fig. 1 - Villa Fersen |
Villa Lysis, chiamata inizialmente La Gloriette ed infine semplicemente Villa Fersen (figg.1-2), è un'abitazione sita nella parte settentrionale dell'isola di Capri, in via Lo Capo.
Fu progettata nel 1905 da Edouard Chimot in stile liberty, su incarico del poeta francese, il conte Jacques d'Adelsward-Fersen che ne fece la sua dimora. Egli la realizzò su di un terreno in cima ad una collina all'estremità nord-est dell'isola, vicino al luogo in cui, due millenni prima, l'imperatore romano Tiberio aveva costruito la sua Villa Jovis, e la chiamò Villa Lysis con riferimento al dialogo di Liside sul tema dell'amicizia e - secondo i critici moderni - dell'amore omosessuale.
Roger Peyrefitte la descrisse come il simbolo vivente dell'alta Capri, raffinata e sottilmente negativa, eversiva e pagana. La dimora con biblioteca, fumeria di oppio, altari, costituita da richiami confusi al gusto neogotico e neoclassico, è inserita comunque nella tradizione edilizia isolana.
Anche Ada Negri in un suo articolo pubblicato nel 1923 sull'Ambrosiano, ha descritto la villa dove:
Fu progettata nel 1905 da Edouard Chimot in stile liberty, su incarico del poeta francese, il conte Jacques d'Adelsward-Fersen che ne fece la sua dimora. Egli la realizzò su di un terreno in cima ad una collina all'estremità nord-est dell'isola, vicino al luogo in cui, due millenni prima, l'imperatore romano Tiberio aveva costruito la sua Villa Jovis, e la chiamò Villa Lysis con riferimento al dialogo di Liside sul tema dell'amicizia e - secondo i critici moderni - dell'amore omosessuale.
Roger Peyrefitte la descrisse come il simbolo vivente dell'alta Capri, raffinata e sottilmente negativa, eversiva e pagana. La dimora con biblioteca, fumeria di oppio, altari, costituita da richiami confusi al gusto neogotico e neoclassico, è inserita comunque nella tradizione edilizia isolana.
Anche Ada Negri in un suo articolo pubblicato nel 1923 sull'Ambrosiano, ha descritto la villa dove:
« […] tutto era troppo bello, compreso Nino, il segretario dal profilo di medaglia, con lo sguardo di chi ha occhi troppo lunghi, troppo neri e sormontati da sopracciglia troppo basse; ed il suo padrone, gentiluomo di gran razza, cortese, dall'altera eleganza, che parlava il più perfetto francese e leggeva versi come nessun altro. »
Alla morte di Fersen nel 1923 (forse suicidatosi con un'overdose) pare che la villa sia passata per testamento al suo amato Nino Cesarini (figg.3–4), che dopo una disputa testamentaria, l'avrebbe poi venduta. Più verosimilmente la villa fu lasciata in usufrutto a Nino che dapprima la affittò, e poi la cedette alla sorella di Fersen, Germaine, che a sua volta la donò alla figlia, la contessa di Castelbianco.
Già mal ridotta nel 1923, la villa mostrando evidenti segni di cedimenti e crolli, vide gli ultimi lavori di manutenzione nel 1934. Nel 1985 il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali emise un decreto che poneva un vincolo sulla proprietà, e nel contempo stabiliva il suo diritto alla prelazione. Rimasta per decenni in pessime condizioni, la villa è stata restaurata solo negli anni Novanta con i fondi dell'Associazione Lysis (fondata nel 1986) e del Comune di Capri, a cura dell'architetto toscano Marcello Quiriconi, grazie ai quali dall'inizio degli anni Duemila essa è di nuovo aperta ai turisti.
fig. 2 - Villa Fersen, panorama |
fig. 3 - Nino Cesarini, compagno di Jacques Fersen, posa nudo in Villa Lysis; alla parete si nota un suo ritratto eseguito dal pittore Paul Hoecker |
fig. 4 - Statua di Nino Cesarini, scolpita da Francesco Jerace, nel giardino della villa |
Passiamo ora a descrivere un divertente episodio con protagonista il noto critico Sgarbi.
Nel libro Viaggio sentimentale nell’Italia dei desideri (fig.5), che segue a distanza di un anno l’analogo Viaggio nell’Italia delle meraviglie, corredato da numerose immagini, l’autore, Vittorio Sgarbi accompagna il lettore alla scoperta di luoghi incantati, quanto misconosciuti della penisola e delle sue impareggiabili bellezze storico artistiche, da Bolzano a Ragusa, passando per Milano, Pavia, Cremona, Mantova, Guastalla, Pisa, Roma, Capri, Capua e poi giù fino alla Calabria felix ed alle due isole, Sicilia e Sardegna, che per cultura e storia rappresentano quasi due continenti. Con una corposa appendice dedicata alle meraviglie della Liguria con il significativo titolo di Estasi liguri.
Il proposito è quello di far conoscere un’Italia sulla quale incombe la minaccia di scomparire, un po’ come sta succedendo in questi giorni a Pompei e che invece tutti noi dovremmo impegnarci per preservarla alle future generazioni.
Tra le pagine, scritte con una prosa elegante, che ci rammenta il dettato di Roberto Longhi, scopriamo uno Sgarbi inedito, che riesce a fare a meno delle parolacce e ad incantarci con le sue descrizioni accurate ed accorate, segno di un’emozione vissuta e trasmessa al lettore. Si tratta in ogni caso di una analisi colta, soprattutto se si vuole seguire l’autore nelle sue meditazioni di critica politica, come quando cerca di delineare una scuola padana nella storia dell’arte, che invano cercheremo nei manuali dedicati all’argomento. Grande attenzione è dedicata a documentare l’influenza esercitata da Rubens in alcuni dipinti del Seicento genovese.
Il discorso forbito ed accattivante si trasforma in un vero e proprio pamphlet quando si parla di villa Fersen a Capri, dal nome del barone dandy al quale Roger Peyrefitte dedicò il suo libro L’exilé de Capri.
La descrizione dello stato miserevole i cui versa la villa è impietoso:”In alcune stanze il soffitto è caduto, in altre voragini si aprono nel pavimento; sfondata e mutilata delle decorazioni la celebre stanza absidata detta dell’oppio”. Fortunatamente Sgarbi afferma che la struttura esercita nel suo stato di rovina il massimo del fascino, che ogni opera architettonica ha una sua vita biologica e tutto è destinato a ridiventare polvere. Si può solo rallentare il degrado senza deleterie operazioni disneyane.
La descrizione dello stato miserevole i cui versa la villa è impietoso:”In alcune stanze il soffitto è caduto, in altre voragini si aprono nel pavimento; sfondata e mutilata delle decorazioni la celebre stanza absidata detta dell’oppio”. Fortunatamente Sgarbi afferma che la struttura esercita nel suo stato di rovina il massimo del fascino, che ogni opera architettonica ha una sua vita biologica e tutto è destinato a ridiventare polvere. Si può solo rallentare il degrado senza deleterie operazioni disneyane.
Vorrei aggiungere sulla villa un particolare sul quale il libro non si sofferma e che costituisce la firma del proprietario, notoriamente, come tanti frequentatori dell’isola azzurra in quegli anni, di gusti sessuali particolari: il reggimano delle scale che conduceva gli ospiti al piano superiore è costellato di falli artistici di varie e lusinghiere dimensioni (fig.6). Spero che non siano scomparsi, li ricordo, quando circa quaranta anni orsono la villa era abbandonata, ma si poteva entrare da un varco segreto e li mi recavo con amici e qualche straniera reperita in piazzetta per libare a Venere, in controtendenza alle inclinazioni dell’antico proprietario.
Durante la presentazione, a cui ha fatto seguito un poco meno che pantagruelico buffet, che ha visto signore d’annata contendersi all’ultimo morso succulenti tramezzini, Giorgio Albertazzi ha letto da par suo alcune pagine del libro.
Un vero assalto di domande alla fine, nel rispondere alle quali finalmente abbiamo rivisto lo Sgarbi (fig.7) televisivo dall’urlo altisonante e dall’improperio a raffica.
Anche io ne ho proposto una.
Durante la presentazione, a cui ha fatto seguito un poco meno che pantagruelico buffet, che ha visto signore d’annata contendersi all’ultimo morso succulenti tramezzini, Giorgio Albertazzi ha letto da par suo alcune pagine del libro.
Un vero assalto di domande alla fine, nel rispondere alle quali finalmente abbiamo rivisto lo Sgarbi (fig.7) televisivo dall’urlo altisonante e dall’improperio a raffica.
Anche io ne ho proposto una.
Maestro vorrei chiederle…
Vuole sfottermi?
Assolutamente no, non sapevo come chiamarla: sindaco, onorevole (anche se ex), sovrintendente, professore, per cui ho scelto un nuovo appellativo.
Come sovrintendente di un Polo museale speciale, mi piacerebbe essere chiamato Speciale, un po’ come un rettore si può far chiamare Magnifico.
Nel suo volume gran parte del testo è dedicato al nord, come se al sud non esistessero meraviglie meravigliose, cosa può dire a sua difesa?
Lapidaria la risposta:
De gustibus non est disputandum
Evidentemente Sgarbi ha lavorato di fantasia o non mette piede nella villa da anni, perché essa, di proprietà da anni del comune, è stata restituita all’antico splendore ed ospita mostre ed altre manifestazioni culturali.
Fortunatamente ero tra il pubblico alla presentazione del libro, con il concorso di una folla straripante, in un lussuoso albergo di via Veneto a Roma e lo colsi in fallo, chiedendogli se la famosa scala che porta al piano superiore era rimasta intatta. Egli non seppe rispondere, arrossì, dimostrando che nella villa non entrava da decenni o forse, più probabile, non vi era mai entrato.
Premetto di nuovo, per chi non lo sapesse, che il corrimano delle suddette scale, ogni 20 centimetri, presenta un fallo di varie fogge e dimensioni, sul quale il barone si appoggiava nella salita e che la villa era stata completamente restaurata dal Comune, come ebbi modo di constatare di persona anni fa in occasione di una “mostra di foto di Van Gloden” altro gay dell’epoca.
Informai il Sindaco dello “Svarione di Sgarbi”, il quale andò su tutte le furie, asserendo che voleva chiedere un risarcimento, ma nello stesso tempo temeva di inimicarsi un personaggio importante ed iracondo, ma non credo che l’imprecisione possa essere ridotta al silenzio.
Decisi allora, a titolo personale, da strenuo difensore dei beni artistici meridionali, di informare la stampa con una lettera ai giornali, che venne pubblicata dai principali quotidiani del paese.
fig. 5 - Libro di Sgarbi |
fig. 6 - Falli vari |
fig. 7 - Vittorio Sgarbi |
Gentilissimo
RispondiEliminami permetto di contattarla poiché sono capitato per caso sul suo blog e in particolare all'articolo che riguarda Vittorio Sgarbi e Villa Lysis. Ora, essendo in procinto di completare il mio terzo libro su Fersen, vorrei sapere se secondo le sue fonti la questione dei "falli"sul reggimano della villa è vera e se le foto da lei pubblicate corrispondono agli "oggetti" che si trovavano all'interno della villa.
ringraziandola in anticipo
Cordialmente
Gianpaolo Furgiuele