lunedì 13 luglio 2015

Il difficile trapasso dalla carta stampata all’informazione digitale


articolo di  Tiziana della Ragione ed Enrico Pellizzari

Fino a pochi anni fa i lettori dei quotidiani, se vogliamo rimanere in Italia, si contavano nell’ordine di milioni: la Repubblica e il Corriere della Sera stampavano ogni giorno un milione di copie e, per ogni copia, bisognava ipotizzare tre o quattro lettori. In aree geografiche più ristrette, se prendiamo in considerazione il Mattino, secolare quotidiano in vendita a Napoli e Campania, la tiratura era di oltre 100.000 copie al giorno, ridottasi in breve lasso di tempo a 30.000, di cui la metà invenduta. Stesso discorso naturalmente per i due grandi quotidiani nazionali sopracitati, che hanno visto dimezzate le copie vendute in pochi anni. 
Il motivo di questo declino tipografico è, solo in parte, dovuto alla possibilità di reperire in rete l’edizione digitale ma è, purtroppo, lo specchio ustorio di un declino culturale che sembra inarrestabile. Gli articoli di fondo, le terze pagine, gli editoriali che rappresentavano la lettura gioiosa degli intellettuali sono ormai ridotti a pallidi ectoplasmi e non hanno più lettori qualificati in grado di confrontarsi con una lettura di alta qualità.
Dagli inizi degli anni Novanta, l'avvento  e la diffusione di Internet e dei suoi servizi hanno rappresentato una vera e propria rivoluzione tecnologica e socio-culturale. In particolar modo la nascita della piattaforma di social network più utilizzata al mondo, Facebook, avvenuta il 4 febbraio del 2004, rappresenta una data epocale che poco sfigura a confronto del 1492, data della scoperta dell’America. In poco più di 10 anni, gli utenti sono passati da poche centinaia a più di un miliardo. 
Oggi giorno il web è diventato la principale risorsa da cui attingiamo in modo istantaneo, e quasi gratuito ad una miriade di informazioni. Chiunque può contribuire a questo sapere dato che a chiunque è permesso di esprimersi liberamente, postando una notizia sulla rete, senza necessariamente dover rilevare la propria identità o la sua fonte. L’informazione viaggia velocemente su internet grazie alle piattaforme come, i social network, i blog e YouTube, che permettono di veicolare messaggi, propagare iniziative e ritrovarsi in poche ora con migliaia di seguaci.
E' finita l'epoca in cui per trovare un'informazione bisognava spulciarla tra le pagine di decine di libri, catalogati tra i polverosi scaffali delle biblioteche. Oggi digitando qualche parola "chiave" sulla nostra tastiera, è possibile ricercare in modo mirato qualsiasi argomento e ovviamente salvare in pochi secondi le pagine che ci interessano. In rete è possibile accedere a fonti indiscutibili quali l’Enciclopedia britannica, o il Dizionario Treccani, la cui attendibilità è fuori discussione. Questo naturalmente se siamo alla ricerca di una notizia storica, artistica o letteraria; viceversa, se vogliamo accedere ad una notizia di cronaca, dobbiamo necessariamente fare riferimento (anche se questo ad un costo pur minimo) alle pagine dei quotidiani tipo la Repubblica o il Corriere della sera.
Su internet infatti circola anche materiale di dubbia qualità; l'attendibilità delle informazioni diffuse e l'affidabilità delle fonti che le producono non sempre sono facilmente valutabili dal profano. La veridicità della notizia è quindi dubbia. Molti di noi commettono l’errore di reperire qualsiasi informazione su Wikipedia, che viceversa è da evitare accuratamente, perché su di essa chiunque può apportare modifiche alle voci trattate, in nome di una velleitaria democrazia del sapere, che rappresenta invece la dittatura dell’ignoranza, ingenerando errori materiali e ancora più spesso errori di valutazione degli episodi trattati. In egual maniera, sono da evitare blog tenuti da persone o associazioni prive di notorietà scientifica o di attendibilità letteraria e ve ne sono tantissimi, i quali mettono in bella mostra l’elevato numero di visitatori che accedono al sito in questione. 
Inoltre l'omogeneizzazione del sapere online, da Wikipedia a FaceBook, appiattisce la distribuzione delle informazioni, oscurando le posizioni meno canoniche e condivise. Da "Agorà elettronica" il web rischia di trasformarsi in supermarket del sapere, dove le etichette che hanno più spazio sugli scaffali virtuali incontrano più consumatori, a danno delle idee eterodosse, ancorché corrette. 
La rete annichila la discussione anziché promuoverla, deprimendo l'originalità delle ricerche e schiacciando l'anticonformismo a vantaggio dei monopoli e dei siti dominanti.
Internet ci espone all'appiattimento di ogni posizione critica e all'impoverimento del dibattito democratico provocato dai motori di ricerca. Quando cerchiamo su internet un'informazione, i risultati che troviamo sono spesso indirizzati sulla falsariga delle nostre precedenti ricerche sul web, sono guidati dai nostri gusti, dalle nostre opinioni, ben note ai motori di ricerca. Più cerchiamo in una certa direzione, più il web ci isola tra nostri simili. Chi consuma un determinato prodotto sarà probabilmente condotto verso articoli analoghi. Non è difficile dimostrare la veridicità di questo fenomeno, basta che due persone diverse provino ad inserire le stesse parole chiave in uno dei motori di ricerca più popolari; i risultati ottenuti saranno probabilmente molto diversi, se non divergenti.
E' inoltre opinione sempre più diffusa che internet generi una cultura troppo superficiale e ad un impoverimento culturale. A differenza dei quotidiani che offrono l’opportunità di approfondire e di riflettere sulla notizia sentita il giorno prima alla televisione o letta di sfuggita su internet, la comunicazione digitale si muove in modo rapido, senza lasciare spazio al dibattito, allo sviluppo di un'opinione critica su un argomento.
In conclusione possiamo affermare che, affinché l’accesso ad internet rappresenti una conquista e non un regresso, bisogna educare l’utente ad un uso consapevole del mezzo, fornendogli una bussola che gli permetta di evitare  notizie fallaci e di avvicinarsi il più possibile alla verità. Bisogna che il lavoro dei giornalisti professionisti e la voce degli intellettuali prevalga sui falsi profeti, adusi a spacciare per vere le loro criticabili convinzioni.
Tiziana della Ragione
Enrico Pellizzari

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