martedì 2 ottobre 2018

Lasciate ogni speranza voi che entrate: il carcere femminile

fig. 1 - Ingresso del carcere di Pozzuoli


Tutti, ingenuamente, credono che le sbarre delle prigioni servano per evitare la fuga ai reclusi: viceversa, la loro funzione è quella di impedire che tra quelle tristi mura entrino la legalità, l’intelligenza, l’altruismo, la generosità, la bontà.
Questo mio profondo pensiero filosofico, da me partorito alcuni anni fa, può benissimo riferirsi al carcere di Pozzuoli (fig.1–2), che rappresenta in campo femminile, il penitenziario, non di un piccolo comune, ma di Napoli e dintorni, una struttura risalente a secoli lontani, in origine un convento, fondato nel Quattrocento dai frati minori, successivamente fu restaurato da don Pedro di Toledo, dopo il terremoto del 1538 ed ebbe utilizzi diversi: fu sede di una confraternita di marinai e pescatori, area cimiteriale e residenza estiva del seminario diocesano. Solo dopo l'Unità, il complesso fu prima adibito a manicomio giudiziario e poi a casa circondariale femminile.
Storia, antiche melodie, umanità: è questa l'atmosfera che si respira ancora oggi tra le sue mura. Qui, inoltre, la preponderante presenza femminile, delle detenute e delle stesse operatrici penitenziarie (fig.3-4), alleggerisce l'atmosfera, quasi non fossimo in un istituto carcerario.
Secondo un recente rapporto dell’associazione Antigone la struttura, essendo stata costruita nel XV secolo, presenta all'esterno delle condizioni precarie. Tuttavia, dati i lavori di ristrutturazione, all'interno non ci sono situazioni particolarmente critiche.
L'Istituto, sito al centro di Pozzuoli, è in sovraffollamento di 40 unità: sono presenti 157 detenute, a fronte di una capienza regolamentare di 109 posti.
Le celle visitate sono in buone condizioni: luminose, dotate di bagno, di una finestra grande, di una televisione e di un fornelletto (anche la cella per l'isolamento ne è fornita).
Le stanze adibite alla socialità rispettano gli standard minimi, così come le aree verdi e le altre zone dedicate ai colloqui o alle attività sportive, ricreative e culturali.
Il rapporto tra detenute e il personale della struttura - dalla polizia agli educatori - appare piuttosto buono, improntato al dialogo.
Tra le varie attività di risocializzazione, la struttura vanta la presenza di un laboratorio avanzato di sartoria nel quale si confezionano borse. Nel carcere si produce poi del caffè, in collaborazione con una cooperativa esterna.
Diversa è l’opinione di altri visitatori che affermano:
ll carcere femminile di Pozzuoli è una struttura che nasce nella splendida cornice del tempio di Nettuno. Al suo interno, però,  le condizioni e i meccanismi di organizzazione versano in situazioni molto avverse. La vita dietro le sbarre per le detenute non è semplice e le lamentele sono tantissime. Un giro all’interno del penitenziario vi potrà far capire meglio quello che le carcerate sono abituate a vivere ogni giorno.
L’edificio è uno dei più grandi istituti del Sud Italia ma è anche uno dei più affollati. Infatti, il numero elevato di detenute rende estremamente difficile la convivenza e la gestione, in particolare durante i periodi estivi. Ad oggi il carcere si compone di tre sezioni, in cui le detenute sono suddivise per pena e reati commessi.
Le detenute lamentano spesso le condizioni all’interno delle mura della prigione, come in una lettera anonima inviata ad alcuni quotidiani qualche anno fa una detenuta, che commentava così la qualità della vita: “In questo inferno che noi viviamo, andiamo avanti solo con le minacce dei rapporti, anche per una sigaretta, che è l’ultima cosa che ci è rimasta qua dentro, in questo inferno che è così facile ad entrare, ma così difficile ad uscire”. Sì perché le celle, che dovrebbero ospitare fino a 5 detenute, a causa del sovraffollamento raggiungono anche le 13 persone per stanza. Il tutto senza considerare la salubrità dell’ambiente, tra l’altro, poco salutare poiché gli ambienti sono molto umidi e pieni di muffe.
Più volte le donne in quel carcere hanno lamentato non solo delle scarse condizioni igieniche in cui versano, ma anche i meccanismi di relazione all’interno della casa circondariale sono oggetto della lettera della detenuta: “Lo sapete che quando lavoriamo il carcere si prende 50 euro ogni mese per il letto? Si lavora molto e prendiamo quasi l’elemosina e quindi questo è un altro abuso, di sfruttamento vero e proprio. Ma lo Stato questo lo sa? O conviene anche a loro? Grazie sempre per quello che fate per noi”. Inoltre lancia un appello: “Noi della casa circondariale femminile di Pozzuoli vorremmo che voi ci aiutiate, ma sappiamo anche che anche se venite da noi siamo state avvisate che dobbiamo dire che qua va sempre bene e che ci trattano bene: sono tutte bugie che siamo costrette a dire. Questo posto è un inferno.”


fig. 2 - Ingresso del carcere di Pozzuoli con nuovi colori
fig. 3 - Smalto non proprio perfetto
fig. 4 - Una secondina

Gli istituti femminili in Italia sono cinque. Oltre quello di Pozzuoli ci sono il carcere di Trani, quello di Roma (Rebibbia), Empoli e Venezia (Giudecca). Le sezioni in cui sono distribuite le donne rinchiuse all’interno di queste strutture sono circa 55. Nel nostro Paese, le detenute di sesso femminile sono meno del 5% della popolazione carceraria. A Pozzuoli risiedono 151 detenute a fronte di una capienza regolamentare di 101 posti. A causa delle estreme condizioni psico-fisiche e delle condizioni non agiate a cui sono sottoposte quotidianamente, sono stati molteplici i casi di suicidi riscontrati all’interno dell’istituto.
Nonostante tutto, sono stati molti i progetti di recupero sociale finanziati dalla Regione Campania e organizzati dalle associazioni come “Il Pioppo”, “Giancarlo Siani” e dalla cooperativa “Officine Ecs”, tra cui spicca la produzione del caffè “Lazzarelle”. In questa particolare iniziativa dieci detenute hanno tostato, seguendo le fasi di asciugatura, macinato il caffè e si sono occupate della manutenzione dei macchinari nei locali dell’istituto penitenziario. Il secondo progetto È moda ha visto le detenute protagoniste della scena. Le donne del penitenziario sono diventate per un giorno delle vere e proprie top-model (fig.5) grazie alla P&P Academy di Anna Paparone e all’impegno della commissione Pari Opportunità del Comune di Pozzuoli. Hanno seguito così, corsi di portamento e debuttato nella moda intesa come forma e tendenza che unisce le differenti culture e abbatte ogni tipo di diversità. Grazie a queste iniziative le condizioni e i meccanismi di relazione tra le detenute e lo staff penitenziario sono visibilmente migliorate. Merito delle idee coinvolgenti che provano a risolvere il grave problema della sottoccupazione femminile attraverso, anche, la promozione di una nuova micro-imprenditorialità e favorendo la nascita di imprese “sociali” che siano in grado di offrire ed erogare servizi originali sul territorio.
Il Natale si festeggia tutti assieme (fig.6) e frequentemente si esibisce qualche cantante famoso (fig.7).
Nello sfatare una leggenda metropolitana che vuole Sofia Loren ospite per 17 giorni del penitenziario nel 1982, mentre invece la celebre attrice trascorse l’ingiusto periodo di detenzione nel carcere femminile di Caserta, chiuso da tempo, vogliamo rassicurare le gentili ospiti, perché di loro si occuperà, dedicando le sue migliori energie, Samuele Ciambriello (fig.8), da poco nominato Garante dei detenuti per la regione Campania.

Achille della Ragione
 
fig. 5 - Sfilata di moda
fig. 6 - Il pranzo di Natale 2013 nel carcere femminile  di Pozzuoli
fig. 7  - Una esibizione di canto
fig. 8 - Samuele Ciambriello-Garante dei detenuti per la Campania

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