Ed ora passiamo all'ultimo processo che, sebbene innocente, si è concluso con una condanna degna di un boss della camorra: 10 anni di reclusione emanati dalla Corte di appello di Napoli nel 2008, che hanno rovinato la mia vita e soprattutto quella della mia famiglia.
Raccontiamo la storia dall'inizio. Una mia cliente di vecchia data, che era venuta più volte nel mio studio per svariati motivi, era l'amante di un facoltoso imprenditore di Potenza col quale voleva abitare assieme, ma lui rimandava continuamente, con la scusa che voleva aspettare che i suoi figli si facessero grandi. Arrivò un momento che lei perse la pazienza e chiese una buonuscita di 200 milioni, promettendo che, ricevuti i soldi, si sarebbe trasferita in un'altra città. La risposta fu negativa ed il consiglio che le fu dato fu quello di rivolgersi a me, che ero un miliardario, e di chiedere un prestito per una cifra equivalente.
Lei venne nel mio studio e mi chiese i soldi, affermando che se non glieli avessi dato me ne sarei pentito amaramente. La congedai senza paura e non pensai nemmeno di denunciarla per tentata estorsione, in passato avevano tentato di mettermi una tangente di 50 milioni i Nap, i corrispondenti napoletani delle brigate rosse ed io fingendo di acconsentire, quando vennero nel mio studio gli feci trovare i carabinieri che li arrestarono ed alcuni di loro, poichè erano ricercati per omicidio, scontarono 30 anni di carcere.
Avevo fatto i conti senza l'oste e me ne accorsi dopo un anno, quando nel mio studio si presentò la polizia, comunicandomi che era stato emesso dalla magistratura nei miei confronti un provvedimento di custodia cautelare, perchè avevo provocato un aborto con la forza ad una mia cliente. Per fortuna si trattava di arresti domiciliari, che durarono 3 mesi, durante i quali non potevo rispondere al telefono e potevo incontrare solo parenti entro il 4° grado.
In seguito tornai libero e partì il processo, che si concluse nell'agosto del 2008.
In fase istruttoria mi fu offerta la possibilità di patteggiare una pena di 2 anni ed 8 mesi, ma io, essendo innocente, rifiutai sdegnosamente.
Durante le varie udienze furono ascoltati numerosi testimoni, di cui sette in mio favore, che alla fine del procedimento furono denunciati per falsa testimonianza. Essi sono stati in seguito tutti assolti. Tra questi voglio segnalare la segretaria della clinica, che affermò che solo lei possedeva la password per accedere alle cartelle cliniche ed a dimostrazione che quella della paziente in questione era stata lei a compilarla portò i suoi quaderni di scuola, dai quali si capiva chiaramente che era la sua calligrafia. Il medico di guardia ricordava perfettamente la paziente che era rimasta ricoverata per 2 giorni in clinica. Due miei colleghi ginecologi famosi affermarono che dall'esame delle ecografie della paziente si evinceva chiaramente che l'embrione era affetto da varie patologie e probabilmente a breve sarebbe abortita spontaneamente.
Alla fine del processo il pm chiese una pena di 8 anni, mentre la giuria mi condannò a 10, così suddivisi: 4 anni e mezzo per aborto su donna non consenziente, 3 anni e mezzo per falsificazione della cartella clinica, 1 anno e mezzo per aborto su donne da identificare (anche se non ne era stata identificata alcuna) e 6 mesi per possesso di medicinali scaduti trovati nel mio studio.
I miei avvocati fecero appello, ma la sentenza fu confermata. Si rivolsero allora in Cassazione e qui vi è un'altro scandalo, perché essa si pronunciò nel mese di agosto, quando si discutono solo casi con imputati detenuti, ma i giudici temevano che dopo alcuni giorni alcuni reati sarebbero caduti in prescrizione.
Conclusione 10 anni da scontare nelle patrie galere.
Decisi di darmi alla latitanza, perché dopo 10 anni la pena si sarebbe estinta.
Chiesi un parere al mio amico Carlo Spagna, magistrato di alto rango, il quale mi consigliò di recarmi all'estero, perchè a Parigi o a Londra, carabinieri e polizia non potevano cercarmi, e l'incarico di catturarmi sarebbe passato all'Interpol, la quale si interessava solo di assassini e mafiosi.
Non seguii il consiglio del mio amico e scelsi come sede della latitanza Roma, dove presi in fitto un appartamento di sei stanze con un terrazzo di 100 metri ed un giardino di 500 dove scorrazzava Attila il mio fedele rottweiler, che la notte dormiva al fianco del mio letto. A farmi compagnia vi era anche Tania, la mia domestica di Napoli, che mi seguì nella mia latitanza.
Durante l'estate affittavo una villa sul mare; il primo anno a Santa Marinella, uno splendido maniero con otto stanze e con una discesa a mare con una spiaggia privata e trascorsi un'estate da sogno in compagnia delle mie zie ed a volte con qualche amico fidato, il più presente Carlo Castrogiovanni. Gli altri anni affittai una villa a Marina di Cerveteri, sempre con un ampio giardino dove Attila poteva scorrazzare felice.
A Roma d'inverno ogni pomeriggio partecipavo a qualche conferenza o presentazione di libri, con relatori del calibro di Eugenio Scalfari e Umberto Eco. Il giovedì pomeriggio andavo a teatro, mentre nel fine settimana frequentavo circoli di scacchi e partecipavo a tornei e festival, spesso vincendo ricchi premi.
Per le telefonate ai miei familiari usavo schede anonime comprate all'estero e per continuare la mia passione di scrivere libri e lettere ai giornali utilizzavo degli internet point sempre diversi per evitare di essere localizzato. Sapevo che mi cercavano, perché ogni giorno quando aprivo il mio blog e leggevo chi lo avesse consultato, leggevo sempre carabinieri e polizia e non credo per leggere i miei articoli.
E fu proprio la mia mania di scrivere che mi tradì. Infatti la sezione catturandi di Napoli, non avendo evidentemente latitanti più pericolosi da cercare, trasferì a Roma per un mese 50 tra carabinieri e poliziotti i quali si appostarono dalla mattina alla sera fuori agli internet point, dove risultava che mi ero recato di recente e capitò un giorno fatale in cui mi identificarono e mi arrestarono.
Saliti sulla volante mi chiesero dove abitassi, perché volevano perquisire il mio appartamento, ma io candidamente dichiarai che dormivo sotto i ponti. Capirono che volevo prenderli in giro ed affermarono: andiamo al penitenziario. Chiesi timoroso: Poggioreale? No ci rechiamo a Rebibbia.
Buonasera Dottore,
RispondiEliminaCerto che la sua e stata una vita intensa! Con la sua testardaggine poi l'ha resa ancora più complicata😊
Peccato ad aver trovato persone così cattive e affamate di soldi che non fanno altro che rendere infelice altre....lei è così solare.
Ormai questa e una parte della sua vita che l' ha resa più forte e la sua fortuna avere accanto a sé la sua famiglia che la ama e non è scontato questo, glielo assicuro.
Spero che stiate bene tutti ,qui ad Ischia tutto bene 😊😊😊per il lavoro sono ancora alla ricerca tanto prima o poi qualcosa si trova,mal che vada farò la turista😂
Le mando un forte abbraccio a lei e alla sua dolcissima moglie🥰
Baci Pina