Da tempo il grande mercato all’aperto di Scampia è divenuto un supermarket della droga, con prezzi imbattibili e con in vendita anche il kit per consumare il loco la dose; un tempio dello spaccio in grado di attirare clientela da tutta Italia, tossici e pusher, che soprattutto nei fine settimana raggiungono la città da Milano e da Firenze, da Bologna e da Genova, da Bari e da Reggio Calabria.
Molti approfittano del viaggio per ubriacarsi in qualche locale del centro, prima di recarsi nelle piazze dello spaccio a fare rifornimento per i consumi di qualche settimana.
Le forze dell’ordine hanno scoperto il flusso turistico e gli arresti sono divenuti giornalieri senza però minimamente intaccare un giro di affari per la criminalità organizzata nell’ordine di milioni di euro al giorno.
A Capodanno arrivarono in undici dalla Toscana per festeggiare la ricorrenza, sballandosi all’ombra delle Vele, alloggiavano in hotel di lusso, insospettabili, mentre avevano ognuno di loro 40 grammi di stupefacenti tra crack e cocaina, decisi a continuare a drogarsi a casa loro nelle settimane successive.
I motivi del successo sono legati ai prezzi concorrenziali, ad una buona qualità del prodotto, disponibile in ogni angolo del famigerato quartiere, il quale fino a pochi mesi fa vantava addirittura una dettagliata mappatura su Google Earth.
Da sempre per colpa di una politica miope e suicida sono stati trascurati, e molti versano in un penoso abbandono, dalla Piscina Mirabilis agli stessi scavi archeologici di Pompei, i siti artistici e le località in grado di attirare i turisti, monumenti unici al mondo e delittuosamente lasciati cadere in rovina. Nello stesso tempo hanno preso piede alcune umilianti forme di turismo alternativo, che vanno dalla gita in provincia a meravigliarsi per le strade intasate dalla monnezza, con una sosta per fotografare cumuli di rifiuti e bambini che vi giocano allegramente, preferite dagli stranieri e dai settentrionali, fino alle incursioni nella più grande piazza europea dello spaccio per acquistare un sostanzioso quantitativo di droga da consumare poi con comodo nelle stanze di un albergo del lungomare. Sono tour del degrado non dissimili da quelli praticati nelle città del terzo mondo, lì uno sguardo veloce alle favelas brasiliane o agli slums africani, da noi il brivido dell’immersione per qualche ora nel cuore di Gomorra. Questa moda è la cartina al tornasole di una trasformazione radicale dell’immaginario della città, da pizza e mandolini, monumenti ed una popolazione allegra ed affabile, a terra di nessuno senza speranza. Come una Thailandia mediterranea, come una Amsterdam del sud, una città dove prolifera divertimento proibito ed illegalità.
Ma l’aspetto più drammatico è costituito dai protagonisti di queste gite disperate, da un lato ragazzi con il portafoglio pieno provenienti da tutta Italia per acquistare droghe e sballarsi, dall’altro giovani napoletani che vedono nello spaccio l’unica fonte per sopravvivere. Sono due facce della stessa medaglia, di una società profondamente malata, senza regole e senza guida, in cui le giovani generazioni non trovano collocazione e precipitano volentieri nel baratro dell’autodistruzione.
La città somiglia sinistramente al grande bordello che era diventata negli anni Sessanta, quando continuamente nel porto sostavano le grandi navi della flotta americana, che scaricavano migliaia di marinai in preda ad astinenza alcolica e sessuale, per i quali Napoli era una città del vizio, ne più né meno che Saigon o Manila.
Gli arrivi dei nuovi carichi da sniffare sono salutati dal fragore dei fuochi d’artificio che illuminano la notte; sparano a Scampia, alla Sanità, ai Quartieri e non certo per festeggiare compleanni o matrimoni, unica eccezione l’uscita da Poggioreale di un boss.
Napoli, come sempre fa da battistrada nell’abisso della perversione ed inaugura una sorta di turismo all’incontrario, una pallida risorsa per un’economia immersa nel vortice della crisi, non ad ammirare bellezze artistiche o paesaggi ragguardevoli, che pure sono presenti in misura cospicua, bensì per scendere nei gironi infernali dell’abiezione e del degrado spinto al massimo grado, un originale safari attraverso la metropoli dominata dalla camorra sostenibile, con le stigmate dell’irreversibilità.
Scampia - Napoli |
Se ci trasferiamo nei quartieri bene, ad esempio a Chiaia, il panorama è completamente diverso con il consumo di cocaina che rappresenta il più preoccupante fenomeno di massa sviluppatosi negli ultimi anni, interessante tutte le classi sociali, l’unica moda, assieme al tifo per la squadra del Napoli, in grado di tenere legate le diverse anime della città.
La coca che circola a Chiaia o a Posillipo è di qualità superiore rispetto a quella che è possibile acquistare per pochi euro nelle piazze dello spaccio di Secondigliano o di Scampia; è meno tagliata è costa di più. Inoltre se sei un cliente abituale è anche possibile averla a domicilio dal pusher di fiducia, come ha dimostrato una recente inchiesta che ha coinvolto professionisti ed imprenditori tra i più noti, incluso un celebre ginecologo, giustamente glorificato in un capitolo del libro, il quale spesso se la faceva consegnare in clinica, prima di cominciare una seduta operatoria.
Dietro questa abitudine nefasta vi sono giovani avvocati, figli di notabili, industriali più o meno rampanti, abbronzati proprietari di barche, vecchi rattusi dall’aria laida; tutti in movimento tra i baretti della zona alla ricerca di una fanciulla da abbindolare con un sorso di rum ed una sniffata di coca.
A questi figuri si aggiungono la ragazza di buona famiglia isterica, il vip da strapazzo, il tossicomane perduto appena rientrato da un soggiorno in comunità, l’alcolizzato cronico, tutti personaggi patetici abituati a calare il panaro dal balcone ed a farsi consegnare dal bar all’angolo la dose quotidiana di droga ed alcol.
E durante le ore della movida le sostanze tossiche scorrono a fiumi, non solo polvere bianca, ma anche ecstasy ed erbe varie, psicofarmaci ed eccitanti, per sincerarsene, più che i periodi sequestri della polizia, basta farsi un giro nei bagni dei locali in, che nel fine settimana diventano lerci di sangue e catarro.
Sono ritrovi che aprono, chiudono, cambiano nome a ritmo frenetico, dietro ai quali vi è la mano del racket e delle lavanderie di denaro sporco, che intestano tutto a compiacenti teste di legno. Mentre ad impedire lo svolgersi di una normale attività notturna come in tante altre città europee, vi è l’ingombrante presenza di una microcriminalità invadente ed ingovernabile per la stessa camorra, che va dall’inmancabile posteggiatore abusivo arrogante, che nasconde una pistola nel cassonetto dell’immondizia, alla moltitudine di muschilli pronti in gruppo serrato a catapultarsi sulla prima borsa Prada o Louis Vuitton comparsa all’orizzonte.
A questa baraonda si aggiunge da anni una sorta di lotta di classe tra i ragazzi delle periferie ed i figli della gente bene, etichettati da questa sordida subburbia con l’epiteto di chiattilli, un universo di emarginati che cerca di entrare a gamba tesa in un mondo di presunti privilegiati, che si manifesta col tentativo di entrare nelle discoteche alla moda e provocare risse. Sono sempre, quando gli omaccioni posti a presidiare l’ingresso non riescono a prevenirle, le prepotenze di un gruppo numericamente superiore, ma antropologicamente inferiore, verso singoli impauriti ed indifesi.
Un altro fenomeno di allarmante gravità è costituito dall’abuso di bevande alcoliche tra i giovanissimi. Indagini recenti hanno evidenziato che nove ragazzi su dieci consumano almeno un drink ed il 50% degli avventori che esce dalle discoteche per fare ritorno a casa si mette alla guida con un tasso di alcool nel sangue superiore al limite prescritto dal codice della strada, mettendo in pericolo la propria e l’altrui vita. Una sciagurata abitudine, da tempo divenuta uno stile di vita all’estero, che si sta diffondendo a macchia d’olio tra le giovanissime generazioni senza che alcun provvedimento riesca minimamente ad arginare.
Vomero - Napoli |
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