Pochi sanno che internet nasce grazie a ricerche, dettate da finalità militari, per identificare un sistema di trasmissione di dati, che il nemico non sia in grado di decriptare; lo stesso filone di studi che aveva incoraggiato esperimenti di telepatia anche nel corso delle missioni Apollo.
Lo sviluppo della nuova tecnologia è stato poi tumultuoso ed ha cambiato in breve il volto del mondo, dimostrandosi una delle più importanti novità nella storia dell’umanità.
Per anni è sembrato che si potesse realizzare il sogno di un mondo senza confini né padroni, autogovernato dalla comunità degli utenti, uno spazio senza controlli e censure, nel quale notizie e conoscenza potessero dilagare e raggiungere i più sperduti angoli del globo.
Il numero di coloro che quotidianamente si collegano alla rete diviene sempre più alto e la circolazione delle idee mette in crisi spietate dittature, nonostante pene severissime, inclusa quella capitale e la creazione di una grande muraglia telematica attorno alla Cina per cercare di filtrare informazioni non gradite.
Skype permette attraverso il computer di poter parlare gratuitamente con chiunque, anche all’estero e rompe l’egemonia ed il latrocinio dei gestori telefonici, nello stesso tempo la privacy delle conversazioni è assoluta, perché proprietà del servizio e server, situati tra Scandinavia ed Estonia, non accolgono alcuna rogatoria che richieda intercettazioni, una falla ben nota a terroristi e mafie, le quali utilizzano da tempo esclusivamente questo sistema per le loro comunicazioni.
Giovani di ogni paese utilizzano alcuni siti specializzati per scaricare file musicali o film senza pagare i diritti d’autore, come pure è molto semplice stampare un libro coperto da copyright, una libertà sconfinante nell’anarchia, che alla lunga metterà in crisi l’industria culturale.
Anche l’esperienza più anarchica dell’etere come Wikipedia, l’enciclopedia on line che aveva mandato in pensione giganti del sapere come la Britannica o la Treccani, si appresta a rivedere la sua filosofia basata su un sapere che sgorgava dal basso senza gerarchie, davanti ai problemi insoluti di voci controverse, soprattutto riguardanti la contemporaneità, le quali negli ultimi anni hanno innescato focosi conflitti tra appartenenti a fazioni di pensiero contrastante, che si correggevano all’infinito. La redazione ha stabilito un controllo da parte di specialisti delle singole materie su gran parte degli argomenti, una conferma dell’illusione di un sapere democratico e la consacrazione di un’aristocrazia della cultura, di nuovo arroccata in una cittadella ideale per pochi eletti.
Ma il pericolo più grave che minaccia la rete è costituito dall’intenzione di Obama di potersi assurgere a controllore assoluto del ciberspazio, arrogandosi di decidere l’interruzione del servizio, se, a suo insindacabile giudizio, dovesse esserci un pericolo telematico per gli Stati Uniti. Purtroppo non si tratta di un’evenienza fantastica, come dimostrano i recenti attacchi a Google e Twitter condotti da hackers che hanno paralizzato per ore milioni di computer.
Se il Cybersecurity Act verrà approvato dal Senato si sancirà la volontà di violare la sovranità di altri Stati, né più né meno della dottrina Bush di inseguire dappertutto il terrorismo dall’Irak all’Afganistan, facendo scoppiare conflitti e decapitando governi con la scusa di esportare la democrazia. Infatti se i terroristi informatici decidessero di utilizzare i server di nazioni neutrali per infettare con virus micidiali in grado di controllare a distanza le comunicazioni sarebbe inevitabile far partire il contro attacco senza il tempo di avvertire nessuno.
Un pericolo che violerebbe non solo la neutralità del web, ma anche la sovranità degli Stati, ma non si potrà fare altrimenti, perché un attacco da parte di hacker specialisti come preludio di una guerra, bloccando i computer, avrebbe consistenti probabilità di successo, non solo impazzirebbe il traffico paralizzando le città, ma andrebbero in tilt anche i codici dei missili con le ogive nucleari.
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