mercoledì 5 settembre 2018

Il sogno infranto di Pozzuoli città industriale

fig. 1 - Stabilimento Armstrong Pozzuoli

Il sogno di cui parleremo ora è stata una vivace realtà per quasi  cento anni e solo negli ultimi decenni del secolo scorso è svanito nel nulla.     
Due sono state le punte di diamante tra le tante industrie che costellavano il territorio: la mitica fabbrica metallurgica Armstrong (fig.1) e lo stabilimento Olivetti (fig.2).
Tutto comincia nel 1885, quando l'industria britannica Armstrong, che costruiva armi per le forze armate di tutto il mondo decise di impiantare a Pozzuoli una fabbrica metallurgica per la costruzione di artiglierie navali, lungo la costa, su un'area di 50mila metri quadrati, dove anticamente, secondo la tradizione, sorgeva l'Accademia fondata da Cicerone.
La fabbrica ha costituito un'importante realtà industriale del napoletano, ma soprattutto un'importante fonte di reddito per la maggior parte delle famiglie puteolane; nel 1886 vi lavoravano 250 operai che diventarono 4.000 nel 1911 e 5000 nel 1916 (fig.3). Negli anni che precedettero il primo conflitto mondiale nello stabilimento venne costruito gran parte dell'armamento delle navi da battaglia Dante Alighieri e di quelle delle classi Cavour e Duilio, in particolare l'armamento principale costituito dal cannone 305/46 Elswick Pattern "T" (fig.4) che ha equipaggiato la corazzata Dante Alighieri e le corazzate Cesare e Duilio; lo stabilimento divenne la maggiore fabbrica di cannoni (fig.5) e di siluri (fig.6) in Italia. All'inizio del Novecento alla lavorazione meccanica venne abbinata quella siderurgica. Lo stabilimento era favorito dalla posizione, con la collocazione sul mare, con un grande pontile lungo 200 metri, fornito di binari ferroviari (fig.7) che si estendevano per sette chilometri all'interno della fabbrica. La posizione consentiva l'approdo delle navi da carico (fig.8) che portavano il carbone e il minerale ferroso e anche delle navi militari, in cui dovevano essere imbarcati i cannoni. Nel corso della prima guerra mondiale lo stabilimento ebbe una grande espansione produttiva cui sarebbe seguito un periodo di crisi dopo il 1919, a causa della fine dell'economia bellica, che provocherà il passaggio nel 1929 al gruppo Ansaldo e l’inizio della fine.
 Dopo la seconda guerra mondiale il complesso assunse il nome di  Stabilimenti meccanici di Pozzuoli e venne progressivamente abbandonata la produzione bellica, per dedicarsi alla produzione meccanica: fucinatura, stampaggio e carpenteria. Nel primo periodo dopo la guerra poiché le commesse civili tardavano a decollare, venne sviluppato e costruito per la Marina Militare un moderno pezzo d'artiglieria navale, il cannone antiaereo da 76/62 mm denominato tipo SMP3, cioè da tre pollici, da cui scaturisce la sua sigla “SMP-3”, imbarcato sulle corvette Albatros e sulle corvette dello stesso tipo realizzate nei cantieri italiani per la marina danese e olandese. La produzione di questo cannone fu l'ultima commessa militare di questi stabilimenti, in quanto la Marina Militare decise di affidare la produzione delle sue artiglierie navali agli stabilimenti Oto Melara di La Spezia.
Nel 1948 gli stabilimenti passarono sotto il controllo dell'IRI, come diramazione della finanziaria Finmeccanica. Inizia così anche la costruzione di materiale rotabile ferroviario prima con l'insegna degli stessi S.M.P. per proseguire nel 1957 con l'Aerfer ed infine nel 1967 con la SOFER (fig.9).
Negli anni Cinquanta gli stabilimenti vengono rilevati dalla IMAM (Industrie meccaniche aeronautiche meridionali SpA) che a sua volta venne inglobata dalla Aerfer, società di Finmeccanica costituita il 26 luglio 1955 per raggruppare le attività del polo aeronautico campano.
Nel 1967, in seguito alla scissione di questa società, lo stabilimento venne ceduto alla Sofer Officine Ferroviarie del gruppo EFIM, che l'anno seguente, in seguito alla ristrutturazione delle aziende del gruppo che operavano nel settore ferroviario, venne inglobata dalla Breda Ferroviaria.
Dopo una prima grande crisi nel 1993, nel 2003 gli stabilimenti sono stati chiusi dopo oltre 100 anni di attività e sono divenuti un fantasma, che incute vergogna più che timore.
 
 
fig. 2 - Ingresso stabilimento Olivetti Pozzuoli
   
fig. 3 -  Operai all'opera
fig. 4 - Cannone 30546 Elswick Pattern T
fig. 5 - Cannoni a volontá
fig. 6 - Lancia siluro
fig. 7 - Binari ferroviari
fig. 8 - Immagine dall'alto
fig. 9 - Sofer

Lo stabilimento Olivetti costruito negli anni Cinquanta su progetto di Luigi Cosenza è un felice esempio di integrazione architettonica nello splendido panorama della costa napoletana (fig.10).
Nel 1953 Adriano Olivetti (fig.11) decide di aprire una fabbrica di macchine calcolatrici a Pozzuoli, scelta che rientra nell'ambito dei progetti di pianificazione sociale del Movimento Comunità per offrire posti di lavoro nell'Italia meridionale, con salari sopra la media e soprattutto assistenza alle famiglie degli operai. In questo aspetto del progetto possiamo ipotizzare l’ispirazione all’operato degli illuminati sovrani borbonici, che, nel Settecento, crearono a San Leucio, in provincia di Caserta, il primo esempio di fabbrica modello per la vicinanza delle abitazioni degli operai al luogo di lavoro.
Olivetti è stato un personaggio unico nel panorama dei capitani d’industria italiani, paragonabile unicamente a Raffaele Mattioli, il celebre economista, il quale per il suo impegno a favore della cultura è spesso ricordato con l'epiteto del banchiere umanista. Egli assumeva tecnici di grande valore ma anche laureati con una tesi su Omero. Credeva fermamente in una fabbrica di persone solidali, che aiutasse i dipendenti a risolvere molti problemi al di là del lavoro. Una figura impensabile oggi, in un mondo di sfruttatori ed egoisti, che ha lasciato a Pozzuoli tracce tangibili del suo sogno.
Il progetto dello stabilimento fu affidato al celebre architetto napoletano Luigi Cosenza (fig.12), autore a Napoli di veri e propri monumenti all’ingegno ed alla operosità umana, quali il Mercato ittico ed il grattacielo della facoltà di ingegneria di Fuorigrotta.
I lavori furono molto veloci (fig.13) e solennemente all'inaugurazione nel 1955 Adriano Olivetti affermò: "Di fronte al golfo più singolare del mondo, questa fabbrica si è elevata, nell'idea dell'architetto, in rispetto della bellezza dei luoghi e affinché la bellezza fosse di conforto nel lavoro di ogni giorno. La fabbrica fu quindi concepita alla misura dell'uomo, perché questi trovasse nel suo ordinato posto di lavoro uno strumento di riscatto e non un congegno di sofferenza".
Dopo l'inaugurazione, verranno costruite fino al 1970 nuove ale e costruzioni.
Il grande successo dei prodotti Olivetti negli anni ’50 sollecita l’espansione ed il decentramento della base produttiva. Da un lato si rafforzano gli investimenti all’estero (soprattutto in Sud America), dall’altro si ricorre a siti produttivi anche al di fuori del nucleo storico delle officine site in Piemonte a Ivrea.
In questo contesto si colloca il progetto per la costruzione di uno stabilimento a Pozzuoli.
La scelta della localizzazione non è motivata dalla prospettiva di sgravi fiscali o di altri incentivi pubblici, ma è frutto delle politiche di sviluppo economico e sociale, che in quegli anni Adriano Olivetti tenta di promuovere nel Sud di Italia.
Lo stabilimento è situato lungo la via Domiziana a pochi chilometri da Napoli, in una particolare posizione che domina il golfo partenopeo; copre una superficie totale di 30.000 metri quadrati (fig.14) e al momento della sua apertura accoglie 1.300 tra operai e impiegati.
I corpi della fabbrica sono progettati secondo uno sviluppo lineare per assecondare lo svolgimento dell’intero ciclo produttivo. Nella fabbrica, pensata in funzione di strategie aziendali che prevedono un incremento progressivo e graduale delle lavorazioni al Sud, inizialmente si producono addizionatrici manuali ed elettriche e alcuni modelli di macchine per scrivere (fig.15).
Tra le diverse soluzioni ipotizzate da Cosenza, quella vincente prevede la progettazione di una pianta a croce, che mentre soddisfa le esigenze della produzione riesce anche ad adattare i volumi dell’edificio alle pendenze del terreno, integrandosi perfettamente nel paesaggio.
Il progetto del verde e lo studio del colore per gli interni della fabbrica, su suggestione degli scavi archeologici dell’area vesuviana (forse unica concessione alla tradizione locale), sottolineano la volontà di coniugare le esigenze della società industriale con i valori comunitari di una società tradizionale, in sintonia con le idee di Adriano Olivetti.
Dal punto di vista tecnico è molto significativa la sezione dell’edificio pensata per convogliare all’interno il massimo della luce e creare così nei saloni di lavoro un’atmosfera luminosa, solare, come mostrano le immagini della fabbrica all’indomani della sua apertura (fig.16).
Il complesso produttivo comprende inoltre un centro di Formazione Meccanici e un laboratorio sperimentale, entrambi collocati in località Fusaro già a partire dal 1951.
Luigi Cosenza progetta in parallelo allo stabilimento anche un quartiere residenziale, che rientra nella visione socio-economica di Adriano Olivetti: i luoghi del lavoro devono integrarsi, per qualità e per vicinanza territoriale, con i luoghi dell’abitare.
Il progetto iniziale prevedeva la costruzione in località Fusaro (fig.17), a ovest di Pozzuoli, di due unità abitative di 28 e 10 alloggi ciascuna e di una serie servizi: colonia marina, asilo, scuola elementare, cinema-teatro, chiesa, negozi e locali per l’assistenza sociale e sanitaria.
In sede di realizzazione il progetto viene però modificato, anche per offrire ai dipendenti la possibilità di abitare in un'area più vicina allo stabilimento. Il quartiere sorge così a Pozzuoli nei pressi dell'anfiteatro romano, in un'area già fornita di vari servizi: i lavori si limitano quindi ai due lotti di edifici di abitazione. L'iniziativa è commissionata dalla Olivetti, mentre l’esecuzione avviene in gestione diretta da parte dell’INA-Casa, secondo una prassi già utilizzata a Ivrea nella realizzazione del quartiere di case per dipendenti di Canton Vesco. Il quartiere verrà ampliato con un terzo lotto di 24 alloggi nel 1963.
Lo stabilimento di Pozzuoli si presenta come un esempio forse unico di intelligente inserimento di una struttura industriale in un ambiente di grande bellezza naturale; una fabbrica di gradevole aspetto architettonico, movimentata dalla presenza di più corpi e da vari colonnati, immersa in una zona verde, con al suo interno una mensa, una biblioteca, spazi per il riposo, un laghetto, vialetti, sdraio per le ore di intervallo.
Nel corso degli anni vi sono state localizzate varie produzioni meccaniche ed elettroniche, finché sul finire degli anni ’80 è iniziata la progressiva conversione della fabbrica in sede di attività d’ufficio.
Dopo avere ospitato tra l’altro uno dei principali centri di ricerca e sviluppo della Olivetti, oggi lo stabilimento di Pozzuoli ospita, accanto ai laboratori del CNR, la sede decentrata di alcuni istituti universitari partenopei e società di servizi, tra cui uffici e call centre Vodafone, secondo un modello di riuso multifunzionale degli ex edifici industriali che mette sempre insieme ricerca e produzione.

Achille della Ragione

fig. 10 - Panorama  dallo  stabilimento Olivetti

fig. 11 - Adriano Olivetti
fig. 12 - Luigi Cosenza
fig. 13 - Cantiere in costruzione
fig. 14 - Visione dall'alto
fig. 15 - Catena di montaggio
fig. 16 - Interno dello stabilimento
fig. 17 - Case  dei lavoratori

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