L’altro giorno dopo mezzo secolo mi sono recato a visitare lo zoo di Napoli ed ho provato in egual misura rabbia, sdegno e tristezza nel vedere il degrado dei viali, invasi da erbacce e rami caduti, ma soprattutto lo stato delle gabbie in cui sono tenuti imprigionati gli animali, spazi angusti, in stridente contrasto con le normative comunitarie che assegnano, con minaccia di gravi sanzioni, 10 mq ad un maiale da allevamento, mentre una tigre è costretta in uno spazio inferiore. Da bambino rimasi colpito da quello splendido felino che percorreva senza sosta i pochi metri a disposizione fino alla follia. Il suo discendente oggi vi ha rinunciato e staziona apparentemente privo di vita in un angolo, indifferente ad ogni stimolo.
Identico discorso per tutti gli altri animali, che soffrono l’innaturale stato di reclusione e non hanno nulla da insegnare ai visitatori, se non l’arroganza degli esseri umani, che li privano della libertà.
Ho pensato alle orche, abituate nell’oceano a percorrere nell’oceano 150 chilometri al giorno, costrette a vivere in una vasca e ricordandomi dei detenuti, stipati come bestie con a disposizione pochi mq, non sono riuscito a trattenere le lacrime.
Non ha più senso tenere in gabbia gli animali per essere osservati. Questo poteva andare bene una volta, quando non esistevano gli attuali mezzi d’informazione.
RispondiEliminaSarei curioso di sapere quanti bambini sentano la necessità di vedere un vecchio leone addormentato, una tigre che gira oziosamente lungo la gabbia o una giraffa che osserva malinconicamente dall’alto i visitatori.
Le scuole visitano sempre più raramente i vari zoo, poiché in ogni consiglio di classe c’è sempre un docente animalista che si oppone a tali esperienze didattiche; quindi gli unici frequentatori rimangono i bambini di età prescolare, accompagnati dalle loro mammine.
Perché imporre un simile supplizio a tanti poveri animali, quando i costi di manutenzione e mantenimento degli zoo sono ben superiori ai magri incassi?