venerdì 19 marzo 2021

Baudelaire nel bicentenario della nascita ed il suo tempo

fig.1 - Baudelaire
(1821-1867)


"È il tedio... tu lo conosci, lettore, quel mostro soave.
Ipocrita lettore, mio simile, mio fratello".
Con questi versi feroci - il taglio del suo linguaggio poetico -, Baudelaire cattura l'attenzione di chi si accinge a leggerlo (fig.1).
Lo mette in guardia: "Io ti dirò tu chi sei". E avanza nel sondaggio profondo dell'anima umana. Ne scopre il vaso di Pandora e a guisa di un fiume senza fine versa nelle sue rime tutti gli effluvi più truculenti. Con una forza dantesca si erge a giudice supremo.
 Come non pensare che per Baudelaire la noia agì da stimolo per il furore creativo sebbene spesso compagna dell'indolenza. Nella poesia "L'Albatro" egli vede sé stesso, il poeta. Con l'aggettivo indolente qualifica l'immagine dell'uccello, maestoso in volo e ridicolo sulla plancia della nave, quando per divertimento i marinai lo afferrano.
 Forse senza la noia non ci sarebbero stati nemmeno altri capolavori del tipo "I Canti" di Leopardi, né "Madame Bovary" di Flaubert.
 Non suona tuttavia il verso come suona in francese. Quale traduzione può mai rendere la sua musica!
"Je te hais Océan! Tes bonds et tes tumultes
Mon esprit les retrouve en lui; ce rire amer
De l'homme vaincu, plein de sanglots et d'insultes,
Je l'entends dans le rire amer de la mer".
L'odio per l'oceano, perché in sé stesso ritrova i salti, i rumori e i singhiozzi, compreso quel riso amaro che sente nelle sue acque.
 
Il ritmo della metrica canta il dolore e la sofferenza racchiusi in segni quali bonds et sanglots, che diventano piaceri verbali, culminando in una vertigine lirica. "I traduttori nostrani ne hanno dato solo un'immagine appropriata alla loro modesta statura".
Ma non c'è solo lo Spleen, una malinconia profonda, che corrode l'anima del poeta; il male non esisterebbe se non ci fosse il bene. Ed ecco due versi sortiti da L'Idéal: "Poiché non posso trovare fra quelle pallide rose un fiore che somigli al mio rosso ideale". Così celebra la bellezza: "Io troneggio nell'azzurro come una sfinge incompresa; unisco un cuore di neve al candore dei cigni".
 
 
fig.2 - Il generale Jacques Aupick
(1789-1857)

 
fig.3 - Madre di Baudelaire

 
Per comprendere meglio l'opera del genio della letteratura moderna, fondatore della nuova poesia è d'uopo esaminare almeno gli aspetti più salienti del suo vissuto.
"Un sedentario" lo definisce Giovanni Macchia. Nasce e muore a Parigi, al di fuori di un breve soggiorno in Belgio, dal quale ritorna, per poi morire, ormai distrutto dalla sifilide. Ha solo sei anni quando il padre muore e la madre si risposa. Il suo patrigno è il generale Jacques Aupick (fig.2). Non la perdonerà mai per quell'atto. Anzi l'intera sua vita sarà condizionata dall'infausto matrimonio. Il rapporto con le donne, quello con la politica, ma soprattutto il suo malessere esistenziale.
Ricorderà sempre i pochi anni felici della sua infanzia.
È l'estate del 1827. La mamma (fig.3) lo porta con sé a Neuilly in una grande casa. Quei mesi trascorsi nella intimità di loro due soli sono il risveglio per Baudelaire della sua sensibilità all'universo femminile. Cullato dai profumi materni, non può assolutamente immaginare che dopo qualche mese quell'amore sarà tradito e dimenticato.
Svogliato negli studi, portati a stento a termine, per punizione viene imbarcato dai genitori su una nave alla volta dell'India. Ma già a Mauritius, preso dalla nostalgia, torna in Francia. Diventa un debosciato nella vita. Intraprende un rapporto conflittuale con la donna, a volte satanico. A lei si aggrappa per scontare le sue insoddisfazioni, la sua crudeltà.
Ad una in particolare si lega e per diversi anni: Jeanne Duval. È la musa ispiratrice di alcuni Fiori del Male. Quest'ultima entra anche come soggetto nella pittura di Manet, che ne fa un ritratto singolare. Adagiata su un canapè la modella creola è molto malata. Ma il suo abito straricco in ampiezza e dal candido biancore, risalta in forte contrasto col nero del divano, quasi a nascondere il volto sofferente (fig.4). Nel famoso quadro ampio 4m.x6m."L'Atelier del pittore" (fig.5) di Courbet, che si trova al museo d'Orsay nel salone a lui dedicato, l'attrice Jeanne Duval era inizialmente dipinta accanto a Baudelaire nell'estremo angolo destro. Cancellata poi per volontà del suo amante, vi aleggia ancora la leggenda del suo fantasma.
Sia Manet che Courbet sono stati grandi amici del poeta parnassiano-simbolista. Con il primo condivideva l'amore per la pittura spagnola. Baudelaire era molto sensibile a Goya, affascinato dalle sue "Pitture Nere".
Alcune sue poesie sono l'equivalente letterario di quell'arte maledetta e demoniaca, secondo il poeta Yves Bonnefoy, professore al Collége de France, deceduto 5 anni fa. Una eminenza letteraria, autore di un libro dal titolo inequivocabile per l'importanza che ha avuto il Nostro in Francia: "Il secolo di Baudelaire".
Manet è un dandy come lui. Entrambi quindi rappresentanti di quel fenomeno corrente per l'epoca, il Dandismo. Un po' agli esordi allora, raggiungerà l'acme a fine secolo con D'Annunzio e Oscar Wilde. Baudelaire scrive un saggio: "Il pittore della vita moderna" con chiara allusione a Manet. Vi si afferma proprio questa teoria.
Ambedue innamorati di Parigi, città all'epoca in effervescente cambiamento. Manet (1832-1883) ha più tempo per mostrare il suo dandismo; seguirà il volto nuovo, impresso dalla bacchetta magica del barone di Haussmann. Parigi non è ancora la Ville lumière della Belle Epoque, ma piuttosto quella dei "Miserabili"di Victor Hugo. Manet era solito divertirsi, non badava a spese tra l'opera e il Cafè chantant. Mentre Baudelaire, pur amando la commedia umana, solo a volte era accurato nel vestire (blusa azzurra e guanti rosa ) e spesso era inseguito dai creditori.
Scriveva articoli di critica letteraria per integrare i magri guadagni. E Paul Valery diceva che non si era mai sbagliato nel riconoscere i talenti successivi.
Tanto per indagare sulle donne rappresentate in pittura, come era ad esempio quella di Manet?  Quando L' ”Olympia” irrompe nel Salon des Rèfusés, un sipario si alza su un nuovo nudo di donna.
È un'immagine immediata, forte, quasi uno scatto fotografico: "Ecco sono io, la cortigiana di tutto il beau-Paris, ma silenzio non si deve sapere". E fu scandalo. "Quel nudo - scrive Mallarmé - sfida convenzioni e tradizione, i fiori ancora avvolti nella carta, quel gatto così lugubre sortito - diresti - dai Fiori del Male. C'è qualcosa di perverso. Non è immorale, è vero".
Anche Courbet è vicino a Baudelaire per il suo Realismo. Come sono le sue donne? Sono dannate. Basti pensare alle "Demoiselles au bord de la Seine" (fig.6). Magnifici soggetti artistici che diventano oggetto di piacere, quindi conturbanti e inquietanti. Courbet osa al massimo nell'arte della pittura con "L'Origine del mondo". Un quadro scandaloso, posto sempre nel museo d'Orsay, un po' più avanti rispetto a "L'Atelier del pittore". Sta in fondo alla sala nell'ombra, per evitare gli sguardi puritani senza riuscirvi per la forte luce del Verismo.
È il secolo delle donne quello in cui stiamo navigando. Tra gli anni Cinquanta e Sessanta la donna è ancora la prostituta, che si offre a tutti come modella e amante, prima di diventare quella fatale della seconda metà del secolo. La sua emancipazione è graduale e consapevole. Diventa una donna elegante e col potere della seduzione sottomette l'uomo. Pensiamo agli ultimi Impressionisti, fino alla donna di Boldini. 
  
 
fig.4 - Manet -
Jeanne Duval

  
fig.5 - Courbet -
Atelier del pittore

 

Courbet e Baudelaire sono amici anche perché sostengono le stesse idee politiche. Sono attirati dalle idee socialiste di Proudhon. Il pittore della Franca Contea è un rivoluzionario, che si batte in prima linea per La Comune, dopo la sconfitta di Sédan. Baudelaire è un repubblicano nel '48, partecipa alle barricate. Voleva uccidere il generale Aupick, suo patrigno. Dopo il colpo di Stato di Napoleone III abbandona deluso ogni sogno politico.
"I Fiori del Male" furono pubblicati nel 1857 e subito censurati. Baudelaire fu condannato a pagare una grossa multa e ben sei componimenti furono cancellati. Soltanto nel 1949 li si reintegrò nella raccolta. Ebbene prima del putiferio scandaloso, avvenne un incontro importante che gli diede un'altra notorietà, quella di traduttore. Tre anni prima della morte di Edgar Allan Poe (1809-1849) Baudelaire legge alcuni racconti dell'autore americano, tradotti sui giornali francesi. È amore a prima vista (fig.7). Scopre un genio sconosciuto prima, che sente come un suo alter ego. In una lettera a quella che fu l'unica donna amata - la madre - dice che lo vuole tradurre  perché prova una forte vicinanza interiore. Fu così che Poe divenne famoso in Francia, grazie alle sue traduzioni di grande successo.
"Meditate sullo spietato destino che la civilissima Francia riservò ai suoi poeti" sono le parole del grande francesista Giovanni Macchia riferendosi al libro: "Baudelaire devant ses contemporains", uscito prima del 1949. Un testo atroce testimone del clima persecutorio nei riguardi del poeta senza risparmiare l'odio della madre. Più volte fu spinto sull'orlo del suicidio.
La modernità lo ha felicemente riscattato, poiché pagò tra l’altro tutto sulla propria persona.
Sempre Macchia ricorda l'amicizia sincera fino alla fine del fotografo Nadar per merito del quale conosciamo oggi il volto malinconico di Baudelaire.


Elvira Brunetti 

 

fig.6 - Courbet -
Les demoiselles des bords de la Seine

fig.7 - Baudelaire e Poe

 

 

 
 

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