fig.1 - Ospedale Cardarelli, facciata |
L'ospedale Cardarelli (fig.1) di Napoli è il maggior ospedale della Campania e dell'intero Meridione, nonché il primo a livello nazionale per la cura dei grandi ustionati. Esso rappresenta un fiore all’occhiello per la città, soprattutto per l’efficienza del Pronto soccorso (fig.2).
La costruzione dell'ospedale iniziò nel 1927, su progetto dell'architetto Alessandro Rimini, che seguì i lavori e nel 1934 fu completato per primo l’edificio centrale, destinato agli uffici amministrativi, mentre negli anni 1939-1940 furono completati i padiglioni retrostanti il corpo di fabbrica principale. L'intera struttura fu ufficialmente aperta e messa in funzione nel 1942.
Il complesso venne edificato su una collina, in posizione pianeggiante, ben ventilata ed ottimamente esposta, con alle spalle i Camaldoli e di fronte un'ampia spianata panoramica sulla città, in una zona con la possibilità di collegamento rapido da diverse direttrici di traffico ed ora servita anche dalla metropolitana, che ha una fermata a poche centinaia di metri dall’ingresso principale.
Al nome previsto inizialmente di Nuovo Ospedale Moderno di Napoli fu viceversa preferito quello di 23 Marzo; una data che voleva ricordare, nel clima politico del tempo, la data di fondazione dei fasci di combattimento. Il 19 agosto del 1943 il complesso fu intitolato, definitivamente, ad Antonio Cardarelli clinico di chiara fama e famoso per le sue ricerche.
Negli anni della guerra fu requisito prima dai tedeschi e successivamente dalle Forze Alleate di liberazione.
L'eliporto presente nella struttura venne realizzato nel 1974. Negli anni ’80 con l’istituzione delle Unità Sanitarie Locali il Cardarelli divenne l’Ospedale più importante dell’U.S.L.40 della Regione Campania.
Nel 1988 fu completato il Nuovo Paglione di Ortopedia e Riabilitazione che comprende tre complessi: un blocco operatorio, un settore funzionale, un settore di degenza.
Nel novembre del 1990 fu inaugurato, da Sua Santità Giovanni Paolo II, il Padiglione dell’Emergenza, sviluppato su cinque piani, che rappresenta tuttora una delle migliori strutture dipartimentali di Pronto soccorso in campo nazionale, per la modernità tecnologica, l’efficienza del personale e l’efficacia delle prestazioni erogate, anche se spesso l’afflusso di pazienti è talmente alto che devono essere sistemati nei corridoi (fig.3).
fig.2 - Ospedale Cardarelli, pronto soccorso |
fig.2 - Ospedale Cardarelli, pronto soccorso |
L’8 gennaio sono trascorsi 92 anni dalla morte, a Napoli, del grande taumaturgo nato a Civitanova del Sannio il 29 marzo 1831 da Urbano, medico stimatissimo di quella terra molisana, e da Clementina Lemme. Nel 1848 si recò a Napoli, dove studiò medicina nel collegio medico e nell’ospedale degli Incurabili. Si laureò nel 1853 e divenne subito medico nell’ospedale degli Incurabili, ove nel 1859 iniziò l’insegnamento privato di medicina interna.
Su Cardarelli, gigante della semeotica, a Napoli girano tante leggende a cui Vittorio Paliotti, in “Napoletani si nasceva”, libro edito da Fiorentini negli anni 80, aveva trovato conferme solide intervistandone i nipoti (Cardarelli non ebbe figli, infatti) “Una volta – racconta Paliotti – quando era ancora giovane, alcuni suoi colleghi vollero fargli uno scherzo. Esasperati per il fatto che lui, senza l’ausilio di indagini radiologiche e di ricerche di laboratorio, riusciva a centrare con precisione tutte le diagnosi, quei suoi colleghi convinsero un uomo sano a mettersi a letto e fingersi ammalato. “Ha una nefrite cronica, è spacciato” disse lui. Esattamente una settimana dopo, l’uomo che si era prestato allo scherzo e che tutti i medici avevano ritenuto sanissimo moriva: nefrite cronica”.
Insomma Cardarelli fu uno dei più grandi cultori della semeiotica, il più insigne cultore, riuscendo con il suo acuto spirito di osservazione e con il rigore del suo ragionamento diagnostico a raggiungere con i mezzi più semplici le più alte vette dell’insegnamento clinico. Frutto della sua attività di clinico insigne furono numerose scoperte di sintomi e di nuove sindromi morbose, di cui alcuni portano il suo nome.
Paliotti racconta, tra gli episodi che riguardano la sua vita privata, quello dell’incontro con colei che diventerà sua moglie, Nunziatina Giannuzzi (fig.4), figlia di un ingegnere, raccogliendo sempre la testimonianza di un nipote. “Andò ad abitare in una casa di via santa Margherita a Fonseca, prese parte ai moti risorgimentali e non trascurò di innamorarsi di una dirimpettaia. Zio Antonio si rese conto che la sua passione per Nunziatina poteva distrarlo dagli studi e pensò allora di ricorrere a uno stratagemma: si finse ammalato, mostrò un fazzoletto sporco di sangue al padre di Nunziatina e di conseguenza la ragazza fu allontanata. Poté studiare in pace, così, e solo dopo che si fu laureato rivelò tutto all’ingegnere e sposò Nunziatina”.
Appena laureato, partecipa al concorso da assistente al Complesso degli Incurabili, dove risulta primo – ma anche qui Paliotti ricorda un episodio singolare, cioè che partecipò a nome di un altro, perché non aveva dei documenti, risultando comunque primo – e, per le sue notevoli capacità diagnostiche, rivoluzionarie per i tempi, si guadagna il rispetto e il favore dei migliori nomi della medicina italiana.
Nel 1880 vince anche la cattedra di Patologia Medica alla Regia Università di Napoli, dove insegnerà ininterrottamente fino al 1923, anno in cui viene costretto a ritirarsi a causa della sua età avanzata. Per regio decreto insegnò qui fino a oltre 90 anni.
Il suo nome è legato a ben sedici segni clinici, nei campi delle malattie più svariate: aneurismi (segno di Cardarelli), echinococco del fegato, neoformazione mediastinica e tumori della pleura.
Fu l’unico, tra tutti i medici convocati, a riuscire a diagnosticare a Papa Leone XIII un cancro alla pleura – tra molte polemiche all’epoca – e l’unico capace di diagnosticare malattie in persone apparentemente sane. Ad esempio riusciva a diagnosticare l’aneurisma dissecante dell’aorta facendo semplicemente pronunciare la lettera “a” al paziente. “Un giorno – racconta sempre a Paliotti, il nipote – zio Antonio mentre rientrava a casa in carrozzella fu colpito dalla voce di un pescatore che magnificava la sua mercanzia. Fece fermare la carrozzella, diede dei soldi al pescatore, rifiutò il pesce e disse: “Ti aspetto stasera a casa mia”. La malattia di quell’uomo, colta in tempo, poté essere curata”.
Negli ultimi decenni dell’800 a Napoli Cardarelli veniva considerato alla stregua di un santo. Ormai ricco, distribuiva a piene mani denaro ai poveri: la domenica nella sua casa di via Costantinopoli, dove viene ricordato con una targa (fig.5), casa con l’ascensore (un lusso per l’epoca) e piena di busti di Gemito e di opere di Dal Bono, visitava gratuitamente chi non poteva permettersi di pagare un medico. A volte dovevano accorrere le guardie tanta la folla lungo la strada.
Anche lui commetteva a volte degli errori diagnostici, che lui annotava diligentemente e raccontava ai suoi alunni. Ne ricordiamo uno esilarante, quando lesse ai suoi allievi una lettera inviatagli da un parroco: “ Gentile professor Cardarelli, quel tumore che lei mi ha diagnosticato ieri, io l’ho evacuato, andando nel cesso”.
“Di lui può dirsi che creò generazioni di generazioni di generazioni dell’epoca” raccontano i giornali d’epoca descrivendo poi la sua morte, avvenuta nella sua casa. Tra gli ultimi che volle incontrare ci fu il senatore Pascale. Ai famigliari chiese funerali discreti senza fiori e orazioni. Ma i giornali d’epoca lo celebrarono calcolando che nella sua lunga carriera di medico – “il più grande dei medici della Penisola” scriveva la torinese “La Stampa” – aveva visitato oltre mezzo milione di malati.
fig.4 - Antonio Cardarelli e la moglie Nunziatina Giannotta |
Fig.5 - Targa commemorativa |
La ringrazio per i contributi, che mi invia.
RispondiEliminaPuò prendere atto del mio nuovo indirizzo?
ianniruberto.g1934@gmail.com
La saluto cordialmente
Giuseppe Ianniruberto