tav. 1 - Targa piazza |
Sembra impossibile che, a poche centinaia di metri da piazza Achille
della Ragione (tav.1), dove è ubicata la splendida villa del celebre
napoletanista, si trovi una succursale della Napoli più popolare, un
misto di Quartieri spagnoli e di Sanità, costituito dal casale di Santo
Strato (tav.2), abitato un tempo da contadini e pescatori ed oggi da
pensionati, disoccupati, posteggiatori abusivi, domestiche ed artigiani.
Tutta brava gente che percepisce chiaramente di appartenere ad una sola
grande famiglia, nella quale quasi tutti i maschi si chiamano col nome
del santo protettore.
Un buco nero nel quartiere chic della città, ma gli abitanti possiedono una carica di vitalità straripante ed una simpatia contagiosa. Poche le botteghe, tra queste un fruttivendolo che vende frutta verace a clienti voraci, un meccanico in grado di riparare qualunque guasto ed una pizzeria (tav.3) in grado di offrire prodotti squisiti ad un prezzo imbattibile.
Un buco nero nel quartiere chic della città, ma gli abitanti possiedono una carica di vitalità straripante ed una simpatia contagiosa. Poche le botteghe, tra queste un fruttivendolo che vende frutta verace a clienti voraci, un meccanico in grado di riparare qualunque guasto ed una pizzeria (tav.3) in grado di offrire prodotti squisiti ad un prezzo imbattibile.
Il casale di Santo Strato, è abbarbicato sul versante nord-orientale della collina di Posillipo. Restò isolato dalla città, come tutti gli altri borghi della collina, fino al 1643, quando il vicere Ramiro de Guzman, duca di Medina, non fece costruire le Rampe di Sant’Antonio.
I borghi, o come venivano giuridicamente definiti all’epoca, i casali, sulla collina di Posillipo erano vari; i più importanti, oltre a Santo Strato, che era il più popolato, Angari, Megaglia e Spollano. Il casale di Angari scendeva da Torre Ranieri fino al mare, a Riva Fiorita, ed ancora oggi ai lati della discesa che porta da via Manzoni a via Posillipo se ne possono osservare i ruderi. Un’altra strada che portava da Cupa Angara fino al borgo di Villanova era nota con il nome di Malefioccolo, oggi via del Marzano (tav.4).
Villanova si estendeva, filiforme, tra il vallone che porta al mare e la già menzionata strada che portava a Santo Strato. Il centro del borgo era la chiesa di Santa Maria della Consolazione, costruita nel 1737, ed ancora oggi in ottimo stato. Megaglia, nel vallone che porta a Riva Fiorita, era attraversato dal proseguimento di via del Fosso, che porta da Santo Strato a mare, di Spollano non restano tracce. Molto più recente è il borgo di Porta Posillipo, che, più vicino alla città, affaccia sul golfo di Bagnoli. Il piccolo borgo di Marechiaro, ai piedi della chiesa di Santa Maria del Faro, apparteneva alla diocesi di Pozzuoli, a testimonianza della vicinanza geografica e politica dei borghi di Posillipo ai Campi Flegrei.
Anticamente la collina era chiamata “Ammenus”, nome che ne indicava la bellezza, per poi trasformarsi in “Pausillypon”, che come ci ricorda un poeta latino, vuol dire pausa; dal lavoro, dalla quotidianità, monotona e stancante anche a quei tempi, ed era nota per la salubrità e la pace che quei luoghi donavano ai viaggiatori. Già allora i Romani benestanti vi costruivano ville, come quella del generale Publio Vedio Pollione alla Gajola, dotata di teatro e di uno spettacolare parco,oggi collegata alla strada di Coroglio dalle grotte di Seiano. Nei secoli a venire,era poi punteggiata di ville nobiliari, raggiungibili da mare o a cavallo ed in carrozza, ma sprovvista di una vera e propria strada. Fu nel XVII secolo che i vicere, prima il duca di Alba, Antonio Alvarez de Toledo ne cominciò la costruzione, poi il duca di Medina ne prolungò la stessa fino a palazzo Donn’Anna, ma solo nel 1812 Gioacchino Murat completò l’opera fino alla strada che porta a Marechiaro. Fu il Corpo del Genio dell’Armata Austriaca, tra il 1820 ed il 1830, a darle l’attuale percorso fino a Coroglio, dall’altro lato del promontorio.
Il borgo di Santo Strato, chiamato oggi semplicemente il Casale, già indicato nella pianta del Noja, nel 1775 (tav.5) ha conservato nell’essenza, la sua struttura originale. A pianta triangolare, con il vertice nell’ingresso di via Giovanni Pascoli, dove, sotto al cartello del limite di velocità, c’è un altro cartello di fattura artigianale, infatti contiene un errore con conseguente correzione a pennarello, che invita le rare macchine che vi entrano a prestare la massima attenzione, perché qui i bambini giocano ancora per strada. In effetti sono poche le auto che vi entrano, oltre ai residenti, perché le stradine che lo percorrono terminano spesso in erte scalinate. La base del triangolo è l’attuale via Posillipo. Con l’antica via del Fosso (tav.6), che costeggia il vecchio cimitero, si arriva nei pressi del cinema-teatro Posillipo. Via Ricciardi non sbuca neanche direttamente sulla strada principale, ma è una splendida passeggiata, da fare esclusivamente a piedi, perché è una pedamentina, quasi esclusivamente costituita da scale. Molte delle altre stradine e scale che si dirigono verso il mare, sono interrotte dalle costruzioni e terminano con dei cortili su cui si affacciano le case. Tranne qualche bella casa, tra cui spicca “villa Gemma” (tav.7), già appartenuta alla famiglia Pisanti, e alcuni palazzi di nobile origine, con le classiche torrette dell’architettura napoletana di fine ‘800, inizio ‘900, tanto care all’architetto e ingegnere Lamont Young, è dominante uno stile presente in tutti i borghetti marinari del Sud, sia costieri che insulari. Quello stile si può chiamare “fantasia”, dove non c’è un piano uguale all’altro, l’arco del primo piano è diverso da quello del secondo, che è diverso a sua volta da quello del terzo. Diverse sono porte e infissi, finestre e balconcini, ed i rivestimenti sono mosaici di mattonelle varie e conchiglie, inframezzati da edicole votive (tav.8). Alle volte dei veri capolavori di arte povera.
Il centro del Casale è la piazzetta con la chiesa dedicata a Santo Strato (tav.9). È qui che nasce il culto del santo, che viene da Santo Stratone, un pretoriano romano, che rifiutatosi di perseguire alcuni Cristiani, subì il martirio.
La chiesa sorse nel 1266 nel luogo in cui già si trovava un antico tempio romano. A dedicarla a Santo Strato furono tre pellegrini greci, che raccolsero le risorse necessarie per la costruzione della piccola cappella esibendosi come giullari.
La cappella venne poi ricostruita e ampliata nel 1572, grazie all’interessamento di don Giovanni Leonardo Basso, abate di San Giovanni Maggiore, che ne curò anche decorazioni e affreschi. La chiesa, quindi, divenne parrocchia pochi anni dopo, nel 1597 e dedicata a Santa Maria delle Grazie in Santo Strato.
Nel 1728 venne rifatto l’altare maggiore che, fino ad allora, era rimasto quello dell’originaria cappella. Alle sue spalle venne collocato un quadro raffigurante Santo Strato con la Madonna delle Grazie e San Francesco di Paola (tav.10). Una scultura del santo titolare, da taluni assegnata a Giacomo Colombo e risalente al XVII secolo, è custodita presso uno degli altari laterali posti lungo la navata.
La facciata conclusa da un timpano triangolare e fiancheggiata da due campanili con cupolino a bulbo, mostra chiaramente le alterazioni del secolo scorso mentre l’interno a croce latina e cupola, conserva ancora gli stucchi settecenteschi, più ricchi nelle cornici sugli altari. Settecenteschi sono invece gli altari marmorei - il maggiore, modificato, è datato 1728 - e varie sculture lignee. Fra queste si noti l’elegante Immacolata, nella prima nicchia di sinistra ed il busto di Santo Strato, patrono del casale, a cui le ridipinture non riescono a cancellare del tutto l’originaria qualità plastica. Della prima metà dell’Ottocento è infine il gruppo ligneo con S. Anna e la Vergine, posto nel transetto sinistro.
tav. 6 - Via del fosso |
tav. 7 - Villa Gemma |
tav. 8 - Edicola di S. Strato |
tav. 9 - La parrocchia |
tav. 10 - Pala dell'altare maggiore |
Per alcuni anni dal 1949 al 1952 nel borgo è vissuto lo scrittore Sandor Marai, il quale, nel suo libro Il sangue di San Gennaro, ha descritto con precisione le figure che caratterizzano da sempre il casale: lo scugnizzo, il vinaio, il trippaio, il pescatore, lo spazzino, il venditore di uova e tutta quell’umanità che viveva e vive in quel coacervo di salite e discese, in ogni caso strette ed intasate (tav.11–12–13). Oggi nessuno si ricorda della sua permanenza ed a ricordarlo soltanto una lapide (tav.14).
Le antiche tradizioni vengono scrupolosamente osservate come le feste popolari, a partire dal Presepe vivente (tav.15), fino alla processione in onore del Santo protettore (tav.16), che cade all’inizio di giugno e viene accompagnata da luminarie (tav.17), tripudio di folla (tav.18) ed un’abboffata generale, con poppute popolane (tav.19) che offrono pesce e trippa in quantità industriale.
Achille della Ragione
tav. 11 - Il centro del borgo |
tav. 12 - Sali e scendi per le scale |
tav. 13 - Strade intasate |
tav. 14 - Lapide che ricorda Sandor Marai |
tav. 15 - Presepe vivente |
tav. 16 - La statua del santo in processione |
tav. 17 - Festa di Santo Strato |
tav. 18 - Durante la festa |
tav. 19 - Trippa e poppe a volontá |
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