturazione (1744-1750) dell'antica spezieria cinquecentesca. I lavori vennero finanziati dal lascito di uno dei reggenti dell'ospedale, Antonio Maggiocca, di cui è conservato all'interno un busto marmoreo, realizzato da Matteo Bottiglieri nel 1750 (fig.2).  
L'interno è composto da due ambienti: un grande salone ed un'antisala (fig.3–4). Il piccolo vano, che fungeva da laboratorio, è rivestito da scaffalature in noce intagliato e decorato, opera, come il tavolo centrale, dell'ebanista Agostino Fucito. Alle pareti una vasta raccolta di albarelli e idrie, i tipici contenitori da farmacia, decorati a chiaroscuro turchino. Il salone conserva circa 400 vasi maiolicati opera di Lorenzo Salandra e Donato Massa (metà XVIII secolo), con scene bibliche e allegorie (fig.5). Il pavimento in cotto maiolicato è attribuibile a Giuseppe Massa (fig.6).   
Sul soffitto del salone di rappresentanza, infine, vi è la grande tela di Pietro Bardellino (fig.7), eseguita nel 1750 e raffigurante Macaone che cura Menelao ferito. In una stanza interna sono conservati numerosi dipinti (fig.8) di grande prestigio, prevalentemente del Seicento napoletano.    
E’ uno dei luoghi più suggestivi di Napoli, dove la scienza ha incontrato l’arte ed è situato nel centro storico della città, non lontano dal decumano superiore (ora via dell’Anticaglia). In stile barocco-rococò, anticamente era un laboratorio del farmaco e punto di ritrovo dai più illustri esponenti dell’illuminismo napoletano. Chiusa in seguito al terremoto del 1980, è stata restaurata e riaperta alle visite solo nel 2012.    
La Farmacia è affiancata dalla Quadreria dell’ospedale, da poco rinnovata, e dal Museo delle Arti Sanitarie, voluto dal primario chirurgo Gennaro Rispoli, che ripercorre la storia della medicina a Napoli dal 1600 a San Giuseppe Moscati. Il Museo delle Arti Sanitarie accoglie il pubblico negli ambienti dell’ex-monastero delle Convertite, nel nucleo più antico del Complesso degli Incurabili. Qui sono disposti tematicamente vecchi ferri chirurgici, farmacie portatili, antichi strumenti medici, stampe anatomiche e libri: oltre cento pezzi esposti nelle prime due sale del Museo illustrano le pratiche operatorie di un tempo e le straordinarie vicende dell’Ospedale dove sono nate le specialità mediche e le discipline sanitarie. 

 

fig.2 - Interno della  Farmacia

fig.3 - Farmacia Incurabili, interno

fig.4  -Farmacia degli Incurabili, interno

fig.5 - Serie di vasi maiolicati

 fig 6 - Giuseppe Massa -
Pavimento maiolicato

  

fig.7 - Pietro Bardellino -
Macaone cura un guerriero ferito

 

fig.8 - Sala interna con pregevoli dipinti

fig.9  -Gennaro Rispoli

Gennaro Rispoli (fig.9) è un valente chirurgo, ma soprattutto raffinato cultore di storia della medicina e studioso degli ospedali napoletani, un capitolo affascinante della nostra tradizione, che merita di essere approfondito e portato alla conoscenza di tutti i cittadini. Ricordo con una punta di malinconia la relazione, in anteprima assoluta, che il collega tenne nel salotto culturale di mia moglie Elvira alcuni anni or sono, durante la quale, oltre ad una serie di rarissime foto illustranti antichi e dimenticati nosocomi cittadini, ci mostrò anche alcuni forcipi ed altri strumentari medici adoperati nei secoli scorsi, da lui raccolti per il futuro museo. (A tal proposito chi volesse approfondire l’argomento può consultare su Internet un mio articolo: Paralipomeni per una storia degli ospedali napoletani, digitando il titolo).
Il suo sogno di aprire un museo delle arti sanitarie si è poi realizzato in alcuni locali dell’ospedale degli Incurabili ed è stato oggetto di una delle visite più interessanti di una delle scorse edizioni del maggio dei monumenti. Oltre cento pezzi esposti in nove bacheche. Si possono ammirare vecchi ferri chirurgici, stampe anatomiche, farmacie portatili, antichi microscopi e clisteri. Affascinante il racconto dell’avventura del barbiere, che si trasforma in chirurgo ed i primi progressi nel campo dell’anestesia, realizzata per la prima volta in Italia proprio nell’ospedale degli Incurabili, una struttura che ha rappresentato il fiore all’occhiello della Scuola Medica Napoletana, a lungo tra le più celebri in Europa. Il Museo è ospitato in alcuni locali del Monastero delle Pentite, a sua volta collocato in quell’ambiente unico costituito dall’ospedale, dai suoi cortili e da quella grande piazza interna dove si affaccia la celebre Farmacia, la chiesa di S. Maria del Popolo degli Incurabili e la cappella dei Bianchi della Giustizia. Un continuum di scale di piperno, corti cinquecentesche e vecchie sale dell’ospedale fondato dalla catalana Maria Longo, in un momento storico in cui si credeva che le malattie fossero legate ad un castigo divino ed i medicamenti erano poco efficaci, per cui le preghiere erano necessarie per sconfiggere morbi ed epidemie. All’opera di medici ed infermieri si affiancavano perciò frati e suore che alleviavano il dolore e la sofferenza e rendevano accettabile anche l’idea della morte.
Una magistrale descrizione di tale museo è stata redatta dal mio fraterno amico Dante Caporali, per il II tomo della mia raccolta: Napoletanità, arte, miti e riti a Napoli, a cui cedo la parola.
Una gradita sorpresa del Maggio dei Monumenti 2010 è stata l’apertura del Museo delle Arti Sanitarie dell’Ospedale degli Incurabili di Napoli.
Inserite nel ritrovato sito del Collegio delle Convertite le prime due sale, che rappresentano soltanto un nucleo iniziale di un futuro Museo di Storia delle Arti Sanitarie, sono intitolate a due importanti esponenti della Scuola Medica Napoletana: Domenico Cotugno (fig.10), anatomista, ricercatore e rettore dell’Università Partenopea, e Domenico Cirillo (fig.11), medico e patriota della Rivoluzione del 1799.
Gli oltre cento oggetti, raccolti con pazienza da appassionati medici ed operatori sanitari dell’Ospedale, ci sorprendono per la loro bellezza e per la qualità dei materiali con cui furono forgiati da esperti artigiani per i tanti medici che si avvicendarono nell’arco di quasi cinque secoli nelle corsie di questo complesso, dove tra l’altro fu fondata la prestigiosa Scuola Medica Napoletana.
Strumenti chirurgici (fig.12-13), sedie operatorie (fig.14), macchine anatomiche in cartapesta (fig.15), stampe mediche e antichi manoscritti (fig.16), farmacie portatili (fig.17), microscopi, set per salassi, forcipi e clisteri d’epoca ci aiutano a ripercorrere la storia e l’evoluzione delle scienze mediche che vide questo Ospedale sicuro protagonista, che vanta altresì il primato della prima pratica anestetica realizzata in Italia.
 
 
 
fig.10 - Angelo Viva -
Busto di Domenico Cotugno


fig.11 - Domenico Cirillo

fig. 12 - Ferri chirurgici


fig.13 - Ferri chirurgici

fig.14 -Sedia operatoria


fig. 15 -Macchina anatomica

 
fig. 16-Stampa anatomica


 fig. 17-Farmacia portatile

 
La visita del Museo inizia dalla Sala Cotugno, accolti dall’austero sguardo di Domenico Cotugno, raffigurato nel busto marmoreo settecentesco dello scultore Angelo Viva, valente allievo di Giuseppe Sanmartino.
In questa sala l’oggetto che immediatamente attira la nostra attenzione è un’antica sedia operatoria ottocentesca in ghisa imbottita di velluto, che ci atterrisce alquanto se ripensiamo alle pratiche operatorie di un tempo, illustrate da eloquenti pannelli, dove quell’aggeggio e le braccia umane “aiutavano” a trattenere il malcapitato paziente che si dibatteva con analgesia abbastanza precaria.
Un’altra serie di oggetti interessanti è costituita dai bollitori per la sterilizzazione, tra i quali la pentola di Papin, un recipiente a pareti robuste chiuso ermeticamente da un coperchio con valvola di sicurezza, nel quale l’acqua bolle ad una temperatura anche superiore ai 100°C.
Troviamo poi in altre vetrine un apparecchio per asfissia, una farmacia portatile appartenuta a Domenico Cotugno, un cauterio del ‘700, strumento chirurgico per eseguire bruciature terapeutiche, un astuccio portatile in pelle sempre del ‘700 con tutto il necessaire per operazioni chirurgiche, come bisturi, forbici e rasoi, questi ultimi da sempre presenti nell’armamentario del chirurgo per ricordare che la nobile arte è nata dall’antenato barbiere-cerusico.
Chiude l’esposizione della prima sala un antico manoscritto del ‘600 ed una serie di accuratissime stampe anatomiche provenienti dalla collezione dell’Ospedale, realizzate sotto la guida del prof. Falcone, anatomista dell’800. Questi disegni a mano fin dal ‘500 costituivano il più antico mezzo di comunicazione per la formazione e spesso venivano eseguiti in sala settoria e colorati a mano dagli allievi.
Continuando la visita si attraversa un corridoio dove prosegue l’esposizione delle stampe anatomiche e si entra nella Sala Cirillo dove è presente un busto bronzeo di Domenico Cirillo e siamo subito colpiti da uno scenografico allestimento lungo lo scalone dell’antico Monastero delle Convertite.
Alla sommità dello scalone troneggia di spalle una macchina anatomica settecentesca in cartapesta (fig.18), un poco simile a quelle famose del principe Raimondo di Sangro della Cappella Sansevero, ma molto più dettagliata nei particolari. Poi vi è una composizione del noto scultore napoletano Lello Esposito intitolata Metamorfosi e che rappresenta una sorta di Pulcinella in decomposizione con un enorme ratto nero su di una spalla ed un uovo all’interno. La scultura simboleggia il proliferare della peste del 1656 a Napoli a causa dei ratti che trasportavano le uova di cimici, principale veicolo di trasmissione della terribile malattia. Infine ai piedi dello scalone una macchina protettiva per la peste, il famoso becco indossato dai medici, contenente filtri e balsami odorosi per contrastare l’aria corrotta che diffondeva il contagio attraverso invisibili particelle.
Una bacheca è dedicata all’ostetricia con tazze per puerpere (fig.19), una delle quali con impresso lo stemma dell’Ordine dei Cavalieri di Malta, dediti da sempre all’assistenza ospedaliera, un tiralatte, uno dei primi biberon in vetro e poi una serie di forcipi con antiche stampe relative al parto.
In un’altra bacheca troviamo invece un set per salasso con apposito recipiente in peltro utilizzato durante questa pratica, alcune lancette per salasso con manico in tartaruga ed un interessante coltello a tre funzioni impiegato per il salasso, per provocare la rottura delle acque e per la cauterizzazione.
Di grande interesse sono poi gli strumenti per litotomia, qualcuno risalente addirittura al ‘500, utilizzati durante gli interventi di chirurgia urologica per l’asportazione dei calcoli.
Accanto a vari tipi di sete e garze sterilizzate per suture vi è poi un set portatile con rasoi e seghe impiegato dai barbieri-cerusici che viaggiavano durante le guerre al seguito delle truppe, pronti ad intervenire con amputazioni di arti per evitare pericolo di cancrena.
Infine assieme ad un antico microscopio e ad una rudimentale maschera per anestesia vi è una intera vetrina con clisteri di vario tipo, sia professionali che per uso personale, e bustine di tabacco, quest’ultimo usato come stimolante però con cautela, pena gravi complicazioni che potevano portare fino al decesso.   
La terza sala è dedicata al professor Giuseppe Moscati, il medico santo, primario dell’Ospedale degli Incurabili, che indagò, tra le altre cose, sulla coagulazione e sulle modalità di somministrazione dell’insulina. Esposte alcune delle sue relazione necroscopiche che rappresentano uno spaccato interessante ed innovativo della metodologia clinica del Novecento. La sala, ricostruita come uno studio medico dell’epoca, è tappezzata da ricette mediche (fig.20) che sottolineano il forte rapporto e la straordinaria empatia che il medico campano riusciva a creare con i suoi pazienti. La quarta sala è occupata da opere ispirate al complesso rapporto tra mente e corpo che l’arte medica ha da sempre studiato e cercato di interpretare.
Vogliamo concludere il capitolo con un breve cenno ad mostra che si tenne nel museo sull’antico mestiere del cavadenti, di cui parlai in un articolo: Napoli capitale delle arti sanitarie consultabile in rete digitandone il titolo.
Proprio in questi giorni in questa splendida struttura ospitata nelle sale dell’ospedale degli Incurabili vi è una mostra sul mestiere del cavadenti tra arte, medicina e “torture”.
Chi entra in uno stato d'ansia al solo pensiero del dentista, dovrebbe invece provare sollievo immaginando quello che avrebbe dovuto affrontare se si fosse vissuto qualche secolo o anche qualche decennio fa. Oggi ce la caviamo con anestesie locali e antibiotici ma un tempo le estrazioni dentarie erano appannaggio di barbieri (nelle vesti di chirurghi), di cerusici ambulanti e persino di veri e propri ciarlatani che, dopo aver stordito il malcapitato con un bel bicchierino di alcol, poi interveniva spesso peggiorando la situazione. La lugubre fama del cavadenti (fig.21) ha avuto la sua diffusione anche a Napoli e si ripercorreranno le tappe principali di questa storia nella mostra «Il cavadenti. Percorso museale nella storia dell' odontoiatria e dell'odontotecnica».
«Un'esposizione senza precedenti nel suo genere» la definisce Gennaro Rispoli, fondatore e direttore del museo, «che offre al visitatore la possibilità di godere del racconto, caratterizzato da un tono divulgativo e a tratti ludico, dell'incredibile storia della cure rivolte alla dentatura degli uomini, dal Seicento al Dopoguerra». Gli Incurabili come luogo di questa esposizione non è stato scelto a caso, perché è proprio nella cittadella sanitaria di Caponapoli, dedicata alla cura dei malati sin dal Medioevo, che alcuni protagonisti della storia della medicina, come Filippo Ingrassia e Marco Aurelio Severino, hanno riconosciuto per primi una dignità scientifica a quella che fino ad allora era una pratica considerata di secondo piano. Sempre agli Incurabili, poi, un altro luminare della medicina, Domenico Cotugno, alla fine del '700 si interessò ai nervi mandibolare e linguale e alla relazione esistente tra il dolore al dente e quello all’orecchio.
E del resto proprio a Napoli, quasi un secolo prima, nel 1632, il barbiere Cintio d’Amato aveva pubblicato il “Nuova et utilissima prattica”, ossia il primo libro in lingua italiana in cui la materia odontoiatrica è trattata in maniera molte estesa indipendentemente dalla medicina generale e dalla chirurgia, affrontando soprattutto gli aspetti igienici ed estetici, compresi i suggerimenti per il trattamento delle gengive e il modo di mantenere i denti bianchi e senza tartaro. Ma Napoli detiene altri primati, anche più recenti, nell’ambito della cura dei denti: qui nel dopoguerra si insegnò per la prima volta in Italia la chirurgia maxillo-facciale, mentre nel 1957 partì la prima vera campagna di igiene orale senza precedenti nel resto del Paese.
Ma ciò che colpisce di più è la mostra, con l’esposizione inedita degli strumenti un tempo utilizzati dal dentista. Grazie alla ricchissima "Collezione Gombos" è possibile osservare - con un misto di terrore mettendosi nei panni di chi ha avuto mal di denti prima di noi, ma anche di sollievo per averla scampata bella - centinaia di pezzi tra macchinari d'epoca, antichi ferri per estrazione, attrezzature rare, campioni di caucciù usati un tempo come resina per le protesi, vecchie stampe, fotografie, libri e, ovviamente, denti di ogni foggia e provenienza. «Certi ferri del mestiere erano di una brutalità incredibile» sottolinea Fernando Gombos, «basti pensare al pellicano, uno strumento che si inseriva tra le radici da estrarre e, facendo leva sul mento o sui tessuti circostanti, strappava letteralmente il dente, immortalato in un dipinto del sommo Caravaggio (fig.22). Oggi è una passeggiata, le nostre paure di andare dal dentista sono solo un retaggio culturale».

Achille della Ragione 

 

fig.18 - Macchina anatomica


 fig. 19 - Tazza per puerpera


fig. 20 - Ricetta di Moscati


fig. 21 - La figura del cavadenti in una antica terracotta

 

fig. 22 - Caravaggio -  Il cavadenti



3 commenti:

  1. Bello. Conosco l'impegno di Rispoli. Appena posso vengo a prendere il libro di Procida
    Patrizia

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  2. Grazie Achille per averci trasportato, da par tuo, nel ventre di Napoli meglio della Serao e di averci catalputato nell'età d'oro degli studi universitari quando al museo di Anatomia si chiedeva in prestito una tibia o uno sfenoide... cosa che alla fanciulla di turno a cui elemosinavamo uno straccio di amore ancillare ci faceva prendere per necrofili.
    Antonio Giordano

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  3. A Napoli tutte le meraviglie del mondo !
    Giuliana Gualandi

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