domenica 22 settembre 2024

Prima visita guidata gratuita

Maschio Angioino

Esultate! venerdì 27 settembre vi sarà la prima visita guidata, gratuita per gli ultrasessantenni. Appuntamento alle ore 15:00 all'ingresso del Maschio Angioino, di cui approfondiremo gli infiniti dipinti custoditi nel museo Civico.

Oltre a leggere il mio articolo che segue, vi consiglio di recarvi sul mio blog www.dellaragione.eu e consultare l'articolo Museo civico di Castel Nuovo. 

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Castelnuovo una superba fortezza


Il cortile, con la scala della Sala dei Baroni;
e la capella di Santa Barbara

Nel 1266 Carlo D’Angiò, quando conquistò Napoli, non trovò adeguata la residenza reale di Castelcapuano, nonostante Federico II l’avesse resa sfarzosa, per cui volle costruirsi un castello fortificato che affacciasse sul mare. Scelse il “Campus Oppidi”, una località fuori dalle mura, dove sorgeva una chiesetta francescana, che venne demolita e ricostruita altrove. Affidò i lavori a due architetti francesi, Pierre De Chaule e Pierre D’Angicourt, che, lavorando alacremente, la completarono in soli 56 mesi, dotandola di 4 torri di difesa, un profondo fossato ed un ampio ingresso, al quale si accedeva da un ponte levatoio. Il re non riuscì mai ad abitarla perché impegnato nei Vespri Siciliani, scoppiati nel 1282, ed a sedare una sommossa popolare a Napoli.

 

Particolare dell'Arco di Trionfo

Ne prese possesso nel 1285 suo figlio Carlo II, il quale provvide ad abbellirla, affidando le decorazioni interne a Pietro Cavallini e Montano D’Arezzo, mentre il suo successore Roberto D’Angiò, detto il “Saggio”, si servì anche del sommo Giotto, a Napoli dal 1328 al 1333, il quale affrescò le pareti della cappella palatina con scene del Vecchio e del Nuovo Testamento, di cui rimangono piccoli lacerti, ma che all’epoca furono molto ammirate, anche dal Petrarca, che le descrisse nell’ ”Itinerarium Syriacum”.

Il re fu grande amante delle lettere e delle arti per cui creò un vero e proprio cenacolo con pittori, letterati e poeti, oltre ad una rinomata scuola di giuristi: da Andrea D’Isernia a Bartolomeo Caracciolo e Cino da Pistoia.

Tra le mura di Castelnuovo si consumò anche il “gran rifiuto” di Celestino V, uno dei pochi precedenti, in 2000 anni di Chiesa, dell’abdicazione di Benedetto XVI. Il 12 dicembre 1294, nella sala maggiore, da allora detta del “tinello”, il vecchio eremita, davanti alle alte cariche della Chiesa, lesse l’abiura, si sfilò l’anello, rimase in cotta bianca, benedì il popolo e si ritirò a vita privata. Dieci giorni dopo, nella stessa sala, il conclave elesse pontefice Benedetto Caetani, il famigerato Bonifacio VIII, che Dante collocò nell’Inferno.

  

Sala dei Baroni

Alla morte di Roberto I il Saggio, il “Maschio” fu abitato da Giovanna D’Angiò, donna dai costumi disinibiti, che fece uccidere il marito, fratello del re d’Ungheria, scatenando le ire del popolo guidato da Tommaso De Jaca, che fu eliminato dall’amante della regina. A vendicare il fratello intervenne personalmente il sovrano magiaro, il quale saccheggiò il castello, senza però catturare la regina, scappata prudentemente in Francia.

Il maniero fu ridotto in uno stato pietoso a tal punto che alcuni storici raccontano che divenne una sorta di lupanare. A consolidare questa leggenda collaborò anche la seconda regina di nome Giovanna, sorella di Ladislao, la quale consumò una serie frenetica di amplessi con giovani di ogni estrazione sociale, che, dopo la coniuxio, venivano eliminati attraverso una botola.

Nel 1442 vi fu un cambio di dinastia con la corona di Napoli cinta da Alfonso D’Aragona, detto il ”Magnanimo”, grande mecenate e protettore delle arti, sul modello di Lorenzo il Magnifico a Firenze. Fondò la celebre Accademia Pontaniana, che riunì i migliori ingegni del tempo, da Sannazaro a Summonte, fino a Masuccio Salernitano, autore del “Novellino”, una raccolta di novelle alla maniera del Boccaccio. Il re fece imponenti lavori di consolidamento ed anche gli ambienti interni furono abbelliti da maestri spagnoli, quali Guglielmo Segrera, a tal punto che il pontefice Pio II paragonò il castello alla reggia di Dario.

La sala maggiore è un miracolo di statica architettonica con il soffitto a costoloni. Essa prese il nome di “Sala dei Baroni” perché nel 1486 il figlio di Alfonso, Ferrante D’Aragona, riunì tutti i nobili del regno, che gli erano ostili e, fingendo una tregua, diede ordine di arrestarli in massa.

Alfonso volle lasciare un messaggio ai posteri del suo ingresso in città e fece erigere uno spettacolare Arco di Trionfo che rappresenta una delle più belle opere del Rinascimento, al quale lavorarono Guglielmo Da Majano, Luciano Laurana, il Pisanello e Pietro Da Milano, i quali realizzarono un delicato equilibrio tra volumi e spazi, coniugando valori plastici ed architettonici in un insieme estremamente armonioso.

La realtà storica è alquanto diversa  perché Alfonso conquistò la città non attraverso una battaglia, bensì introducendosi con i suoi guerrieri attraverso una cloaca, sbucando da un pozzo in un cortile di Santa Sofia: a conferma della verità, vi è una pensione annua di 36 ducati alla portiera dello stabile, le cui ricevute sono conservate nella Tesoreria Aragonese.

Grande interesse rivestono le porte di bronzo del castello, attualmente conservate nel Museo Civico del Maschio Angioino, che presentano degli squarci: in uno di questi fa bella mostra di sé una palla di cannone. I sotterranei del castello presentano tetre prigioni corredate da catene arrugginite e porte cigolanti.

Durante gli scontri tra Spagnoli e Francesi, Carlo VIII saccheggiò il maniero che, piano piano, perse d’importanza, nonostante Carlo V vi soggiornasse nel 1535 e Don Pedro Da Toledo lo circondasse con un’ampia cinta bastionata.

 

La volta della Sala dei Baroni

I Borbone preferirono altre sfarzose residenze, anche se Ferdinando I provvide, con un agile ponte, a collegarlo al Palazzo Reale.

Nel secolo scorso la decadenza ha raggiunto l’acme quando fu trasformato in uffici, tra i quali la Direzione della Nettezza Urbana, e soprattutto, la Sala dei Baroni, che aveva accolto Pontefici e Cardinali, Re e Regine, si trasformò in aula del Consiglio Comunale, dove gli eletti del popolo si abbandonavano ad insulti e scazzottate, mentre turbe di disoccupati esasperati lo assediavano reclamando il miraggio di un lavoro.

 

La porta bronzea



4 commenti:

  1. Credo non sappia che mia sorella Adriana Dragoni, storica dell'Arte, é finita e che i funerali saranno domani 23/9 alle 17.00 nella chiesa di Santa Lucia al Monte al corso Vittorio Emanuele.
    cordiali saluti.
    Nicola Dragoni

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  2. Saremo in 4 finalmente!
    Giovanni Gentile

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  3. Confermo partecipazione
    Siamo in due.
    grazie
    Andrea Mastellone

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  4. Caro Achille grandi e sommi capolavori contiene il Museo di Castel Nuovo che ho avuto il piacere di ammirare di persona 3-4 volte a Napoli; e quindi mi fanno ancora più piacere i tuoi dotti commenti. Grazie come sempre per la tua generosità e per il continuo pungolo conoscitivo. Un abbraccio
    Antonio Giordano

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