Santi Severino e Sossio
Nel complesso dei Santi Severino e Sossio, diventato nel 1835 sede dell'Archivio di Stato di Napoli, ci sono tre chiostri monumentali tra i più importanti della città sia sotto il profilo artistico che storico: il chiostro del Platano; il chiostro grande (o di Marmo); ed il chiostro piccolo (o del Noviziato).
Fig.1 Chiostro del Platano; al centro è l'albero secolare |
Il primo chiostro edificato nel complesso risale al X secolo ed è quello del Platano (fig.1). Il nome deriva da un bosco di platani che sarebbe stato donato a san Benedetto dal padre di san Mauro, Anicio Equizio. Alcuni ampliamenti risalgono già agli inizi dell'XI secolo e modifiche più importanti, ad opera di Giovanni Francesco Mormando, si ebbero nella seconda metà del XV secolo. Contemporaneamente a questa fase, venne poi costruito un secondo chiostro, quello "del Noviziato" (fig.3).
Tra la fine del XVI e gli inizi del XVII secolo venne costruito invece il chiostro di Marmo, destinato a giardino, con ingresso sulla via.
Nel corso del XVIII secolo l'area del chiostro del Platano venne in parte occupata da nuove celle e nuovi ambienti di servizio, necessari per la crescita della comunità e nel 1715 pilastri in piperno sostituirono le originali colonnine.
Nel 1803 il piano superiore del chiostro del Noviziato (fig.3) venne modificato per ricavarne due piani di ambienti, in parte destinati ad ospitare un istituto scolastico. Nel 1835 ospitò gli archivi del regno e il monastero venne abbandonato. Nel 1901 il chiostro del Noviziato fu dedicato a Bartolomeo Capasso.
Fig.2 Scorcio delle Storie della vita di san Benedetto, di Antonio Solario (1515 circa) |
Il chiostro del Platano è costituito da un quadrato con i portici sui lati a otto arcate, sorrette da pilastri in piperno e un piano superiore a loggia. Al centro è un platano che secondo la leggenda sarebbe stato piantato dallo stesso san Benedetto e le cui foglie possiederebbero virtù terapeutiche. La pianta venne abbattuta nel 1959 quando il fusto misurava 8,45m di circonferenza e poi fatta ricrescere sulla sua stessa radice.
Due delle quattro pareti dei porticati sono decorate con un ciclo di affreschi di scuola umbro-marchigiana di Antonio Solario e aiuti (fig.2) risalenti all'inizio Cinquecento con scene della vita di san Benedetto. Nel corso della prima metà dell'Ottocento le arcate del chiostro furono chiuse con porte di vetro, con lo scopo di proteggere il ciclo del Solario.
Fig.3 Chiostro grande o di marmo |
Il Chiostro di Marmo è rinascimentale ed è limitato sui quattro lati da 24 arcate sorrette da colonnine di marmo di Carrara, con capitelli dorici decorati da motivi floreali, mentre il giardino centrale è suddiviso da vialetti pavimentati in cotto in quattro aiuole. Su esso affacciano diverse sale, tra cui il refettorio e la sala del capitolo, entrambe affrescate da Belisario Corenzio intorno alla prima metà del Seicento, e in origine vi si trovava inoltre la cisterna. Il piano sovrastante è invece caratterizzato da ampie finestre ad arco su pilastri incastrati in una cornice.
In occasione dell'insediamento dell'archivio del regno nell'edificio venne eretta al centro del chiostro una statua raffigurante La Teologia, in marmo, scolpita da Michelangelo Naccherino.
Fig.4 chiostro del Noviziato |
Il chiostro del Noviziato si presenta a pianta rettangolare, con portici a trenta arcate su pilastri di piperno; il centro dello spazio è ornato con il busto di Bartolomeo Capasso di Salvatore Cepparulo, sovrintendente dell'archivio dell'ultimo ventennio dell'Ottocento, al quale il chiostro fu dedicato agli inizi del Novecento. Gli ambienti di questo chiostro erano destinati essenzialmente ai novizi, mentre altre sale costituivano invece gli appartamenti del priore. Nel 1803 il piano superiore venne trasformato in un edificio a due piani, destinato in parte all'alloggio dei religiosi e in parte a scuola.
I Girolamini
Fig.5 Prospetto del complesso monumentale dei Girolamini su via Duomo (ora interessato a lavori di restauro) |
A Napoli nel convento dei Girolamini, nel centro storico proprio di fronte al Duomo, ci sono due chiostri monumentali: il Chiostro piccolo, detto anche "maiolicato" o "della Porteria"; ed il Chiostro grande, detto "degli Aranci".
Dopo il terremoto dell'Irpinia del 1980, i due chiostri furono abitati da famiglie rimaste senza dimora. Ora però il luogo è stato oggetto di restauro che ha riporto l'intera struttura al suo antico splendore, con particolare accortezza ai giochi geometrici dei giardini.
Fig.6 Il pozzo cinquecentesco del chiostro piccolo con il pavimento maiolicato |
Il chiostro piccolo, detto anche "della Porteria" (Fig.6), è il più antico del complesso ed insiste sull'area occupata un tempo dal rinascimentale palazzo Seripando. Venne costruito verso la fine del XVI secolo su disegno di Giovanni Antonio Dosio, il quale seppe trasformare una porzione dell'edificio nobiliare in un chiostro conventuale. La pavimentazione, di fine Ottocento, è costituita da un'alternanza di mattonelle in cotto a piastrelle in maiolica con fondo bianco e decorazioni blu.
A pianta quadrata, è circondato da colonne in marmo; queste, sorreggono le arcate, quattro per lato, mentre, ai quattro angoli, vi si trovano pilastri di piperno con due semicolonne. Al centro si trova un pozzo del tardo Cinquecento in raffinato marmo bianco ed un tempo alimentato dalle acque della Bolla.
Il chiostro è inoltre dominato da un torrino settecentesco con orologio decorato con un altorilievo raffigurante una Madonna con il Bambino. Dal punto di vista iconografico la scultura rimanda al modello "classico" della Madonna della Vallicella, tipica rappresentazione della Vergine con il Bambino in un cerchio fiammeggiante sorretto da angeli, riprodotto anche in un fregio metallico decorativo del pozzo.
Fig.7 il chiostro grande |
Una grande scala in piperno conduce al secondo chiostro, detto il chiosco Grande o degli Aranci (fig.7). Edificato negli anni Trenta del XVII secolo su progetto di Dionisio Nencioni di Bartolomeo e Dionisio Lazzari, è più grande ed imponente del precedente e custodice la celebre oasi verde del complesso dei Girolamini.
Le aiuole, che ospitano soprattutto alberi di agrumi, sono poste ad un livello inferiore rispetto a quello del portico a cui vi si accede con due scale con corrimano in ferro battuto poste sui lati lunghi del chiostro. I pilastri, otto da un lato e nove da un altro, circondano l'intero ambiente claustrale e sono decorati con lesene culminanti con un motivo con ghirlanda e mascheroni ispirato all'architettura toscana del Cinquecento. Anche le grandi finestre in corrispondenza delle arcate sono di derivazione toscana e illuminano gli ambienti del cosiddetto "corridoio dei monaci"; al di sopra e al di sotto si trovano le piccole finestre delle celle.
Fig.8 L'orologio con la cupola della chiesa dei Girolamini vista dal chiostro. |
Sul lato che separa i due chiostri è collocato un orologio a sei ore (fig.8) con quadrante in maiolica. Sul lato che dà su vico Girolamini, un'imponente scala a chiocciola conduce agli ambienti superiori e ad un loggiato che affaccia sulla chiesa monumentale. Dal chiostro è possibile raggiungere altre sale del convento dei Girolamini, tra queste la storica biblioteca monumentale e la quadreria.
San Pietro a Majella
Fig.9 Scultura del Beethoven di Francesco Jerace nel chiostro grande |
Nel complesso religioso di San Pietro a Majella, sede del Conservatorio di Napoli dal 1826, ci sono due chiostri monumentali.
Il chiostro maggiore (fig.9) fu realizzato nel 1684 per volontà di padre Celestino, il quale aveva portato a termine l'idea del suo predecessore di ampliare e restaurare il complesso celestino che, insieme alla chiesa, faceva parte di un più vasto intervento edilizio dell'insula, partito a metà del XVII secolo e che trasformò il tutto in stile barocco.
Il complesso esisteva sin dalla fondazione delle strutture religiose, avvenuta nel XIII secolo su probabile progetto Giovanni Pipino da Barletta e su commissione di Carlo II di Napoli. Nel 1407 un grave incendio distrusse tutti i corpi di fabbrica del monastero con gravi danni alla struttura religiosa, ma nello stesso secolo furono avviati i lavori di rifacimento in stile rinascimentale.
Agli inizi del XVII secolo la sede dell'Accademia degli Infuriati aveva sede all'interno delle sale del monastero, dove si riunivano i nobili napoletani. Nei lavori del 1684 vennero realizzati apparati in legno e una balaustra di coronamento sul cornicione in Pietra di Sorrento, realizzata da Mariano Figliolino su disegno dell'architetto Antonio Galluccio.
L'accesso al chiostro grande è servito da una porta posta nel lato corto della chiesa; il portale fu realizzato nel XV secolo dai pipernieri Tagliaferri e Coda ed è racchiuso tra colonne ioniche. Le decorazioni alle finestre del chiostro risalgono al XVIII secolo e sono interamente in stucco; al centro è invece collocata la scultura di Beethoven di Francesco Jerace datata 1895.
Il chiostro minore (fig.10) invece è pressoché uguale alla sua struttura originaria ed era destinato a uso dei frati. Le decorazioni sulla volta sono in stucco bianco e grigio, mentre le arcate di piperno sono slanciate e denunciano la loro origine medioevale. Al centro è infine collocata una vasca in piperno.
Fig.10 Chiostro piccolo |
Santa Maria la Nova
Santa Maria la Nova è stato un convento, dei Frati Minori, tra dal 1279 al 1811; e fa parte del complesso monumentale di Santa Maria la Nova.
Fig.11 il convento ed chiostro minore |
Il convento è stato costruito a partire dal 1279, anno in cui iniziano i lavori di edificazione della chiesa di Santa Maria la Nova, dopo la donazione del terreno da parte di Carlo I d'Angiò, a seguito dell'abbattimento della chiesa di Santa Maria ad Palatium, con annesso monastero dei frati minori, per far posto al Maschio Angioino. Nel corso degli anni il convento ha ospitato la congregazione del Monte de' Musica, una scuola per formare cantori, calligrafi e poeti, hanno lavorato copisti, nel XV secolo, ed è stato sede di studi scientifici e teologici, soprattutto nel XVII secolo, oltre ad ospitare un'infermeria, attiva anche dopo la sua chiusura. Con l'arrivo dei francesi a Napoli, Gioacchino Murat decreta lo scioglimento degli ordini monastici nel regno e il convento viene chiuso nel 1811.
L'ingresso del convento è posto sul lato sinistro della chiesa di Santa Maria la Nova poco dopo il termine della muratura del cappellone di San Giacomo della Marca, in quella che precedentemente era la cappella dedicata a sant'Onofrio: questo verte su due chiostri, quello minore, appartenente al complesso monumentale di Santa Maria la Nova, e quello maggiore, destinato agli uffici della provincia.
Fig.12 L'ambulacro del chiostro minore |
Il chiostro minore (fig.11-12), detto anche di San Giacomo, risale alla fine del XVI secolo, opera di Giovanni Cola di Franco, è di forma rettangolare, circondato sui quattro lati da un colonnato con colonne ioniche che poggiano su un muretto interrotto in quattro punti, dove un cancelletto in ferro battuto permette l'accesso alla corte centrale, nella quale è presente un puteale in marmo. L'ambulacro è arricchito con un ciclo di affreschi su san Giacomo della Marca, attribuiti ad Andrea De Lione ed aiuti, realizzato alla fine del XVII secolo; nella stessa zona inoltre sono poste diverse tombe, custodite precedentemente nella chiesa prima dei lavori di ricostruzione alla fine del XVI secolo: lapide di Pascale Diaz Garlon del 1487, monumento sepolcrale Macedonio, monumento sepolcrale di Costantino Castriota Scanderberg del 1500, realizzato da Jacopo della Pila, monumento di Gaspare Siscaro, sepoltura di Porzia Tomacelli, sepolcro di Matteo Ferrillo del 1499, sempre del della Pila e ritenuta essere da alcuni studiosi la tomba di Dracula[6], monumento di Sanzio Vitagliano su cui è applicato un Cristo risorto, attribuito a Jacopo della Pila, e della consorte Ippolata Imperato del 1496, sepoltura Trecastelli e sepoltura Vena.
Sul lato opposto dell'ingresso al chiostro è posta la sagrestia e il refettorio; quest'ultimo, con volta a conchiglia realizzata nel XVI secolo, è stato diviso in due con una parte che verte nella zona del complesso monumentale ed una in quella degli uffici della provincia: nella prima zona è custodito un affresco di Andrea Sabatini o di Bramantino Salita al Calvario, oltre ad un pulpito scolpito con bassorilievi raffiguranti san Michele, san Francesco e crocifisso, mentre nella seconda zona affresco di Francesco da Tolentino con parte centrale ritraente Adorazione dei Magi tra i santi Francesco e Bonaventura, nella parte inferiore Annunciazione e Natività e nella lunetta Incoronazione della Vergine; sulla parete di fondo un tondo in marmo con Madonna e Bambino di ignoto dei primi anni del XVI secolo Tutte le stanze dei piano superiore che vertono sul chiostro minore sono occupate dal museo d'arte religiosa contemporanea, mentre quelle chi si aprono intorno al chiostro, compreso il refettorio, sono utilizzata dall'università telematica Pegaso, per eventi congressuali e cerimonie.
Fig.13 Il chiostro maggiore |
Il chiostro maggiore (fig.13), detto anche di San Francesco, a cui si accede da un'entrata alla sinistra dell'ingresso del convento, si presenta a pianta quadrata e in stile toscano: ha nove arcate su ciascun lato, con colonne in marmo bianco e capitelli in granito. Fino al 1747 possedeva un ciclo di affreschi, Storie della vita di San Francesco dipinto da Luigi Rodriguez, poi cancellato a causa del cattivo stato di conservazione; tra le opere d'arte, custodisce due statue, una nell'androne, Astronomia, di Girolamo D'Auria, e Diritto, di Francesco Cassano; in una sala, che in passato era in comunicazione con la cucina, si conserva un medaglione raffigurante Madonna con Bambino del XVI secolo.
Annessa al convento era anche un'infermeria, esistente già dal 1575 ed attiva fino alla fine del XIX secolo: i locali occupati sono andati in parte perduti, in parte inglobati nelle abitazioni circostanti; da disegni del 1868 ritrovati presso la sede della provincia di Napoli, questa doveva presentarsi con un cortile, su cui si affacciavano diversi locali, a due piani e con una sorta di ponte che la metteva in diretta comunicazione con la chiesa di Santa Maria la Novam Nell'infermeria inoltre c'era una chiesa, in origine dedicata a sant'Erasmo, poi profanata e sconsacrata agli inizi del XVI secolo, per poi essere riconsacrata, questa volta alla Santissima Immacolata, di cui ne ospitava la congrega: questa si presentava a navata unica, con due cappelle su ogni lato; subì inoltre lavori di restauro nel 1773, ospitò la sepoltura di Giovanni Paisiello dal 1816, per poi essere abbattuta alla fine del XIX secolo
RispondiEliminaQuello che è giusto è giusto e questa volta voglio ringraziare Achille Della Ragione per il suo servizio in favore della cultura
Antonio Silvestri