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fig.1 - Ospedale San Paolo, ingresso |
L'Ospedale San Paolo (fig.1), che si trova nel quartiere Fuorigrotta, in via Terracina, è stato inaugurato nel 1972 e serve un vasto bacino di utenza, anche delle zone confinanti e nel corso degli anni si è adeguato alle normative vigenti senza subire sostanziali modifiche strutturali. Possiede un complesso operatorio di 1000 mq. caratteristica di una struttura organizzata prevalentemente per l'emergenza. E numerosi reparti specialistici, dall’urologia all’oculistica. Il vero fiore all’occhiello è costituito dal reparto di Ginecologia (fig.2), diretto da illustri primari, in primis Guglielmo Magli, che qui ha cominciato la sua luminosa carriera e ricordo con nostalgia quando negli anni Ottanta ho tenuto dei corsi sul metodo Karman, al quale partecipavano medici da tutta la Campania e da cui è spuntato Gino Langella (fig.3), da poco scomparso causa Covid, che per decenni ha diretto con estrema liberalità il reparto di interruzioni di gravidanza. Viceversa a far nascere in maniera spontanea, ricorrendo solo eccezionalmente al taglio cesareo, ci ha pensato per anni Edoardo Oreste, che ha avuto l’onore di imparare la professione dal sottoscritto, in un breve periodo in cui, dopo una causa di lavoro durata solo 24 anni, ripresi l’attività per qualche mese presso l’ospedale di Cava de’ Tirreni. Eduardo, a cui voglio un bene dell’anima, è un personaggio originale: ama i cani più che gli esseri umani, ne ha sempre posseduto minimo tre, prima i mastini, ora i pastori tedeschi e spesso ama travestirsi, infatti possiamo farlo conoscere ai lettori in abiti femminili (fig.4), mentre vogliamo ricordare anche l’attività della moglie Ada Crea, impegnata nel laboratorio d’analisi dell’ospedale con solerzia ed abnegazione.
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fig2 - Ospedale San Paolo, reparto ginecologia |
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fig.3 - Gino Langella |
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fig.4 - Edoardo Oreste in abiti femminili |
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fig.5 - Loreto Crispi, ingresso |
Passiamo ora a raccontare la lunga storia del Loreto Crispi, che nasce come Conservatorio di musica annesso alla chiesa di Santa Maria di Loreto e fu costruito verso la metà del XVI secolo in una elegante via della città. Nel 1537 il frate Giovanni di Tapia fondò il Conservatorio riunendo ottocento allievi tra ragazzi e fanciulle. Nel 1557 il francescano Marcello Foscataro migliorò l'istituzione, ospitando anche fanciulli poveri. I ragazzi imparavano musica ubbidendo a regole severe, cosi come si legge in alcuni documenti: "non levandosi per tempo, due nervate"; "non eseguendo del lavoro assegnato o non eseguendolo a dovere saranno puniti con il numero di nervate che sarà prescritto dall'illustrissimo Vicario"; "usando discorsi e parole improprie, due nervate". I fanciulli, oltre ad eseguire musica a pagamento, erano impegnati per messe e per fare da angioletti all'esequie dei bambini. Era usanza dei napoletani mettere sopra il carro funebre di un fanciullo morto gli ospiti del Conservatorio. Sempre dai documenti si apprende che nel 1697, un lunedì, scomparve dal tabernacolo della cappella dell'ospizio la pisside d'oro contenente ostie consacrate. La notizia del furto sacrilego si diffuse rapidamente tra il collegio e la popolazione, la quale vide nell'accaduto un segno certo di prossimi castighi celesti. Bisognava a tutti i costi trovare il ladro, già indicato in un certo Gaetano Cugno, un uomo di fatica del Conservatorio. Chi per primo avesse trovato il colpevole o dato notizie utile per la sua cattura, avrebbe ricevuto cento scudi dal Rettore del Conservatorio. Intanto messe e solenni funzioni venivano celebrate con il concorso della città e delle varie confraternite, nel tentativo di ottenere il perdono del Signore per l'esecrando episodio. Finalmente il ladro venne acciuffato da un soldato a cui il Cugno aveva chiesto un cavallo. Gli fu ritrovata addosso la pisside fatta a pezzi. Dopo due lunghi interrogatori gli inquisitori riuscirono a sapere dove il ladro avesse nascosto le ostie consacrate. Il Cugno, incartate le ostie, le aveva seppellite ai piedi di un muro diroccato nei pressi del Conservatorio. Mentre l'ospizio era in festa e ringraziava il Signore del ritrovamento, il ladro veniva lavato con acqua pura e rivestito con l'abito dei condannati a morte. Confortato dai Bianchi di Giustizia, sali dopo tre giorni al patibolo senza mostrare la minima paura e solo all'ultimo momento chiese perdono ai fanciulli del Conservatorio del furto, incitandoli a pregare per la sua salvezza. Dopo l'impiccagione il boia tagliò al cadavere le sacrileghe mani, che vennero esposte alla porta del Conservatorio. I fatti erano raccontati da una lapide di pietra murata sul reclusorio, prima di essere abbattuta agli inizi del XIX secolo. In ricordo dell'episodio veniva fatto ogni anno dai piccoli ospiti del Conservatorio una festa detta "diavolata", con l'allestimento di un dramma sacro in cui l'Arcangelo Michele lottava aspramente contro i demoni, riportando su di essi una brillante vittoria: in seguito, l'Arcangelo liberava un Angelo incatenato che rappresentava l'umanità mentre la morte spezzava il proprio arco.
Nel 1826 venne ceduto dal Demanio al Real Albergo dei Poveri per accogliere fanciulli e vecchi inabili. Nel 1833 venne adibito al ricovero di uomini affetti da malattie acute e successivamente nel 1834 fu trasformato in Ospedale, con lo scopo di curare gli ammalati dell'Albergo dei Poveri e di altri ospizi napoletani. Nel 1835 furono aperte delle corsie per ricoverare anche le donne inferme. Queste nel 1846 passarono all'ospedale Santa Maria della Vita (quartiere Sanità), ed allora nei locali resesi disponibili si inizio il servizio di pronto soccorso. L'Ospedale attualmente è costituito da un edificio a due piani (fig.6), a sviluppo orizzontale, ubicato in un quartiere residenziale della città. Vi sono 138 posti letto, un organico di circa 60 sanitari, 140 parasanitari e circa 40 fra impiegati, tecnici ed amministrativi.
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fig.5 - Loreto Crispi, ingresso |
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fig.7 - Loreto Nuovo, ingresso |
L’altro ospedale Loreto, definito Nuovo (fig.7), si trova nell’altro lato della città, è stato costruito negli anni Cinquanta e serve la zona est della città, prevalentemente i quartieri Ferrovia, Porto e Mercato. Dispone di molti reparti e di un frequentato Pronto soccorso. Tra i luminari che vi hanno lavorato voglio citare un solo nome Massimo De Bellis (fig.8), primario di neurochirurgia, allievo di un mio prozio, il celebre Castellano, braccio destro di Olivecrona, l’inventore della neurochirurgia. Da poco in pensione è ancora attivo in cliniche private.
All’ospedale sono legato da un triste ricordo personale che vi racconto: era il 1994, quando, mentre ero impegnato in un torneo di scacchi, che si svolgeva nella stazione marittima, mi si annebbiò la vista all’improvviso. Chiesi aiuto al mio amico Corrado Ficco, medico e scacchista, il quale mi disse: “Andiamo subito in ospedale, non vi è tempo da perdere”. Ci recammo al Loreto Nuovo dove mi fecero un elettrocardiogramma, che risultò negativo.”Potete tornare a casa”, mi dissero, per fortuna ascoltai il parere di Corrado, che mi consigliò il ricovero. Mentre l’amico si recava all’uscita del teatro Augusteo ad avvertire mia moglie Elvira di ciò che era successo, mi misero in una stanza da solo e mi collegarono ad un apparecchio che misurava numerosi parametri, dalla frequenza cardiaca alla pressione arteriosa.
Dopo circa un'ora lo strumento sembrava impazzito: suonava incessantemente e si accendevano tante luci, mentre l'elettrocardiogramma evidenziava un infarto interessante il ventricolo sinistro. In pochi minuti mi fu somministrato un cocktail di farmaci che provoca la trombolisi. Questa provvidenziale terapia mi salvò la vita. Dopo poco si presentò al mio capezzale un sacerdote, per la pratica dell'estrema unzione; in tal caso mi sarei dovuto confessare. Lo allontanai senza malizia, dicendogli: "Padre i miei peccati sono infiniti, ci vorrebbero ore per confessarli tutti, ora non c'è il tempo sufficiente". In nottata fui trasferito nel centro di rianimazione (fig.9). tante stanzette a quattro posti dove ogni giorno cambiavo la metà dei compagni di sventura, perché passavano a miglior vita. Attraverso un vetro i miei familiari potevano guardarmi dal di fuori dieci minuti al mattino e dieci minuti di pomeriggio. Con mia moglie Elvira attraverso gli occhi ci scambiavamo infinite sensazioni ed emozioni. Per fortuna era permesso ai medici di entrare nella stanza e ricordo ancora le visite degli amici e colleghi: Gino Langella ed Angelo Russo, che mi tenevano stretta la mano a lungo e mi davano il coraggio di resistere. Dopo cinque giorni, poiché mi ostinavo a vivere, mi feci trasferire nell'unità coronarica della clinica privata Malzoni di Montevergine, dove potevo in una mia camera ricevere visite di parenti e amici e trascorrere la notte in compagnia. Per non affaticare eccessivamente mia moglie Elvira e per non sottrarla alla vicinanza dei miei figlioli, passai alternativamente le ore notturne con Carlo Castrogiovanni, un amico fraterno e Genny Santopaolo, marito di mia cugina Maria Teresa.
Per concludere il capitolo dobbiamo accennare all’Ospedale del Mare (fig.10), da poco costruito nella estrema periferia della città, nel quartiere Ponticelli, in grado di fornire assistenza anche ai numerosi abitanti dei comuni vesuviani. La struttura, gigantesca, è sorta di recente, per cui non vi è una storia da raccontare. Lascio questo compito ai miei discendenti.
Achille della Ragione
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fig.8 - Massimo De Bellis |
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fig.9 - Loreto Nuovo, reparto terapia intensiva |
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fig.10 - Ospedale del mare |
Ciao Achille
RispondiEliminaSempre complimenti
Il marito ringrazia per la citazione.
Un abbraccio
A presto
M. Teresa