martedì 1 ottobre 2013

Su e giù per le antiche scale


Scale, scalini, grarelle,scese, rampe, sagliutesaglieno ‘ncieloscenneno a mareso’ scale d’’o soleso’ scale d’ammore


Pedamentina San Martino
Napoli, città collinare per eccellenza, è caratterizzata da una presenza ubiquitaria di scale, scalini, gradini, gradoni, rampe, salite, calate e discese più o meno note, che da secoli sono percorse da decine di migliaia di cittadini, spesso di fretta,incuranti degli spettacolari scorci di panorama che si potrebbero ammirare, trovando consolazione al corpo ed allo spirito.
Ci soffermeremo sulle più famose e partiremo dal Vomero, in passato collina verde al punto da essere definito “quartiere dei broccoli”, meta di legioni di lavandaie per i ruscelli che vi scorrevano e di genitori con bambini affetti da pertosse, speranzosi che altitudine ed aria salubre potessero giovare alla guarigione, percorrendo una strada appositamente chiamata “La Salute”.
Dal Vomero partono verso il centro tre delle scalinate più celebri della città: la Pedamentina, il Petraio e la Calata San Francesco.
La prima parte da San Martino ed attraverso scorci di suggestiva bellezza porta al Corso Vittorio Emanuele e da qui a Montesanto nel popolare rione della Pignasecca, dove esistono altre salite celebri come quella denominata Ventaglieri perché colà risiedevano artigiani specializzati o i Gradoni della Salita Paradiso, per i quali Ada Murolo, con Vincenzo Digilio autrice di un libro “Napoli per le scale”, ipotizza, tra il serio ed il faceto, che in passato più di un viandante malato di cuore, percorrendole velocemente, si sia trovato alle porte del Paradiso: evidentemente i cattivi, destinati all’Inferno, preferivano altri percorsi.
La Salita del Petraio è indicata da una targa esplicativa “che mena a San Martino Vomero ed Antignano”. Essa, con la Calata San Francesco, completa la triade di scale che uniscono la collina al mare con punti di partenza e di arrivo differenti.

Pedamentina San Martino

Pedamentina San Martino

Pedamentina San Martino


Da via Belvedere parte la Calata San Francesco che attraversa via Aniello Falcone e via Tasso per giungere al Corso, da dove, attraverso l’Arco Mirelli, sfocia … a mare, a due passi da Mergellina.
Prima di concludere il discorso sul Vomero, ricordiamo le Scale dei Musicisti e  dei Pittori per i molti artisti che hanno abitato nei paraggi, come il poeta Ernesto Murolo, ricordato da una lapide.
Ci spostiamo in un altro punto della città in via Salvator Rosa, all’altezza del civico 29,  luogo sacro perché all’interno 6 (invito a consultare la Smorfia per accostare il significato dei due numeri) il 1° giugno del 1947 veniva partorito un vispo maschietto di 4 chili e 800 grammi, destinato alla celebrità: il sottoscritto. Verso la fine, la strada si incrocia con gradini antichi, molto alti, che conducono a via San Potito e via San Giuseppe dei Nudi. Al centro degli ardui gradini vi è un corrimano al quale potersi appoggiare e reggere nei momenti più difficili e, se tutto va male, all’arrivo si trovano gli ambulatori dell’Ordine di Malta, dove si può trovare soccorso.
Da San Potito possiamo raggiungere via Pessina attraverso uno dei pochi “palazzi spuntatori” sopravvissuti con una scala costruita in un palazzo adibito unicamente all’originale collegamento. Fu resa celebre dal romanzo di Luigi Incoronato “Scale di San Potito”: personalmente le ho percorse infinite volte, sempre con il naso chiuso ed a  passo svelto per l’insopportabile lezzo di urina.
Con un altro spostamento  eccoci ai Gradoni di Santa Maria Apparente, che prendono il nome dalla chiesa omonima. Ad essi si arriva dalla lontana Salita Betlemme, posta nel quartiere Chiaia, che attraversa San Carlo alle Mortelle: giunti al Corso Vittorio Emanuele, ci si inerpica verso il Vomero, utilizzando il Petraio.
Passiamo ora a dei Gradoni, quelli di Chiaia, divenuti dal 1960 una strada a due passi dalla passeggiata elegante della città: nei pressi le Rampe Caprioli, il Ponte di Chiaia ed un altro dei superstiti “palazzi spuntatori”.
Procediamo fino a raggiungere il Pallonetto a Santa Lucia, dove una serie di gradoni si inerpica sulla collina tufacea, che tanto somiglia ad un presepe, per raggiungere via Solitaria che, a sinistra, porta a Monte di Dio ed a destra scende verso piazza Plebiscito. All’inizio della salita, a parte il Bar Calone, di proprietà della famiglia di Massimo Ranieri, si trova la chiesa di Santa Maria della Catena, dove riposa l’ammiraglio Francesco Caracciolo. Pochi passi ed in Via Chiatamone, lì dove una volta sgorgava la famosa acqua ferrata, si trovano altre Rampe, intestate a Lamont Young, il geniale ingegnere che colà abitava in un elegante castelletto. Esse rappresentano un raro esempio di scale private: sono chiuse da un cancello ed un cartello esplicativo ammonisce “passaggio consentito solo agli abitanti delle Rampe”. Furono proprio gli abitanti della zona che ottennero questo divieto per difendersi da drogati e malviventi che avevano eletto l’antica dimora dell’illustre ingegnere a luogo di riunione dove svolgere, addirittura,  riti satanici.
Una discesa dimenticata, nonostante colleghi piazza Mazzini a piazza Dante, è quella denominata Pontecorvo, percorsa da mio fratello Carlo per raggiungere la  scuola media: nel cinquecento essa era sede di importanti palazzi nobiliari perché il vicerè Pedro da Toledo vi aveva stabilito la  residenza.
Altri celebri gradini sono quelli che partono dal Tondo di Capodimonte, luogo dove secondo  una leggenda si radunavano i fantasmi.

gradini Paradiso

Salita Petraio

Achille ed Evira a San Potito, fuori palazzo spuntatore,16 aprile 07

Non possiamo non ricordare altri gradoni eleganti, come quelli di San Pasquale a Chiaia, posti tra via Filangieri e via dei Mille.
Siamo ora in Piazza Miracoli, con la sua bella chiesa seicentesca con annesso convento da cui parte una lunga Salita denominata Miradois che porta all’Osservatorio astronomico, il primo in Europa, costruito da Ferdinando IV di Borbone.
Percorriamola lentamente: dopo aver costeggiato palazzi antichi e villette abusive di ogni forma, dimensione e colore, arriviamo nei pressi di un vecchio edificio abbandonato che, una volta, ospitava studenti. Siamo a metà del percorso e, dietro il cancello divelto di un palazzo sgarrupato, si apre un enorme spiazzo con un prato a rucola e mentuccia, con al centro palme devastate dal punteruolo rosso, ed un  panorama che si apre stupendo dalla Tangenziale a Posillipo.
La zona è il regno dei gatti che saltano dai balconi. Doveva essere una sorta di paradiso bucolico, prima che la furia edilizia lo devastasse. Arriviamo così alla Torre del Palasciano, costruita dal grande chirurgo che, durante i moti del ’48, curò feriti di entrambi i fronti, preconizzando i dettami della Croce Rossa e della Convenzione di Ginevra. Oggi questa antica dimora è stata trasformata in un Bed &Breakfast e vi si svolgono spettacoli e cene musicali. Anche qui, da un lussureggiante giardino,  Napoli appare immensa ed affascinante.
Alla fine del nostro viaggio, concludiamo con la breve descrizione di un luogo mitico, il Canalone,del quale molti napoletani hanno sentito parlare,pochi sanno localizzare e quasi nessuno  ha mai percorso: una calata di gradoni quasi a picco che collegava, e collega, la via del Marzano (parallela di via Manzoni) a via Posillipo in pochi minuti. Un inveterato oblio è calato su questa antica discesa, al punto che lo stesso volume “Napoli per le scale” della professoressa Ada Sibilio Murolo, esaustiva silloge di calate, discese, gradini, gradoni, rampe e salite napoletane, si è dimenticato di descrivere questo antico collegamento, denominato per l’anagrafe Salita Villanova. Un percorso bucolico, costeggiato purtroppo da arboree erbacce, ma senza siringhe abbandonate perché sconosciuto anche ai drogati,che sbuca all’improvviso su via Posillipo in un antro scavato nel tufo, che chissà quante volte avete osservato curiosi percorrendo quella strada e chiedendovi dove portasse.
Per me esso è leggendario perché mia madre, da bambina (siamo negli anni Venti del secolo scorso), lo scendeva e saliva ogni giorno, col suo carico di libri e quaderni, timorosa di arrivare tardi, per andare a scuola, cosa impensabile oggi che non facciamo un passo per alcun motivo, condannandoci anzi tempo ad obesità ed arteriosclerosi.
Questo tortuoso tragitto mette in comunicazione via Manzoni con via Posillipo, attraversando da sotto via Petrarca all’altezza della chiesa dei Gesuiti.
Il primo tratto è a gradoni, che dolcemente scendono a valle, costeggiando lussureggianti giardini dove il tempo pare si sia fermato mentre il secondo è una serie di ripidi scalini, che in un battibaleno conducono all’arrivo.
Per tutta la passeggiata, che dura non più di quindici minuti, scorci di panorama mozzafiato ed angoli bucolici inaspettati. Bisogna però tollerare un po’ di rovi ed un po’ di spazzatura portata dalla pioggia, ma di monnezza,almeno in questi ultimi tempi, forse ne troviamo altrettanta nell’elegante e centralissima via dei Mille.
Questa originale passeggiata ha costituito l’ultimo appuntamento della stagione per gli Amici delle chiese napoletane, i quali, dopo lo scarpinetto si sono abbondantemente rifocillati, a prezzo fisso, in un famoso ristorante, brindando alla cultura, osannando il presidente(il sottoscritto) e dandosi appuntamento a settembre per un nuovo ciclo di visite delle bellezze napoletane, che purtroppo non si è più ripetuto.
via San Potito

scalinata di Capodimonte

Achille della Ragione all'Osservatorio astronomico 14 gennaio 2005

torre del Palasciano

Pallonetto a Santa Lucia
Foto di Maddalena Iodice

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