tav.1 - Carlo Coppola - Decollazione di San Gennaro - Napoli Pio Monte della Misericordia |
Cominciamo questa nostra istruttiva carrellata con l’intento di correggere una serie di attribuzioni sbagliate di dipinti conservati in musei e chiese, partendo dal Pio Monte della Misericordia, famoso in tutto il mondo, per il raro privilegio di conservare nella sua chiesa uno dei capolavori di Caravaggio: Le sette opere di Misericordia.
Nella annessa quadreria è conservata una Decollazione di San Gennaro (tav.1) attribuita a Niccolò De Simone, che viceversa va assegnata senza ombra di dubbio al virtuoso pennello di Carlo Coppola, un artista poco noto, ma che nelle sue opere presentava costantemente dei dettagli patognomonici, che, se conosciuti, permettono di riconoscerlo. Uno di questi è l’occhio del cavallo che fissa con intensità l’osservatore (tav.2), presente in tutti i quadrupedi rappresentati nella composizione in esame, l’altro è l’eleganza con cui definiva le code dei cavalli, vaporose quanto abbondanti, come nel dipinto Cavalieri con armatura (tav.3), che presentato come capolavoro di Andrea De Lione, con un expertise di uno dei più celebri studiosi in circolazione ad un’asta Semenzato, raggiunse una cifra record.
tav.2 - Particolare degli occhi del cavallo |
tav.3 - Carlo Coppola - Cavalieri con armatura a cavallo - Milano Semenzato 2003 |
tav.4 - Giovanni Ricca - Santa orante - Napoli museo diocesano |
tav.5 - Giovanni Ricca - Cristo crocifisso con Maddalena - Napoli museo diocesano |
Ci portiamo ora nel vicino museo diocesano dove grazie a Giuseppe Porzio, che ha ricostruito esaustivamente la figura di Giovanni Ricca, possiamo togliere dall’anonimato due dipinti: una Santa orante (tav.4) ed un Cristo crocifisso con la Maddalena (tav.5), in entrambi compare la stessa splendida fanciulla che presta il suo volto alla Giuditta con la testa di Oloferne (tav.6) del museo diocesano di Salerno, che entra con enfasi nel catalogo dell’artista.
L’occhio acuto del giovane quanto valente studioso ha permesso di spostare dalla paternità di Onofrio Palumbo a quella di Giovanni Ricca la Crocifissione (tav.7) conservata a Napoli nella chiesa di S. Maria Apparente, seguendo il destino dell’Adorazione dei pastori (tav.8) di Potenza, che all’epoca ingannò anche i colti estensori del catalogo della celebre mostra Civiltà del Seicento, fino alla scoperta, nel corso di un restauro della firma del vero autore.
Non contento, il Porzio ha tolto dall’anonimato, assegnandolo al Ricca, anche il Martirio di S. Barbara (tav.9) del museo civico di Castel Nuovo e la tanto discussa Madonna col Bambino tra i SS. Giuseppe e Francesco d’Assisi (tav.10), conservata a Massa Lubrense nella chiesa di S. Maria della Misericordia, una tela che, tra rovine illuminate da un sole al tramonto, affianca le figure in una materia cromatica sensibile e quasi tremula alla luce. A lungo è stata attribuita al divino Guido Reni, di recente anche da Sgarbi(che possiamo scusare perché lui, salvo di pittura ferrarese, non capisce niente d’arte), l’Ortolani l’assegnava a Massimo Stanzione e Raffaello Causa a Micco Spadaro. Oggi finalmente ha trovato la vera paternità.
tav.6 - Giovanni Ricca - Giuditta con la testa di Oloferne - Salerno museo diocesano |
tav.7 - Giovanni Ricca -Crocifissione Napoli, chiesa di S. Maria Apparente |
tav.8 - Giovanni Ricca - Adorazione dei pastori - Potenza chiesa di S. Maria |
tav.9 - Giovanni Ricca - Martirio di S. Barbara - Napoli museo civico di Castel Nuovo |
tav.10 - Giovanni Ricca - Madonna col Bambino tra i SS. Giuseppe e Francesco d'Assisi - Massa Lubrense, chiesa di S. Maria della Misericordia |
Cominciamo ora un percorso tra i decumani visitando le chiese più prestigiose ed entriamo in San Paolo Maggiore, dove nell’ultima cappella a sinistra si può ammirare una splendida Annunciazione (tav.11), secondo la targhetta di ignoto, quando anche un semplice appassionato riconosce uno dei caratteri patognomonici presenti in tutti i dipinti del Marullo in cui vi è una fanciulla: un cono d’ombra sulla guancia sinistra.
Poche centinaia di metri e ci troviamo all’ingresso della chiesa del Purgatorio ad Arco, famosa per il culto delle”capuzzelle”, nella quale si conservano importanti dipinti, tra i quali, il primo entrando a sinistra, raffigurante San Michele Arcangelo che abbatte il demonio (tav.12) per secoli è stato attribuito a Diana De Rosa, più nota come Annella di Massimo, fino a quando, alcuni anni fa, durante un restauro è comparsa la firma dell’autore: Girolamo De Magistro, di cui si conosceva un solo quadro ed ora grazie a questo è entrato a pieno titolo tra i protagonisti del secolo d’oro della pittura napoletana.
La storia dell’arte procede grazie all’occhio dell’esperto, ma soprattutto in virtù della scoperta di nuovi documenti, l’unico mezzo, se correttamente interpretato, in grado di fornire la certezza di un’attribuzione.
La vicenda di cui tratteremo si basa proprio su di una fede di credito rintracciata nell’Archivio storico del Banco di Napoli da un infaticabile “segugio”: Vincenzo Rizzo, da quasi 50 anni impegnato, con passione certosina, a portare alla luce incessantemente testimonianze del nostro glorioso passato, da quel mare pescosissimo ed ancora in gran parte inesplorato, costituito dai documenti di pagamento degli antichi Banchi napoletani attivi dai primi del Cinquecento.
tav.11 - Giuseppe Marullo -Annunciazione - Napoli, chiesa di San Paolo Maggiore |
tav.12 - Girolamo De Magistro -San Michele Arcangelo abbatte il demonio - Napoli, chiesa del Purgatorio ad Arco |
tav.13 - Giovan Bernardo Azzolino - Santissima Trinitá e santi - documentato al 1617 - Napoli chiesa del Gesù |
Nella chiesa del Gesù Nuovo, nel Cappellone di Sant’Ignazio, si trova uno splendido quadro di grandi dimensioni, rappresentante una Santissima Trinità e Santi (tav.13), che nel corso dei secoli è passato attraverso le più altisonanti quanto fantasiose attribuzioni, dal Guercino a Battistello Caracciolo per finire ad Agostino Beltrano, il quale, in particolare, non poteva essere l’autore del dipinto per lampanti motivi iconografici e anagrafici…, ma nonostante tutto la targhetta col suo nome resiste imperterrita.
Infatti, come segnalatoci gentilmente da padre Iappelli, un erudito gesuita che ha dedicato la vita a studiare i tesori della chiesa, nella tela in basso a sinistra sono rappresentati, in ordine di canonizzazione, i principali santi gesuiti, l’ultimo dei quali salito alla gloria degli altari nel 1617, mentre mancano quelli, anche se importanti, degli anni successivi.
Il nostro Beltrano, nato nel 1607, aveva all’epoca poco più di 10 anni!
Pittori dallo stile diversissimo, a dimostrazione che quando l’attribuzione si basa unicamente sull’occhio del conoscitore la cantonata è più possibile che probabile. E gli esperti che si sono cimentati nel cercare di dare una paternità allo splendido dipinto sono tra i più autorevoli, dal Galante, erudito ottocentesco, autore di una famosa ed insuperata” Napoli Sacra” agli autori della moderna guida della chiesa, fino al sovrintendente dell’epoca in persona, uno studioso dalla cultura indiscussa e dall’occhio poco meno che infallibile.
Sfogliando viceversa il Giornale copia polizze del Banco dello Spirito Santo al giorno 18 maggio 1617, come ha fatto diligentemente il Rizzo, guidato dal suo straordinario fiuto, unica bussola che lo guida nelle sue quotidiane ricerche tra milioni di documenti accumulati con un ordine disordine che solo in pochi sanno dominare, si sarebbe giunti a conoscere finalmente il nome del misterioso autore: Giovanni Bernardino Azzolino.
“nel quale si poneranno tutti i Santi che si averanno da dipingere…. quadro di ogni perfezione e squisitezza il quale sarà di altezza di palmi 14 e di larghezza di palmi 9…. di ponerci colori molto fini non solo nei vestimenti ma anche nell’aria aurea…”
Così recita la ritrovata fede di credito.
tav.14 - Cesare Fracanzano - Sacra Famiglia - Napoli collezione Pagliara |
tav.15 - Anna Dorothea Therbusch - Ritratto Niccolò Jommelli - Napoli collezione Pagliara |
Ritorniamo in ambito museale nell’Istituto Suor Orsola Benincasa, dove è conservato uno scrigno prezioso, negato alla pubblica fruizione: la collezione Pagliara, ricca di decine di preziosi dipinti e degna di essere conosciuta da tutti per cui consigliamo di leggere un mio articolo sull’argomento digitando il link
http://achillecontedilavian.blogspot.com/2012/03/la-pinacoteca-della-collezione-pagliara_16.html
In una delle prime sale ci accoglie una splendida tela di grandi dimensioni, una Sacra famiglia (tav.14), attribuita a Francesco Fracanzano, intorno al 1635, una data importante per la pittura napoletana, che cominciò da allora a risentire della rivoluzione cromatica tendente ad addolcire il chiaro scuro caravaggesco. Il dipinto, a nostro parere, va viceversa assegnato a Cesare Fracanzano per le stringenti analogie con i suoi due quadri, firmati, conservati al Pio Monte della Misericordia.
Tra gli ultimi quadri esposti vi è uno splendido ritratto del musicista Niccolò Jommelli (tav.15), da sempre ritenuto opera di Bonito, fino a pochi anni fa, quando un restauro ha messo in evidenza la firma della raffinata, quanto sconosciuta autrice, la pittrice tedesca Anna Dorothea Therbusch, che verosimilmente lo ha eseguito a Stoccarda nel 1764, argomento che ha costituito la tesi di dottorato di una giovane studiosa bolognese Giuliana Gualandi, che ho avuto l’onore di seguire nella sua fatica intellettuale.
Passiamo ora ad un altro museo: Le Gallerie di Palazzo Zevallos, che hanno il raro privilegio di ospitare Il Martirio di S. Orsola, l’ultima opera di Caravaggio, ma soprattutto di poter far ammirare la corposa collezione del Banco di Napoli, che, dopo essere stata ospitata per decenni nel museo di Capodimonte ed un lungo periodo trascorso a Villa Pignatelli, hanno da tempo trovato una degna sede espositiva, in attesa, fra non molto, di trasferirsi di nuovo, nell’antica sede del Banco di Napoli in via Toledo.
Tra le tante opere esposte vogliamo porre in dubbio solo l’attribuzione di un dipinto: un superbo Sansone e Dalila (tav.16) che viene esaltato come un capolavoro di Artemisia Gentileschi, mentre noi accogliamo una diversa ipotesi attributiva avanzata nel 1984 da Riccardo Lattuada, il quale, confortato dal parere di Ferdinando Bologna, riconosceva una mano diversa e proponeva la paternità di Domenico Fiasella, un pittore genovese, che ha lavorato più volte a Napoli, soprattutto nella chiesa di San Giorgio dei Genovesi, vergognosamente chiusa da quasi 50 anni.
Il resto del nostro articolo riguarderà opere di Agostino Beltrano, che abbiamo già incontrato con attribuzione apocrifa nella chiesa del Gesù Nuovo ed ora, sempre con un errore veniale, incontriamo sulla parete destra dell’altare della chiesa di S. Maria la Nova, dove è esposta un’Immacolata Concezione con papa Alessandro VII e re Filippo IV (tav.17), che versa in precarie condizioni di conservazione ed in una zona poco illuminata, per cui spero di poter essere parzialmente scusato per l’orribile foto che sono costretto a pubblicare. La tela in passato è stata assegnata dalla Novelli Radice al quasi sconosciuto Giuseppe, fratello di Agostino, perché a suo parere il livello di qualità dell’opera è molto modesto. Viceversa è facile constatare come la tela in esame trasudi lo stile di Agostino da tanti dettagli.
In particolare dobbiamo considerare i due personaggi raffigurati ai piedi della Vergine, il papa Alessandro VII, il quale si espresse definitivamente sull’iconografia rappresentata nel dipinto l’8 dicembre 1661 con la Sollicitudo omnium ecclesiarum ed il re Filippo IV che fece pressioni a lungo sul pontefice affinché si pronunciasse sulla questione.
Risulta pacifico che l’opera in esame non ha potuto vedere la luce prima del 1662, in accordo con il De Dominici che riferisce che l’artista morì nel 1665. Bisognerà perciò accettare l’ipotesi che Beltrano superò indenne l’infuriare della peste e visse dopo il fatidico 1656, che i libri di storia dell’arte si ostinano ad indicare come data del suo decesso.
Passiamo ora ad esaminare uno spettacolare Martirio di San Sebastiano (tav.18) passato sul mercato nel 1992 con un’attribuzione al Gargiulo del Brigante, il quale affermava: «Questo importante dipinto del celebre maestro napoletano, che in alcuni particolari mostra affinità col Martirio di San Lorenzo della Banca Sannitica di Benevento siglato “DG”, risale probabilmente ai primi anni del sesto decennio del secolo».
Nel 1997, in occasione della stesura del catalogo della celebre collezione ove il quadro era pervenuto, avendo l’onore di comparire in copertina, i principali «napoletanisti» espressero la loro opinione sulla paternità del dipinto. Pacelli e Pavone confermarono la autografia spadariana, la Daprà, specialista dell’artista, avanzò l’ipotesi di Agostino Beltrano in parte confermata da Spinosa, che in un primo tempo aveva pensato genericamente al Maestro dei martirî. Leone De Castris collocò il dipinto al 1635 ed evidenziò la presenza nell’opera di caratteri falconiani, battistelliani e cavalliniani. Originale, l’ipotesi di Gennaro Borrelli, che parlò di una esercitazione della bottega di Aniello Falcone, sottolineando l’errata incidenza della luce e la pessima esecuzione dell’albero sullo sfondo, definito bituminoso.
Ed infine, nel 1999, il passaggio in asta di una scena di supplizio identificabile come Martirio di Santa Apollonia(tav.19), con in alto l’identico gruppo di angioletti (tav.20) e sulla destra lo stesso cavaliere nascosto dietro la bandiera rossa, che sono presenti nel Martirio di San Sebastiano, ha permesso di riconoscere lo stesso pittore come autore di entrambi i dipinti.
Molto importante la presenza del cavaliere sulla destra con elmo e bandiera, simbolo del potere romano, (derivata da alcune celebri tele del Gargiulo), il quale sembra volersi nascondere dietro al drappo rosso, con un atteggiamento che compare identico anche nella grande e famosa pala di Pozzuoli rappresentante Il miracolo di Sant’Alessandro, firmata e documentata al 1649.
Numerose altre figure presenti nel Martirio di Santa Apollonia permettono l’assegnazione della tela con certezza al Beltrano. Esse sono il fanciullo a dorso nudo in primo piano sulla destra, di vaga ascendenza battistelliana e, poco più che abortito, sulla sinistra il fantolino, che si avvicina alla scena a braccia protese e che ricompare identico nel già citato Miracolo di Santo Alessandro e nell’affresco rappresentante Il pagamento del tributo a Sennacherib di Santa Maria degli Angeli a Pizzofalcone, documentato agli anni 1644-45.
Il volto della Santa pronta al martirio è sovrapponibile alla fisionomia della figura femminile presente nel Sacrificio di Mosé, siglato, del museo di Budapest, identificato dal De Vito nel 1984 ed alla Rachele del Giacobbe e Rachele al pozzo del museo di Besançon, assegnato già dal 1963 al Beltrano dal Volpe. Infine l’uomo barbuto che attizza le fiamme e l’altro scherano sulla destra che incombe sulla Santa sono modelli adoperati spesso dal Beltrano, che li riproduce più volte nelle sue opere dal Martirio dei Santi Gennaro, Procolo e Filippo , documentato al 1635, al Miracolo di Sant’Alessandro, al Giacobbe e Rachele al pozzo.
Il Martirio di San Sebastiano è stato di recente sottoposto ad un accurato restauro, il quale ha evidenziato alcuni dettagli inediti, come un guerriero, sul lato sinistro della composizione ed un fantolino (tav.21), il quale, sembra voler partecipare alla scena e che costituisce la firma criptata dell’artista.
Ed arriviamo ora allo scandalo che conclude degnamente, con un doppio errore madornale la nostra carrellata. Il Martirio di S. Apollonia è stato attribuito a Salvator Rosa da un celebre studioso e notificato dallo Stato, è stato presentato alla grande mostra di Lampronti tenutasi nella Reggia di Caserta e, colmo dei colmi, il celebre antiquario, per sdebitarsi dell’ospitalità, ha fatto dono al museo dell’opera incriminata.
Questi famosi esperti hanno commesso anche un grave errore nell’intitolare il quadro: Martirio di S. Agata, mentre chiaramente raffigura il supplizio di S. Apollonia, come capirebbe anche una bizoca o un parroco di campagna. Infatti alla prima furono amputati i seni, mentre alla seconda asportati i denti e poscia, se non avesse bestemmiato, a piacere Dio o la Madonna, sarebbe stata bruciata viva (come si evince dal cavadenti e dal legname posti in basso nella composizione).
Achille della Ragione
tav.16 - Domenico Fiasella - Sansone e Dalila - Napoli Gallerie Zevallos |
tav.17 - Agostino Beltrano-Immacolata Concezione con Alessandro VII e Filippo V - Napoli, chiesa di S. Maria la Nova |
tav.18 - Agostino Beltrano - Martirio di San Sebastiano - Napoli collezione della Ragione |
tav.19 - Martirio di S. Apollonia - Napoli , giá collezione Mauro Calbi |
tav. 20 - Gruppo di angioletti |
tav.21 - Fantolino a braccia protese |
Gentilissimo Dottore, la ringrazio per la citazione della mia tesi nella sua ricca pubblicazione.
RispondiEliminaCon stima e riconoscenza le porgo i migliori auguri per il suo lavoro e per ogni bella cosa in questo anno.
Giuliana Gualandi
Si tratta di un articolo eccezionale che farà la storia della storia dell'arte
RispondiEliminaBreyon De Lavargne
Buongiorno, leggerò con molto interesse. Baci affettuosi.
RispondiEliminaPatrizia D'Amato
RispondiEliminaCaro Achille sono onorato di poter dare una mano ad una personalità così straordinaria e poliedrica come te. Un abbraccio.
Tonino Cavallaro
Nonostante si parla male di me debbo riconoscere che si tratta di un articolo straordinario destinato a rivoluzionare la storia della pittura napoletana
RispondiEliminaVittorio Sgarbi
Mi scuso per l'anonimato, sono un'alta funzionaria della Reggia di Caserta e posso tranquillizzare il pubblico: il quadro pseudo Salvator Rosa, dopo lo scandalo provocato dal prof della Ragione giace nei depositi e non verrà mai esposto
RispondiEliminaAnonimo
Gentile Dottore,
RispondiEliminaMi chiamo Valeria Ferraro e sono laureata da tempo in Conservazione dei Beni Culturali. Ho trascorso 5 anni in Inghilterra durante i quali Molte volte ho abbracciato l'idea di candidarmi per un dottorato di ricerca, senza mai finalizzare l'applicazione per mancanza di un progetto ben delineato. Nelle mie più recenti ricerche però, mi sono imbattuta nei suoi articoli che parlano di opere senza autori della pittura napoletana del '600, che in realtà è il punto di partenza per il progetto che intendo presentare.
Ho letto che è la passione verso questi studi ad averla spinta ad intraprendere delle ricerche, pertanto mi chiedevo se avesse qualche suggerimento per aiutarmi a definire maggiormente la mia proposta di studio.
In particolare pensavo di studiare l'interesse dei collezionisti inglesi verso la pittura napoletana prima e dopo Pompei e di proporre dei casi studio di anonime pitture "napoletane" nelle collezioni inglesi.
Se le facesse piacere supportarmi in questa applicazione o semplicemente darmi il suo parere, ovviamente non mancherei di menzionare il suo aiuto e i suoi studi.
Intanto la saluto e la ringrazio,
Valeria Ferraro
valeria_vf@libero.it