mercoledì 8 maggio 2013

MOSTRA DI ARTEMISIA GENTILESCHI A PISA


In esame il periodo napoletano



“Artemisia, la musa Clio e gli anni napoletani” è il titolo della mostra, curata da Roberto Contini e Francesco Solinas, che si potrà ammirare a Pisa, Palazzo Blu, fino al 30 giugno.
I napoletani dovranno recarsi al nord per vedere un’esposizione dedicata ad una pittrice (Fig.01), che, salvo brevi intervalli, trascorse oltre trenta anni, dal 1627 fino alla morte, all’ombra del Vesuvio, il periodo della maturità, fatto di scambi reciproci con i tanti colleghi che lavoravano in città.
Il capolavoro in mostra, normalmente nelle raccolte di Palazzo Blu, è la spettacolare Clio (Fig.02), firmata e datata 1632, appartenente alla sua prima fase di soggiorno a Napoli.
Tutti conoscono il suo drammatico esordio nel processo intentato da suo padre contro Agostino Tassi, accusato di averla stuprata.
Pochi sanno che, iscurendo la tavolozza, Artemisia espresse il meglio di sé proprio nella capitale vicereale (Fig.03) e gli undici quadri esposti ce ne forniscono una visuale alquanto parziale. Solo due rappresentano delle novità, mentre altri tre sono poco noti in Italia.





I curatori del catalogo ci forniscono un’immagine nella quale la Gentileschi rappresenta il fulcro attorno al quale si sono adeguati i suoi colleghi, come se il suo pennello, prestigioso come un richiamo, avesse determinato il corso dell’intera Koiné napoletana. Un’asserzione che non ci trova concordi, alla luce degli ultimi studi, che ci hanno permesso di accrescere le nostre conoscenze sulla sua figura di artista e di donna. Ella fu molto amata dai pittori napoletani, ma gli scambi avvennero su un piano di perfetta parità (Fig.04-05-06).
Fino a poco fa la sua prima opera era considerata L’Annunciazione(Fig.07), conservata a Capodimonte, firmata e datata 1630. I suoi più importanti lavori sono: Le cinque tele con storie di Giovanni Battista, realizzate tra il 1633 ed il 1634, per il Cason Del Buen Retiro a Madrid, commissione alla quale collaborano Stanzione e Finoglia ed i grossi dipinti per il coro della cattedrale di Pozzuoli, dove Artemisia lavora assieme a Stanzione, Lanfranco, Beltrano, Finoglia ed i fratelli Fracanzano. Tale opera costituisce una vera antologia delle tendenze artistiche a Napoli nel quarto decennio del Seicento. A lei spettano: I Santi Procolo e Nicea, San Gennaro nell’anfiteatro e L’Adorazione dei Magi.
Ritornando alla mostra ci sono due chicche che da sole meritano la visita: Un Sinite Parvulos, a lungo nei depositi del Metropolitan ed oggi presso La Congregazione della chiesa romana di San Carlo al Corso, donata da un anonimo collezionista, da collocare ai primissimi anni napoletani, intorno al 1627. L’altra importante novità, che si aggiunge prepotentemente al catalogo dell’artista è un David con la testa di Golia (Fig.08), oggi in una raccolta privata e descritta nello studio della pittrice nel 1631 da Joachim von Sandrat. Raffigura un giovane sfrontato che fissa con arroganza lo spettatore, mentre con una gamba accavallata, poggia il braccio destro sulla testa tagliata al gigante Golia, dopo averlo tramortito con un sasso fiondato al centro della fronte.
Un mix prodigioso di naturalismo caravaggesco e di potenza cromatica di matrice prettamente partenopea.
Una esposizione che farà da stimolo per gli studiosi ad approfondire non solo Artemisia, ma anche quel crogiuolo di artisti che fecero del Seicento il secolo d’oro della pittura napoletana.






P.S.
BLU | Palazzo d’Arte e Cultura
tel. 050.220.46.50
mail: info@palazzoblu.it

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