sabato 6 aprile 2013

Metodiche farmacologiche per provocare l’I.V.G.



varie volte ho accennato ad una mia sperimentazione di una metodica farmacologica per indurre l’aborto, che attuai quando fui riammesso in servizio nei primi anni Novanta.
Anche in questo caso penso possa essere utile riferirsi ad uno scritto e precisamente ad uno stralcio da una mia relazione presentata nella tavola rotonda “L’embrione tra etica e biologia” tenutasi il 17 gennaio 2001 all’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e consultabile nella sua integrità su internet digitandone il titolo.
Metodiche farmacologiche per provocare l’I.V.G.
…La storia che voglio ora brevemente raccontarvi è una classica storia all’italiana. Essa è ambientata agli inizi degli anni Novanta in un piccolo ospedale di provincia, a Cava de’ Tirreni a pochi chilometri da Salerno, dove mi trovavo a lavorare in condizioni ambientali ostili per portare avanti la battaglia per l’attuazione della legge 194, in una struttura con un primario obiettore, un direttore sanitario piratesco, un presidente di U.S.L. cattolico praticante, impenitente baciapile e tutto il personale parasanitario che si rifiutava di collaborare; oltre alle assistenti sociali del consultorio che sottoponevano le donne a defatiganti indagini inquisitorie.
La divisione di ginecologia dell’ospedale di Cava de’ Tirreni fu la prima in Italia, dal 1987, ad adoperare il Cervidil, una prostaglandina somministrabile per via vaginale, allo scopo di facilitare la dilatazione dell’utero. Le prostaglandine sono state per anni adoperate per indurre l’aborto; è stata sperimentata la somministrazione per via intramuscolare, endovenosa, extra amniotica, intra amniotica, ma gli effetti collaterali per via sistemica erano molto severi, per cui la metodica era stata quasi abbandonata, fino a quando, attraverso la via endovaginale, si è riusciti ad ottenere un’ottima efficacia associata ad una notevole riduzione degli effetti collaterali.
Saltuariamente il Cervidil era da noi adoperato nelle nullipare all’11°-12° settimana di gestazione per rammollire e favorire la dilatazione del canale cervicale, prima di procedere allo svuotamento uterino. La candeletta veniva introdotta profondamente in vagina circa tre ore prima dell’intervento e talune volte capitava che, per impegni urgenti di reparto, l’esecuzione dell’I.V.G. venisse rinviata di alcune ore e spesso, quando si rivisitava la donna, ci si accorgeva che l’aborto si era espletato in maniera completa, come confermava l’indagine ecografia. Da queste casuali osservazioni è balenata l’idea di poter ottenere l’I.V.G. senza dover ricorrere a tecniche chirurgiche.
Abbiamo consultato la letteratura scientifica sull’argomento ed abbiamo constatato che il Cervidil era stato adoperato all’estero da solo per indurre l’aborto, con percentuali di successo decisamente interessanti e con degli effetti collaterali modesti.
Abbiamo intuitivamente pensato di associare alle prostaglandine un diverso contratturante uterino, l’ormone ossitocico (Syntocinon), usato da decenni nel post partum, scoprendo che le due sostanze, a differenza di quello che si credeva prima, possedevano una sinergia notevole, migliorando considerevolmente la percentuale di successo che nella nostra sperimentazione fu del 96%, un  risultato più lusinghiero della stessa pillola francese.
Appena cominciammo la sperimentazione ottenemmo un notevole gradimento soprattutto da parte di quelle pazienti che avevano avuto  precedenti esperienze con le tecniche tradizionali.
Pubblicammo i risultati delle nostre sperimentazioni su riviste scientifiche (Contraccezione, fertilità, sessualità, vol. 18, n. 4, luglio 1991; idem, vol. 19, n. 3, maggio 1992) e ne demmo notizia  nel corso di convegni internazionali. (Vedi atti dell’International Congress of Obstetrix and Gynecology, Isola d’Elba, giugno 1992).
I consultori dei comuni limitrofi cominciarono ad inviarci pazienti in numero sempre maggiore, ma l’atmosfera di ostilità intorno al nostro lavoro cresceva giorno dopo giorno, fino a quando della nuova metodica diedero notizia, prima un quotidiano (Il Golfo, 5 febbraio 1992) e poi alcune televisioni locali.
La reazione da parte delle istituzioni non si fece attendere: un’interrogazione parlamentare da parte dell’onorevole Parlato al ministro della Sanità ed a quello di Grazia e Giustizia e prontamente una giovane magistrata della Procura di Salerno, per intimidirci, fa sequestrare dai carabinieri le cartelle cliniche, con la scusa di dover approfondire la questione, approfondimento che dopo circa otto anni deve ancora concludersi!!!
L’ospedale non acquista più le candelette di Cervidil e continuiamo ancora per qualche mese soltanto grazie alla casa farmaceutica che ci fornisce gratuitamente il prodotto. Infine, con il mio improvviso licenziamento, la sperimentazione si ferma ed un velo di silenzio cala su tutta la vicenda, senza che alcun organo di informazione si interessi più di questa metodica farmacologia, che avrebbe permesso alle donne di risolvere in prima persona il dramma dell’aborto.
Anche il gravoso problema dell’obiezione di coscienza tra il personale medico e parasanitario, che assilla e paralizza tanti ospedali, sarebbe stato alleviato da tale metodica, perché è ipotizzabile che le donne possano da sole introdursi in vagina le candelette di prostaglandina e finalmente dell’aborto non dovrebbero più interessarsi legislatori e preti, medici ed assistenti sociali, facendo sì che questa scelta, difficile e quasi sempre dolorosa, riguardi unicamente la donna e la sua coscienza. E con l’auspicio, in attesa della pillola francese, che questa semplice metodica di induzione farmacologia possa essere proposta a tutte le donne che desiderano sottoporsi all’I.V.G, concludo la mia relazione, ringraziando vivamente l’Istituto italiano per gli Studi filosofici che ci ha permesso di poter discutere oggi, pubblicamente, su di un argomento di così scottante attualità, che rappresenta per me oggetto di studio e riflessione da quasi trenta  anni e principalmente i gentili partecipanti che hanno avuto la pazienza di ascoltare fino al termine la mia relazione.

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