sabato 3 febbraio 2024

I miei processi (parte II)


  

fig.1 - Il Giornale di Napoli

La storia che racconteremo è avvenuta nel 1998, ma potrebbe accadere anche oggi ed è la dimostrazione lampante dello strapotere della magistratura che, secondo la Costituzione dovrebbe rappresentare uno dei tre poteri dello Stato, ma che in pratica tra intercettazioni, sequestri cautelativi ed arbitrio assoluto sulla libertà personale dei cittadini, costituisce uno strapotere in grado di condizionare gli altri due.

Siamo alla fine degli anni Novanta ed un ginecologo di nome Achille e dal cognome famoso, dopo aver introdotto in Italia il metodo Karman ed aver favorito l'approvazione della legge 194, riguardante l'interruzione di gravidanza, attraverso una clamorosa autodenuncia, prosegue indefesso la professione nel suo studio di via Manzoni, ma la magistratura non gli da tregua con continue irruzioni e con un primo sequestro cautelativo del luogo di lavoro (fig.1-2), a cui si aggiunge un ulteriore sequestro: quello dei registri delle ricevute degli ultimi 10 anni di attività, sui quali gli inquirenti cercheranno le prove di eventuali reati, con un impegno di tempo e personale degno di miglior causa, interrogando 700 pazienti.

Le ricevute venivano rilasciate soltanto a pazienti che potevano ottenere una forma di rimborso e prevedevano unicamente prestazioni quali: applicazione di spirale, trattamento dell'anargosmia, causticazione di una piaghetta, visita senologica, ecografia pelvica etc.

Le donne vennero convocate tutte, circa 700 ed a trabocchetto veniva posta la domanda: come avete conosciuto questo medico?

4-5 si lasciarono sfuggire: mi sono recata da lui la prima volta per un aborto. Allora l'interrogatorio si interrompeva bruscamente: "non siete più persona informata dei fatti, ma imputata, dovete nominarvi un avvocato la 194 prevede infatti anche per la donna una sanzione, anche se solo pecuniaria.

Achille è costretto a trasferire l'attività in un'altra sua struttura, il Senos, normalmente adibita alla prevenzione dei tumori al seno, ma tempo un anno ed anche lì i tutori dell'ordine sequestrarono lo studio (fig.4-5-6) e questa volta anche delle foto scientifiche, riguardanti malformazioni mammarie, che sulla stampa saranno presentate come immagini pornografiche (fig.3).


 

fig. 2 - Corriere del Mezzogiorno

  

fig. 3 - La Repubblica

    

fig. 4 - Il Giornale di Napoli


Con pazienza e sopportazione ai limiti dello stoicismo, il Nostro si vede costretto ad appoggiarsi all'ambulatorio di un collega al Vomero.

Ma anche in questa nuova sede si approssimava vento di tempesta, che viene preannunciata ad Achille da una sua cliente, appartenente alle forze dell'ordine: lunedì saremo da te pronti ad un nuovo sequestro.

Ogni limite ha una pazienza ed Achille decide di chiedere il patteggiamento, prendersi una piccola pena con la condizionale e ritornare in possesso dei suoi studi.

In occasione del patteggiamento i quotidiani dedicarono pagine su pagine all'argomento, e le due magistrate incaricate del caso, all'epoca giovanissime, oggi ai vertici della carriera, non stavano nei panni per i titoli a nove colonne nei quali compariva il loro nome al fianco di un personaggio ultra famoso.

La mattina che venni ricevuto a Palazzo di Giustizia indossai per l'occasione un vestito di Rubinacci ed una cravatta di Marinella. Le due magistrate, abituate a trattare con delinquenti, alla vista di un uomo così bello ed elegante, gli offrirono la mano, immaginando una semplice stretta e rimasero di stucco quando furono oggetto di un baciamano in piena regola.

Si passò poi all'esame del mio caso: "Abbiamo trovato ben 5 donne che hanno confessato di essersi sottoposte ad interruzione di gravidanza nel suo studio". Baldanzoso risposi: "mi complimento che indagini minuziose siate giunte a queste conclusioni, ma vi sono sfuggiti alcuni dettagli che in questa sede vorrei rendervi noti, in questi anni ho praticato, sempre e soltanto su pazienti maggiorenni e consenzienti altri 20.000 aborti!".

Tutti rimasero allibiti, dal cancelliere ai magistrati e la conclusione fu una condanna ad 1 anno e 2 mesi di reclusione con la condizionale (che trascorsi 5 anni di buona condotta si sono estinti), nel frattempo tornai in possesso dei miei studi sequestrati.

La sentenza fu comunicata all'ordine dei medici, che, senza convocarmi, mi sospese dall'esercizio della professione. Chiesi di essere ascoltato e davanti alla commissione dichiarai la mia innocenza e di aver accettato la sentenza unicamente per ritornare in possesso dei miei studi. Fui lo stesso sospeso, per cui ricorsi davanti alla commissione centrale di Roma e poi in Cassazione, che mi diede ragione, provocando in base alla sua decisione una revisione della legge, che da allora prevede che si possa usufruire del patteggiamento solo se ci si dichiara colpevole.

I quotidiani di tutta Italia diedero ampio risalto alla notizia del patteggiamento, ma aggiunsero particolari falsi come si evince dall'articolo pubblicato dalla Stampa di Torino, dal titolo che grida vendetta (fig.7): Il mantenuto dalle minorenni.

Decisi non di querelare perché il procedimento penale avrebbe bloccato il risarcimento pecuniario ma di chiedere soltanto una somma di denaro per il danno alla mia immagine ai 7 più importanti quotidiani del Paese.

La discussione della diatriba avvenne nella sede legale di ciascun giornale (Torino, Milano, Roma, Napoli etc) ed a decidere sullo stesso episodio furono 7 giudici diversi, che emisero 7 sentenze diverse.

Tre di loro, con motivazioni ben oltre il demenziale, affermarono che i giornali avevano semplicemente esercitato il loro sacrosanto diritto di cronaca... (anche se la notizia era assolutamente falsa), gli altri quattro stabilirono dei risarcimenti di varia entità, da un minimo di 20 milioni ad un massimo di 180.

La favoletta è finita ai lettori l'ardua sentenza

 

Fig.5 -il Mattino

 

fig. 6 - Il Mattino


fig.7 - La Stampa


A partire dal 2000 per l'aggravarsi delle mie condizioni di salute ho rallentato la mia attività professionale. Mi recavo 2 volte alla settimana alla clinica S. Anna di Caserta, alla quale grazie alle mie conoscenze politiche avevo fatto ottenere l'autorizzazione a praticare interruzioni di gravidanza ed eseguivo una decina di interventi, che a me venivano pagati 100.000 lire cadauno, mentre la clinica riceveva dalla Asl 2 milioni ad aborto.

Poi dal 2003 ho limitato ulteriormente la mia attività andando nello studio 3 volte la settimana per poche ore, praticando: causticazioni, applicando spirali, eseguendo ecografie e visite senologiche.

Le numerose pazienti che mi richiedevano di abortire le indirizzavo alla clinica di Caserta, oppure per chi non voleva andare fuori Napoli consigliavo di recarsi all'ospedale San Paolo di Fuorigrotta, dove il reparto di interruzioni di gravidanza era diretto da un mio amico Gino Langella, di cui fornivo il numero telefonico.

Sembrava tutto tranquillo, anche se dal 2000 era cominciato un procedimento penale di cui parleremo in seguito, quando una mattina del 2008 alle 6:30 una pattuglia di carabinieri viene ad arrestarmi per condurmi nel carcere di Poggioreale dove trascorrerò 15 giorni infernali, fino a quando il Tribunale del riesame riconoscerà la mia innocenza e mi restituirà la libertà.

Consiglio ai lettori per approfondire l'argomento di consultare in rete, digitando il titolo, il mio libro: Le tribolazioni di un innocente.

Ero accusato di associazione a delinquere assieme al mio collega Gino Langella, al suo anestesista ed alla sua segretaria, che non avevo mai conosciuto.

I giudici fecero appello in Cassazione e si svolse il processo, dal quale uscii con una condanna di 4 anni e tre mesi e qui debbo ringraziare l'inefficienza dello Stato perchè a distanza di oltre 15 anni il procedimento di appello deve ancora svolgersi, per cui da oltre 8 anni i reati con le relative pene sono caduti in prescrizione. 

 

 


Ed ora passiamo all'ultimo processo che, sebbene innocente, si è concluso con una condanna degna di un boss della camorra: 10 anni di reclusione emanati dalla Corte di appello di Napoli nel 2008, che hanno rovinato la mia vita e soprattutto quella della mia famiglia.

Raccontiamo la storia dall'inizio. Una mia cliente di vecchia data, che era venuta più volte nel mio studio per svariati motivi, era l'amante di un facoltoso imprenditore di Potenza col quale voleva abitare assieme, ma lui rimandava continuamente, con la scusa che voleva aspettare che i suoi figli si facessero grandi. Arrivò un momento che lei perse la pazienza e chiese una buonuscita di 200 milioni, promettendo che, ricevuti i soldi, si sarebbe trasferita in un'altra città. La risposta fu negativa ed il consiglio che le fu dato fu quello di rivolgersi a me, che ero un miliardario, e di chiedere un prestito per una cifra equivalente.

Lei venne nel mio studio e mi chiese i soldi, affermando che se non glieli avessi dato me ne sarei pentito amaramente. La congedai senza paura e non pensai nemmeno di denunciarla per tentata estorsione, in passato avevano tentato di mettermi una tangente di 50 milioni i Nap, i corrispondenti napoletani delle brigate rosse ed io fingendo di acconsentire, quando vennero nel mio studio gli feci trovare i carabinieri che li arrestarono ed alcuni di loro, poichè erano ricercati per omicidio, scontarono 30 anni di carcere.

Avevo fatto i conti senza l'oste e me ne accorsi dopo un anno, quando nel mio studio si presentò la polizia, comunicandomi che era stato emesso dalla magistratura nei miei confronti un provvedimento di custodia cautelare, perchè avevo provocato un aborto con la forza ad una mia cliente. Per fortuna si trattava di arresti domiciliari, che durarono 3 mesi, durante i quali non potevo rispondere al telefono e potevo incontrare solo parenti entro il 4° grado. 

In seguito tornai libero e partì il processo, che si concluse nell'agosto del 2008.

In fase istruttoria mi fu offerta la possibilità di patteggiare una pena di 2 anni ed 8 mesi, ma io, essendo innocente , rifiutai sdegnosamente. 

Durante le varie udienze furono ascoltati numerosi testimoni, di cui sette in mio favore, che alla fine del procedimento furono denunciati per falsa testimonianza. Essi sono stati in seguito tutti assolti.  

 


 


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