lunedì 24 agosto 2020

L'amaro destino che provo in vecchiaia

 

Il Mattino  24 agosto 2020 - pag.34

 

Da tempo (anni) meditavo di scrivere sulla vecchiaia; questo ritardo mi ha permesso di avvicinarmi maggiormente a questo imbarazzante periodo della vita dell’uomo, della cui esistenza egli stesso è responsabile.
Se osserviamo gli animali in libertà, senza dimenticare che anche noi lo siamo, ci accorgiamo che non conoscono né vecchiaia, né lunghe malattie ed invece, con il nostro incauto comportamento, abbiamo condannato a queste maledizioni anche gli animali domestici.
La natura nella sua infinità saggezza, o Dio se vi fa più piacere, non aveva previsto per l’uomo che si potessero superare i 30-40 anni: la menopausa per le donne, la calvizie per gli uomini, la presbiopia per entrambi sono aberrazioni non programmate.
L’uomo viveva nel vigore della giovinezza e moriva nel pieno delle proprie forze, non conosceva l’umiliazione del degrado fisico e la morte per consunzione. Poi la civiltà, la prosperità e la medicina hanno aggiunto anni alla vita senza aggiungere vita agli anni, dando luogo alla vecchiaia, una maledizione tra le più difficili da tollerare.
Il nostro corpo invecchia, ma dentro molti di noi rimangono giovani. Ci è vietato guardare le ventenni con cupidigia, ma la bellezza ancora ci attrae irresistibilmente; non abbiamo davanti a noi molti anni da vivere, ma non ci rassegniamo all’idea di morire.
Spesso riusciamo a sopravvivere decentemente, ma quando siamo costretti dall’avanzare inesorabile degli anni e dalle malattie a subire mille limitazioni, ci sentiamo degli abusivi della vita.
Raramente siamo tanto saggi da apprezzare ciò che ci resta ed a temere di perderlo. Ma la mazzata più forte che ci riserva la vecchiaia è la perdita del proprio compagno.
Non vi è saggezza che possa confortarci, non siamo fatti per restare da soli. Abbiamo rinunciato al branco, ma siamo programmati per vivere in coppia, è scritto a chiare lettere nel nostro Dna.
Si può essere felici su di una sedia a rotelle, se vi è qualcuno che ci spinge amorevolmente. Si riesce a vivere con qualsiasi menomazione, se a confortarci vi è il nostro compagno, ma è una pena feroce continuare a vivere la vecchiaia per il sopravvissuto.
Chi muore per primo non capisce la sua fortuna; dovunque egli vada il compagno che resta va all’inferno.
Maledetta vecchiaia.

5 commenti:

  1. Ma il nostro ragioniere, nel discettare dottamente sulla condizione dell'uomo sopravvissuto alla sua carica vitale stabilita dalla natura e poi prolungata artificiosamente, con tutte le conseguenze che egli illustra minuziosamente, omette un particolare fondamentale: noi esseri umani disponiamo di un componente unico che ci distingue e distingue lui in quantità esponenziale: IL PENSIERO, che sosterrà il suo fisico per consentirgli di percorrere fino in fondo tutta la strada che porta alla perenne memoria dei suoi frutti immarcescibili e, per questo, immortali.

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  2. A presto vederti non mollare
    Pasqualino Barisano

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  3. Ehiiii, come sta? leggo sempre con interesse queste tue email...
    da dove salti fuori dopo tanto tempo?
    dott. Paola de Ciuceis
    mobile: +393482602421
    mail: paoladeciuceis@gmail.com

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  4. Tutto vero, verissimo! GV.
    Giorgio Vitali

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  5. Hai ragione sono perfettamente d'accordo con te, è difficile ma purtroppo devi continuare ad andare avanti anche contro la tua volontà.
    Maria Rosaria Veneruso

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