lunedì 7 giugno 2021

Il premio Matilde Serao 2021 a Igiaba Scego

fig.1 -Igiaba  Scego


Non trova pace la Somalia, tra povertà e attacchi terroristici, violenze gratuite in assenza di un governo che si rispetti. Ogni volta, che si cercano notizie, ci s'intristisce per le condizioni sempre uguali di una terra sofferente e desolata.
Per fortuna pochi giorni fa una giovane donna dal sorriso dolce, radiosa e determinata, Igiaba Scego (fig.1), ha vinto il prestigioso premio Matilde Serao edizione 2021. Si tratta di un riconoscimento al valore letterario della scrittura femminile.
Il premio merita un breve approfondimento per il suo nome importante.
Donna Matilde (fig.2) nasce a Patrasso da una nobildonna greca e da un padre avvocato e giornalista, esule dall'Italia perché antiborbonico. Colta e piena di passione per la scrittura, al rientro della famiglia in patria dopo il 1861, si stabilisce a Napoli dove compie e dà ampio spazio alla sua attività letteraria. Ci sarà poi un soggiorno a Roma durante il quale incontra e sposa Edoardo Scarfoglio (fig.3). Darà la nascita a 4 figli maschi, ma neppure tale impegno la distoglierà dalla meta del destino intrapreso, premiato alla fine da un ricordo imperituro. Dopo la chiusura del "Corriere di Roma" per indebitamento, gli Scarfoglio si trasferiscono a Napoli e con l'aiuto finanziario del banchiere Matteo Schilizzi, di cui a Posillipo c'è un monumento grandioso (fig.4) i coniugi (fig.5) fondano nel 1892 "Il Mattino" (fig.6). La sua collaborazione al quotidiano sarà fondamentale. Autrice di articoli, novelle e romanzi, famoso è: "Il ventre di Napoli", dopo aver assaporato la soddisfazione della candidatura al premio Nobel per la letteratura, si spegne un anno dopo nel 1927 all'età di 71 anni. 

Igiaba è una donna coraggiosa non meno della co-redattrice del giornale partenopeo. Grazie alla sua scrittura, che si svolge come un racconto interessante per il lettore, finisce per risultare anche una forte denuncia del malessere della sua terra.
Chissà che la consegna del premio non sia stata anche una forma di riscatto del colonialismo italiano. Per chi scrive invece è un ritorno laddove ha trascorso qualche anno felice della sua prima infanzia.
I genitori di Igiaba fuggono dalla Somalia per venire in Italia in seguito al colpo di stato di Siad Barre. Il padre, segnato dal grande amore per il suolo natio, aveva seguito gli avvenimenti politici con partecipazione e competenza fino ad assumere incarichi importanti prima dell'avvento del dittatore. La madre Kadija, un nome poetico, era una nomade. Da lei Igiaba eredita il piacere del racconto, una caratteristica che probabilmente condivideva con i suoi numerosi fratelli, dodici figli, dieci sopravvissuti. Nella storia dei Paesi africani la cultura è prevalentemente orale. Manca una tradizione scritta per la difficoltà dei molteplici gruppi etnici con lingue tutte diverse.
Oltre a sporadici rientri, a 10 anni Igiaba trascorre a Mogadiscio un periodo di un anno e mezzo. Ma è a Roma che compie gli studi, laureandosi in Letterature straniere alla Sapienza. E incomincia a scrivere tanto, anzi tantissimo quasi con rabbia, per mettere nero su bianco e ricordare così la voce materna. Diventa sempre più sensibile a quel disagio legato a culture diverse, le quali si arricchiscono.
Tuttavia vivere nel Paese colonizzatore del proprio Paese colonizzato, se non crea smarrimento, può generare finanche un conflitto d'identità.
Chi sono io? Qual'è la mia terra? Le vere radici sono quelle dei suoi genitori, impiantate da generazioni, non le sue.
Eppure scrive con coraggio: "La mia casa è dove sono". É lucida nella denuncia delle sofferenze del colonialismo e della decolonizzazione. E passa tutto sul suo corpo finanche la minima offesa viene abbracciata da Ibagia per diventare la sua. Cionondimeno il suo sguardo è capace di spaziare ben oltre il proprio orticello e guardare i rifugiati e gli immigrati di altri Paesi con uno sguardo post-coloniale, alle seconde o alle terze generazioni. Il suo interesse non riguarda soltanto la migrazione somala. Lo si evidenzia nel tentativo letterario di dare forma e sostanza ad un appello corale verso forme di rivisitazione del fenomeno. Igiaba cerca di riaffermare quel difficile rapporto di reciprocità con la cultura italiana, auspicato anche da tanti studiosi dell'argomento.
La necessità, ad esempio, del riconoscimento dello "Ius Soli". Una delle sue domande:
"Perché l'Italia disconosce i suoi figli?" L'Italia potrebbe essere quel ponte tra l'Africa e l'Europa proprio per la sua posizione geografica. Un'affermazione che potremmo accettare quale esortazione ad un impegno maggiore, mentre sembra un po' provocatorio riprendere un interrogativo di Jennifer Guglielmo e S. Salerno: "Gli Italiani sono bianchi?" La risposta di Igiaba è negativa.
"Gli Italiani non sono bianchi. Oserei dire, per fortuna. Gli Italiani sono in mezzo. Sono mediterranei. Sono creoli. E l'Italia ha avuto una immensa paura di finire in serie B chiamata sud global."
Un altra lettura un po' cattivella della nostra storia, anche se non è solo sua:
"La Cenerentola d'Europa... per sedere al tavolo principale e partecipare alla spartizione dell'Africa, in modo d'avere un pedigree di nazione europea... l'Italia post-unitaria usò il colonialismo per essere accettata... e dopo... poiché non poteva più sfruttare i suoi ex possedimenti ha voltato le spalle ...".
Tutto ciò è scritto nella introduzione del suo ultimo libro: "Africana", pubblicato e uscito a inizio giugno dell'anno in corso.
Un testo interessante perché dà voce a tanti autori africani dai racconti vari, drammatici e giocosi. Giustamente ribadisce Igiaba, sottolineandolo anche se ovvio, che l'Africa è un continente.
"É immenso, sono tante le Afriche dentro l'Africa. É un continente moderno, giovane e straordinariamente creativo. Un continente dove la letteratura scorre come un fiume in piena...? E riporto con piacere il passaggio che mi è piaciuto di più: "Ho sempre questa immagine in mente: l'Africa come una grande coperta che le potenze europee, Italia compresa, tiravano da una parte e dall'altra a seconda dei propri interessi. Un'Africa strattonata e umiliata..."
"É questa immagine dell'Africa paradiso dei sensi e terra di eterni safari noi vogliamo combattere".
Infine durante l'intervista in occasione del premio ricevuto, la riflessione di Igiaba Scego si allarga all'attualità italiana deplorando il ruolo spesso subalterno delle tante autrici dimenticate nel firmamento letterario ancora troppo maschile. Perché non si studiano a scuola Grazia Deledda (fig.7) Ada Negri, Sibilla Aleramo, tra le più note e tantissime altre oscurate completamente? Il premio Matilde Serao alla sua quarta edizione è importante proprio per il valore che può dare all'universo femminile.

Elvira Brunetti 

 

fig.2- Matilde Serao

 

fig.3 - Scarfoglio


fig.4 - Mausoleo Schilizzi

 

fig.5 - Serao e Scarfoglio

fig.6 - Il Mattino


fig.7 - Grazia Deledda


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