mercoledì 13 aprile 2022

La guerra in Ucraina e le nuove sfide dell’Unione Europea in campo energetico ed ambientale

 
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L’Invasione russa dell’Ucraina ha imposto un ripensamento della strategia energetica dell'Unione Europea (UE) ed avrà un impatto sul suo obiettivo di trasformarsi nella prima economia verde del pianeta entro il 2050.[1]
L'UE dipende significativamente dalla Russia per soddisfare il suo fabbisogno energetico. Il gas russo contribuisce infatti al 40% circa del fabbisogno energetico europeo mentre il petrolio russo concorre per circa il 25%.
 



In seguito all’ invasione dell’Ucraina da parte della Russia, l’UE ha elaborato una nuova strategia chiamata RePowerEU che ha come obiettivo il raggiungimento dell’indipendenza europea dai combustibili fossili russi entro il 2030. Inizieremo dal gas le cui importazioni dovrebbero ridursi dei due terzi rispetto al valore attuale entro la fine di quest’anno.

Per realizzare questo ambizioso obiettivo l’UE si muove su due binari paralleli:
●    Trovare nuovi fornitori di combustibili fossili o/e potenziare le forniture da parte di quelli attuali in modo da garantire il suo funzionamento.[2]
●    Accelerare la transizione verde in Europa e nelle sue immediate vicinanze [3] in modo da sostituire una quota sempre più importante di combustibili fossili con fonti di energia pulita e rinnovabile.
Sfide dell’UE per sostituire il gas russo dall’oggi al domani
●    Il Qatar, principale fornitore di gas liquefatto (LNG) all’Europa, non può potenziare più di un 10-15% le sue forniture verso l’Europa dato che il suo gas è legato a contratti di vendita di lungo periodo con compratori per la maggioranza asiatici come Cina e Giappone.
●    Gli Stati Uniti, secondo fornitore europeo di LNG (25%), sono una strada che già stiamo percorrendo, a prezzi però proibitivi.
●    L’Algeria, nostro terzo fornitore di gas (13.8%) non ha la capacità di incrementare di molto le sue forniture. E’ inoltre il più importante partner strategico-militare per la Russia nel Mediterraneo.
●    L'Egitto non si è mostrato interessato a vendere il suo LNG all’Europa, dato i contratti di lunga durata con la Cina e la necessità di preservare i suoi rapporti con la grande potenza strategica.
●    Israele è un potenziale nuovo fornitore di gas per l’Europa ma non possiede stazioni di liquefazione. Quindi le strade da esplorare sono

○    Trasportarlo fino all’Egitto con un condotto che collega l’Egitto e Israele e qui liquefarlo, ma la capacità di liquefazione egiziana è già quasi saturata per assicurare le forniture alla Cina.
○    Trasportarlo fino alla Turchia in forma gassosa, utilizzando un condotto che corre sotto il Mediterraneo ma che incrocia la zona economica esclusiva di Cipro.
○    Liquefarlo in Israele e trasportarlo via nave, con stazione galleggiante.

●    L’Europa ha una struttura di rigassificazione insufficiente (niente in Germania, 6 in Spagna e 3 in Italia) e una struttura di gasdotti non capace di supportare il potenziamento necessario.
●    Quale Paese produttore riterrà conveniente investire in soluzioni per il trasporto di gas verso l’Europa che intende abbandonarne il consumo entro il 2030?
Contromisure energetiche dell’Italia per ridurre la dipendenza dal gas russo [4]
●    Potenziare la produzione nazionale.
●    Riempire gli stoccaggi.
●    Provare ad incrementare le forniture da Algeria e Libia.
●    Installare nuovi rigassificatori galleggianti.
●    Accelerare la produzione di energie rinnovabili.
●    Riaprire 7 centrali a carbone.



Le nuove scelte energetiche dell’Unione Europea hanno ed avranno un impatto significativo non solo sulle economie dei suoi Stati Membri ma anche su quelle dei suoi vicini di casa, come i paesi della regione MENA (Nord Africa e Medio Oriente).
Alcuni paesi della regione MENA sono fondamentali per le forniture energetiche dell'Unione Europea; Algeria, Libia e Paesi del Golfo sono gli attuali fornitori di combustibili fossili mentre il Marocco, la Giordania e ancora l’Algeria si posizionano come potenziali fornitori di energie pulite (idrogeno verde e rinnovabili) in futuro.
Altro punto importante su cui riflettere è il fatto che da un punto di vista ambientale e di cambiamento climatico, la decarbonizzazione dell’UE dipende strettamente dalla sua capacità di convincere i paesi della regione MENA a fare altrettanto. A cosa servirebbe infatti diventare un continente verde di 447 milioni di abitanti se dall’altro lato del Mediterraneo (nel canale di Gibilterra a pochi km di distanza tra il tra Point Marroquí spagnolo e il Point Cires marocchino), ci sono 355 milioni di persone che inquinano?
Infine, la decarbonizzazione dell'economia europea non può essere disgiunta da un sostegno significativo ai paesi MENA per fare lo stesso. In caso contrario, l'UE dovrà continuare a pagare un prezzo geopolitico significativo in termini di migranti e guerre.

 




Assodato che la transizione verde dei paesi della regione MENA è necessaria per l’UE da un punto di vista economico, ambientale e geopolitico, capire come implementarla è tutt’altro che facile.
 
●    La regione MENA è infatti gravemente colpita dal cambiamento climatico, soffre di insicurezza idrica, alimentare ed energetica ed è stata spesso il palcoscenico di disordini sociali e instabilità politica. Inoltre, è una regione altamente esposta alla trasformazione strutturale dell'architettura energetica globale, esattamente quella che viviamo oggi in seguito alla guerra in Ucraina, dato che è responsabile per i due terzi della produzione globale di combustibili fossili. 

 


 
●    Diversificare le economie di molti di questi paesi è complicato per molteplici ragioni: mancano conoscenze tecniche, di governance e di tecnologie verdi; molte politiche energetiche nazionali non includono ancora la dimensione del clima; l’opinione pubblica è spesso tagliata fuori dal processo decisionale interno e quindi non ha voce nel promuovere l’adozione di politiche verdi; alcuni governi in questa regione sono instabili, dittatoriali e corrotti ed il clima di incertezza politica scoraggia gli investimenti stranieri.
●    L’Algeria è la sintesi eclatante di molte delle problematiche sopracitate; un paese governato da una struttura politico-militare strettamente connessa ai vertici economici corrotti, dove le insurrezioni sono silenziate con la forza e l’economia dipendente per il 90% dalle esportazioni dei combustibili fossili. Una diversificazione energetica in Algeria, dove le fonti pulite prendano piano piano il posto dei combustibili fossili, sembra quindi veramente difficile da realizzarsi, soprattutto adesso che l’UE è interessata al suo gas più che qualsiasi altra cosa. 

 



●    C’è poi da considerare l’impatto che le politiche energetiche verdi avranno sulle economie di paesi che esportano prodotti ad elevato impatto ambientale come i fertilizzanti in Marocco, Algeria ed Egitto o i combustibili fossili. Infatti, l'Europa prevede di tassare i paesi che esportano prodotti il cui processo di produzione genera alte emissioni di carbonio, penalizzando le economie di molti paesi della regione MENA che vedranno gli introiti dei loro prodotti esportati dimezzati.
Tutto questo per dirvi che l’UE deve fare di più per promuovere la transizione verde nei paesi della regione MENA e mettere in piedi delle misure per mitigare le ripercussioni economiche, geopolitiche e ambientali che si prevedono in quest’ultima, anche in seguito alla guerra in Ucraina.
L’Unione Europea dovrebbe promuovere lo sviluppo dell’idrogeno verde in Marocco ed in Algeria, cominciando da un'analisi approfondita delle opportunità e delle sfide alla creazione di un partenariato con questi paesi ed elaborando un piano che sia vantaggioso per entrambe le parti. Bisognerebbe cominciare a riflettere su dove e come sviluppare le infrastrutture per la produzione, lo stoccaggio e il trasporto di idrogeno verde per il consumo nella regione e verso l'Europa. Allo stesso modo bisognerebbe quantificare gli investimenti per trasformare le condutture attuali per il futuro trasporto di idrogeno verde. 

 



L’Unione Europea dovrebbe promuovere lo sviluppo di infrastrutture per il trasporto dell’energia solare dalla Giordania verso l’Europa e l’interconnessione delle reti elettriche tra Giordania, Israele e Palestina in modo da sostenere la transizione verde del Middle East ed approvvigionarsi di energia pulita in futuro. Questa strategia risponderebbe anche ad una necessità di stabilizzare la regione e promuovere il processo di pace dato che la Giordania potrebbe dare l’energia solare ad Israele in cambio dell'acqua di cui ha un infinito bisogno.
L’Unione Europea dovrebbe promuovere la diversificazione energetica dei paesi produttori di combustibili fossili, pensando a quando questi ultimi non serviranno più e prevenendo l’insorgenza di importanti ripercussioni politiche, sociali ed economiche.
Tempestività, lungimiranza e decisioni strategiche di alto livello sono necessarie per muoverci in questa direzione. Se non lo faremo, l’Europa avrà un volto molto diverso da quello che conosciamo. 

 


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[1] il Green Deal europeo o Patto Verde europeo è un insieme di iniziative politiche proposte dalla Commissione europea con l'obiettivo generale di raggiungere la neutralità climatica in Europa entro il 2050. Affinché ciò avvenga, è necessario decarbonizzare il sistema energetico dell'Unione europea. 

[2] Per quello che riguarda il Gas, si pensa ad un incremento delle importazioni di LNG e di gas in forma gassosa attraverso i condotti che corrono sotto il mar Mediterraneo. 

[3] In particolar modo nella regione del Nord Africa e Medio Oriente chiamata MENA. 

[4] https://infosannio.com/2022/03/07/gas-dalla-russia-come-faranno-italia-ed-europa-a-sostituirlo/

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