fig.1 - Sacra ruota degli esposti |
Un segno tangibile dell’antica pietà napoletana è costituito dalla ruota dell’Annunziata (fig.1), quell’abile marchingegno girevole che ha permesso per secoli alle madri in difficoltà di mettere in salvo i neonati, invece di sacrificarli. Esse appoggiavano i nascituri nel piccolo vano di legno e facendo ruotare l’ingegnoso meccanismo li portavano all’interno della struttura. Al caldo ed al sicuro, perché le suore, avvertite dal suono di un campanello accorrevano prontamente ed accoglievano con amore il pargoletto (fig.2).
Questa celebre ruota ha funzionato fino al 1875, mentre l’annesso brefotrofio ha funzionato per un altro secolo ed è stato chiuso solo nel 1980. Questa pietosa usanza di affidare i bambini abbandonati al caritatevole cuore della città ha costituito un significativo segno di civiltà, consentendo alle madri di conservare l’anonimato, in una società afflitta sempre dalla più nera povertà e da un’altissima mortalità infantile.
I napoletani hanno chiamato questi bimbi con il termine esposti, da cui deriva il diffuso cognome di Esposito, con il quale venivano spesso battezzati. Essi sono stati sempre considerati i figli della Madonna, di conseguenza hanno goduto di riguardi e considerazioni speciali. Una volta divenuti fanciulli i maschi venivano trasferiti nelle scuole dell’Albergo dei poveri, dove imparavano un mestiere, mentre le donne potevano rimanere nella Casa e se decidevano di sposarsi avevano diritto ad una dote. Infatti ogni anno, il 25 marzo, tutte le ragazze in età da marito venivano presentate agli scapoli desiderosi di ammogliarsi in una sala della pia istituzione. I giovanotti potevano sceglierne una gettando ai suoi piedi un fazzoletto e se la ragazza lo raccoglieva il matrimonio si sarebbe celebrato dopo poco tempo.
fig.2 - Pronti ad accogliere il pargoletto |
fig.3 - Cortile dell'ospedale dell'Annunziata |
fig.4 - Interno della sacrestia della chiesa dell'Annunziata |
Il complesso dell’Annunziata (fig.3) è ancora oggi un ospedale con un
reparto di maternità tra i più apprezzati, ma è anche noto per i tesori
di arte che conserva e per il gioiello di architettura costituito dalla
maestosa chiesa (fig.4) più volte modificata e rifatta poi
completamente nel Settecento dal Vanvitelli, assieme alla parte
inferiore ed al poderoso cupolone.
Da un primato del passato ad uno,
raro, dei nostri giorni, costituito dalla nascita nella nostra città
della prima (la terza al mondo)bambina venuta alla luce grazie alle
tecniche della fecondazione artificiale.
«Alle falde del Vesuvio,
abita un medico, conosciuto come il signore delle nascite, che ha dato a
Napoli uno dei pochi primati di cui possa fregiarsi. Egli non ha
tentazioni di divismo, né si considera un volto da copertina. Non ama
passerelle di false leggende, né miti che non devono essere miti».
Con
queste parole il Corriere della sera riassunse la notizia della prima
fecondazione in vitro avvenuta in Italia, coronata dalla nascita di
Alessandra l’11 gennaio 1983 nella clinica Villalba di Napoli.
Grande
fu ovunque lo stupore e la meraviglia al diffondersi della notizia che
la prima bambina in provetta italiana era napoletana. A Napoli dove
tutto è bello ed intelligente, ma anche vago, impreciso ed
approssimativo si era riusciti per primi nel nostro Paese in una impresa
rigidamente scientifica, precisamente organizzata e per di più ciò
avveniva in una struttura privata circondata da un ambiente medico
conservatore, se non ostile, certamente scettico. Il ginecologo Vincenzo
Abate (fig.5) ha avuto in seguito l’onore di comparire (dietro
pagamento di 2000 euro) sulla copertina di una ristampa del I tomo della
mia collana Quei napoletani da ricordare (consultabile in rete
digitando il titolo), sostituendo degnamente la prima edizione che
mostra Sophia Loren poppe al vento all’età di 18 anni.
Abate con i
suoi giovani collaboratori erano stati paladini solitari nell’azione
contro la disorganizzazione dello Stato, che ben si esprimeva nella
scalcinata espressione ospedaliera meridionale.
Mentre la notizia si
diffondeva, gli altri scienziati italiani del settore, che, fino ad
allora si erano distinti soltanto per fiumi di chiacchiere versate nei
congressi, sull’argomento si rinchiusero in un mutismo assoluto e
cercarono di prendere le distanze dal ginecologo privato riuscito
nell’impresa miracolosa, il quale aveva l’imperdonabile torto di non
essere un cattedratico.
Nessuno dei suoi invidiosi colleghi volle
riconoscere in quei giorni che dietro questa sua impresa eccezionale vi
erano anni di studio, un costante impegno quotidiano, innumerevoli
sacrifici, ma principalmente l’intuizione che per imparare qualcosa di
nuovo bisogna emigrare, andando là dove la medicina è più avanzata, ma
bisogna anche poi ritornare a casa ad insegnare ciò che si è appreso
all’estero.
A Napoli venne così ad affiancarsi all’Orto Botanico più
importante d’Europa, alla prestigiosa Stazione Zoologica ed al
Laboratorio di Biogenetica di fama internazionale, un centro
all’avanguardia nel settore della sterilità.
La meraviglia maggiore
da parte degli specialisti del settore fu che un tale successo sia
avvenuto in una struttura privata, mentre tante strutture universitarie
non avevano ottenuto nessun risultato. La spiegazione ci viene dalle
parole dello stesso ginecologo napoletano: «Questo tipo particolare di
esperimenti è stato possibile da realizzare in una struttura privata,
perché richiede un ritmo di lavoro tale che solo un ricercatore abituato
a grossi sacrifici può attuare. Infatti in una struttura pubblica è
assolutamente improbabile che un programma scientifico di questa portata
possa essere eseguito ventiquattro ore su ventiquattro. In nessun
ospedale o università si riuscirebbe facilmente ad eseguire una
laparoscopia notturna sulle pazienti con ovulazioni improvvise».
Conoscere
il carattere di questo cittadino doc ci permette di apprezzare quella
magica miscela che ha permesso a tanti napoletani di raggiungere il
successo una volta lasciata la città natale: una calda cordialità
partenopea associata ad un’efficienza nord americana. I suoi stretti
collaboratori ci permettono di conoscere meglio lui e soprattutto la sua
clientela attraverso alcuni graziosi aneddoti.
Mi raccontava il
dott. Antonio Punzetto, ecografista, che tre volte alla settimana, nei
giorni in cui egli collaborava nello studio di via Petrarca, le visite
terminavano quasi sempre intorno alle 3 - 4 di notte, dopo di che doveva
seguire l’intera équipe nei pochi ristoranti ancora aperti a quell’ora
per cenare tutti assieme fino alle prime luci dell’alba. La mattina era
sempre uno straccio. Il dott. Enzo Del Vasto, valente anestesista e
proprietario di sfarzose imbarcazioni, mi confidava che il dott. Abate
se come ginecologo era bravissimo, come lupo di mare era addirittura un
mostro di bravura e quindi tutta una sfilza di divertenti episodi
accaduti durante navigazioni verso le Eolie o attorno alla Sardegna. Il
dott. Mimmo Cirillo ginecologo, ex braccio destro del professore, mi
diceva che aveva più volte studiato approfonditamente la clientela in
lunga e paziente attesa di essere visitata e di avere identificato dei
personaggi che si ripetevano ciclicamente: «C’è la signora dell’alta
borghesia, che grazie ad affrettate letture sulle rubriche mediche dei
giornali elargisce consigli e spiegazioni con la prosopopea della
addetta ai lavori. C’è la contadina della provincia e la popolana dei
quartieri spagnoli, sempre scortata da folti gruppi di parenti che
imitano le gesta del prof. Abate di cui raccontano episodi conditi da
una mimica eduardiana. C’è la nobile decaduta che cerca disperatamente
di saltare la fila con la stessa tenacia della donna manager, tutta
lavoro ed appuntamenti, che consulta neuroticamente l'orologio ogni
cinque minuti a simulare un impegno professionale che non può più
attendere».
Purtroppo la lotta contro la sterilità necessita come
prima dote dimolta pazienza, abnegazione e volontà di sacrifici per
poter percorrere una strada lunga, faticosa e non sempre coronata da
un risultato favorevole (fig.6).
fig.5 - Copertina con la foto del Signore delle nascite |
fig.6 - Un nuovo abitante della Terra |
Bello! Un inno alla Vita ed alla Speranza. Quanto lavoro e quanti studi dietro un tal successo. Non sono all'avanguardia solo i nordici leghisti.
RispondiEliminaPatrizia D'Amato
Apprezzo molto questo inserto sull’Annunziata a testimonianza della carità umana, ma non solo, ma anche per il riconoscimento per dei poveri bambini sfortunati, e dell’assistenza perchè si riservi loro una vita migliore alla legittima ricerca di genitori anche adottivi.
RispondiEliminaGiovanni Rodriguez
Grazie ! Ho lavorato come pediatra-pneumologo all'Annunziata dal 28 Maggio 1994 al 1 Giugno 1998, la più bella esperienza lavorativa ( ospedaliera) della mia vita. Saluti
RispondiEliminaAntonello Pisanti