Giuseppe Montesano |
Giuseppe Montesano, nato a Napoli nel 1959, laureato in lettere, vive a Sant’Arpino, in provincia, ed insegna filosofia nel liceo Cartesio di Giugliano. E’ autore di romanzi ma anche critico letterario, traduttore e giornalista di qualità. Collabora con Il Mattino, Il Messaggero, Il Diario e Lo Straniero con articoli che affrontano la realtà quotidiana con una prosa colta e raffinata.
Ha curato per I Meridiani, con Giovanni Raboni, l’edizione delle opere di Baudelaire, autore cui ha dedicato anche un romanzo critico.
Ha vinto il Premio Napoli con A capofitto ed il Premio Viareggio con Di questa vita menzognera.
Altri suoi romanzi sono: Nel corpo di Napoli, Magic people, Il ribelle in guanti rosa: Charles Baudelaire.
La prosa di Montesano è pervasa da furore, nichilismo, visione febbricitante. In essa si coglie la disperazione di un sud racchiuso in se stesso, un pugno pronto a colpire.
Napoli ed il disincanto che la pervade sono le stigmate che segnano il romanzo Di questa vita menzognera tra le cui pagine si ravvisano una penosa lacerazione e la vanità di una caccia alla realtà che si diverte e gioca a nascondino, un tormento interiore, una sete genetica che si percepisce anche in altri libri famosi come Ferito a morte di La Capria ed Il mare non bagna Napoli della Ortese.
In uno dei più appassionanti capitoli di Nel corpo di Napoli Montesano individua la chiesa del Gesù Nuovo come punto di partenza per un viaggio nel
sottosuolo della città. Tale scelta deriva dalla convinzione che quel luogo sia l’anticamera della verità esoterica che sottende da millenni all’anima dei napoletani, una parte dei quali, vera ghenga disperata, ne ingiuria i preziosi marmi del pavimento, facendone l’accesso ad un budello infernale
Ci fornisce, inoltre, immagini raccapriccianti, facendoci sentire il lento scivolare della carriola che trasporta la signora Fulcaniello, una grassona laida e bulimica per la quale il marito, allo scopo di tacitarne la fame sfrenata, ha preparato un biberon con brodo e polpettine.
Queste descrizioni così crude ed amare della napoletanità hanno spinto parte dei lettori a criticare tali asprezze narrative, sottolineando il vezzo di molti scrittori di evidenziare solo i lati negativi ed i difetti più smaccati della città, senza ricordare che questa terra ha generato nei secoli tanti personaggi tra i più fecondi che si possano annoverare nel panorama culturale e che anche oggi è costituita da tante persone geniali, entusiaste, dotate di una superba forza d’animo, capaci di qualsiasi sacrificio pur di riportare Napoli al riscatto ed al ruolo che le compete.
Quando lo scrittore venne come relatore, assieme a Silvio Perrella, nel salotto letterario di mia moglie Elvira, si parlò dei suoi due romanzi Nel corpo di Napoli e Di questa vita menzognera. Da parte del pubblico vi furono le stesse reazioni di cui abbiamo parlato prima e vi fu qualcuno che paragonò la casa dov’egli aveva collocato il pranzo del Tolomeo, un’abitazione sguaiata e solare quanto il suo padrone, a quel tetro villino liberty di via Tasso che la sera poteva essere il rifugio ideale per giovani amanti e che tutti evitavano per la diceria che incuteva timore, falsa o vera che fosse, che la voleva abitata da fantasmi in pena, trascinanti sonore catene.
Con Montesano mia moglie, amante della letteratura francese, intrecciò uno scambio epistolare discutendo spesso di Rimbaud, un poeta che entrambi amavano. Ricordo una lettera che mi lesse Elvira sulla poesia L’oisive jeunesse.
Amo molto la prosa di Montesano e leggo con avidità i suoi articoli che frequentemente compaiono sulle pagine de Il Mattino: straordinario, per potenza evocativa, quello di pochi giorni fa sul carcere di Poggioreale: tanto vero, quanto crudo, da indurre il ministro della giustizia ad inviare di corsa gli ispettori, a preannunciare il suo arrivo e ad invocare amnistia ed indulto come unica soluzione alla vergogna del sovraffollamento.
copertina libro Il ribelle in guanti rosa |
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