mercoledì 11 settembre 2024

Una Sacra famiglia di Antonio De Bellis


fig.1- Antonio De Bellis: Sacra famigla (168x190)
Milano collezione Brusati

Presso una facoltosa famiglia milanese da alcune generazioni nella camera da letto è esposta una splendida Sacra famiglia (fig.1) di circa due metri, i cui componenti (fig.2-3) sembrano parlare agli osservatori. Per stabilire con certezza l'autore mi sono consultato con vari esperti ed alla fine in accordo col parere di Vittorio Sgarbi e del professor Pietro Di Loreto ho deciso che si tratta di un capolavoro di Antonio De Bellis, un allievo di Massimo Stanzione, ma tra i tanti seguaci uno dei migliori, come giustamente affermo nella mia monografia (fig.5)  "Un minore di lusso". Negli ultimi decenni, grazie alle ricerche archivistiche di De Vito ed alla scoperta di alcuni suoi dipinti in Dalmazia da parte di Mario Alberto Pavone, documentati dopo il 1656, è cambiata la sua biografia e soprattutto la collocazione cronologica del suo ciclo di dipinti per la chiesa napoletana di San Carlo alle Mortelle, che si credevano eseguiti durante la peste del 1656, mentre ora sappiamo che sono precedenti di oltre un decennio. Sul mercato sono comparsi numerosi inediti, alcuni di notevole qualità, per cui necessitava una esaustiva monografia sulla sua attività, compito che mi sono assunto con piacere, partendo da una aggiornata biografia per procedere poi con quanto ho a lui dedicato nel mio libro "Massimo Stanzione e la sua scuola".  (Fig.4)


fig.2 particolare


Fig.3 particolare 

Antonio De Bellis è un altro degli allievi di Massimo Stanzione, uno dei più importanti pittori della scuola napoletana del Seicento, soprannominato il “Guido Reni napoletano”. Bernardo De Dominici, o de’ Dominici, pittore, storico dell’arte e biografo italiano di epoca tardo-barocca, attivo principalmente a Napoli, fa morire il De Bellis nel 1656, mentre a Napoli divampa la peste. Il rinvenimento di alcune sue opere siglate e collocabili con certezza agli anni successivi alla peste, tra il 1657 e il 1658, ci hanno dato la certezza che l’artista aveva continuato a lavorare anche dopo la peste. Figura fino a trenta anni fa quasi sconosciuta alla critica e della quale non possediamo alcun dato biografico certo, essendosi dimostrato mendace il referto dedominiciano della data di morte, il De Bellis si staglia prepotentemente tra i più alti pittori del Seicento non solo napoletano ma italiano. Un altro dei grandi del nuovo naturalismo napoletano, che medita ed opera, inizialmente, tra il Maestro degli annunci e Guarino, per poi virare verso Stanzione ed il Cavallino pittoricista. Intuizione già felicemente avanzata dal Causa nella sua brillante e precorritrice esegesi del 1972 sull’allora ignoto pittore e sulla base dell’unica opera che gli veniva assegnata, il ciclo carolino nella chiesa napoletana di San Carlo alle Mortelle, che si riteneva eseguita in coincidenza con l’infuriare della peste.

Un artista minore nel limbo dei provinciali orbitanti nell’universo stanzionesco? Troppo ricco è il panorama della pittura napoletana di questi anni per poter assurgere ad una posizione di preminenza, ma per De Bellis, alla luce delle recenti scoperte del De Vito e di Spinosa, si deve almeno parlare di un minore di lusso. De Dominici ci narra che egli elaborò il suo stile miscelando «il dolce colorito» del suo maestro Stanzione alla «nuova terribile maniera» del Guercino, la cui Resurrezione di Lazzaro oggi al Louvre, si trovava allora nella collezione Garofalo a Napoli. Essa fu copiata dal De Bellis e collocata nella chiesa della Pietà dei Turchini, dove attualmente non è più presente. In nessuna delle opere che oggi la critica assegna all’artista sono visibili riflessi dello stile del grande bolognese, per cui l’affermazione del biografo settecentesco non ci è di alcuna utilità. Nello stile del De Bellis vi è negli anni «un processo costante di assestamento compositivo e di più studiata definizione dei volumi, un accrescimento in senso pittoricistico delle originarie propensioni naturalistiche con un intenerimento del dato espressivo anche per sottigliezza di resa formale» (Spinosa). Le stringenti affinità che intercorrono nella scelta delle soluzioni compositive e nella tipologia dei personaggi raffigurati, e le notevoli analogie con la Natività firmata Bartolomeo Bassante del Prado, avevano indotto il Prohaska a trasferire a questo autore una grossa parte della produzione del De Bellis.

L’identificazione della sigla «ADB» su di una roccia nel dipinto Lot e le figlie, oggi a Milano presso la Compagnia di Belle Arti, ha fugato ogni dubbio ed ha permesso di assegnare definitivamente al nostro artista tutto quel gruppo di opere che il Prohaska riteneva di Bartolomeo Bassante. Il Causa, nel suo monumentale saggio sulla pittura napoletana del Seicento, annusò nel De Bellis la stoffa del pittore di razza, «sivigliano» a metà strada tra il Velázquez e lo Zurbaran delle Storie di San Bonaventura. Negli ultimi anni della sua attività, il De Bellis, per soddisfare le esigenze di una committenza pubblica legata a soluzioni convenzionali di pittura religiosa di carattere devozionale, dovette variare nuovamente il suo stile.

Achille della Ragione


Fig.4 monografia 

 

Fig.5 monografia 



1 commento:

  1. Grazie mille Achille per questa bella natività contornata da angeli in adorazione con la sua mirabile cornice barocca di questo allievo di Stanzione che è più che "minore di lusso".
    Un caro saluto
    Antonio Giordano

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