Da tempo ero profondamente convinto che con Caravaggio la pittura, raggiunto l’apice, avesse cominciato un lento declino, per precipitare poi con l’astrattismo e le installazioni, nell’orrore e nella banalità, che sono la negazione stessa dell’arte.
Poi una visita al Museo d’Orsay, dal quale mancavo da anni ed una folgorazione improvvisa con la nascita di una sorta di transfert verso artisti guardati fino ad ora con sospetto.
La sensazione di una ferita che si riapre, che credevamo si fosse chiusa per sempre al cospetto della Flagellazione o del Martirio di S. Orsola, l’ultima opera del sommo lombardo, che a Napoli seppe descrivere con crudo realismo il dolore e la morte.
01-Caravaggio, Flagellazione
In ogni epoca vi è stata una città simbolo dove commercio e ricchezza fornivano linfa vitale agli artisti. Così è avvenuto per Atene con Pericle, per Firenze con i Medici, per Venezia nel Settecento con la vitalità dei suoi traffici o attualmente per New York, capitale delle banche e della globalizzazione.
Medesimo ruolo fu svolto da Parigi tra il 1860 ed il 1920, grazie alla presenza contemporanea di artisti come Van Gogh e Picasso, Modigliani e Manet, Renoir e Degas, che per quanto provenienti da culture e nazionalità diverse, posero le basi dell’arte moderna.
02-Van Gogh, Autoritratto
03-Picasso, Guernica
04-Modigliani, Jeanne Hubuterne
05-Manet, Riposo di Berthe Morisot
Per decenni un pittore poteva sperare di avere successo solo se le sue opere venivano esposte al Salon, un’istituzione dichiaratamente conservatrice e contro questa ortodossia si schierarono alcuni giovani pittori accomunati dal desiderio di ritrarre lo scorrere della vita all’aria aperta a diretto contatto con i colori naturali.
Questo audace manipolo di innovatori si riunivano nel Caffè Guerbois ed allestirono le loro prime mostre nello studio del fotografo Nadar. Il celebre critico Leroy li battezzò in tono dispregiativo: impressionisti.
Le loro opere comprendono paesaggi e ritratti e riaffiorano, in egual misura, il mondo raffinato della ricca borghesia, ma anche il duro lavoro di operai e contadini.
Pochi mercanti credono nel messaggio di verità insito nei loro pennelli rivoluzionari ed ancora meno sono i collezionisti che acquistano i loro quadri. Ma il tempo darà loro ragione ed in pochi decenni la critica muterà radicalmente il suo giudizio, fino a quando in epoca recente, divenuti leggendari, riusciranno a raggiungere quotazioni record nelle aste internazionali, con dipinti di Van Gogh, Renoir, Cézanne e Picasso aggiudicati per cifre mirabolanti, fino a cento miliardi di lire.
Prima della rivoluzione dell’Impressionismo i dipinti obbedivano ciecamente alle rigide regole della prospettiva stravolte completamente e fu questa insubordinazione a scatenare le ire dei giudici del Salon, non certo la presenza dei nudi, di cui erano già piene le tele di soggetto mitologico o biblico che tappezzavano le pareti delle esposizioni in pose ben più audaci e provocanti.
06-Renoir, La baia di Napoli con il Vesuvio sullo sfondo
07-Degas, La scuola di danza
08-Manet, Al Cafè Guerbois
09-Cèzanne, Mele e arance
10-Signac, Il porto di St.Tropez
La vera cesura col passato era imperniata in una nuova disposizione dello spazio e nell’uso dirompente di un cromatismo basato sui mutevoli effetti della luce. Osservazioni confermate dalle contemporanee scoperte dell’ottica.
L’armonia della composizione viene così stravolta dai forti contrasti e dai mutevli accostamenti dei colori.
Questa pregnante eredità sarà recepita in maniera diversa dalle numerose correnti partorite dall’Impressionismo: i seguaci del puntinismo frammentano i colori, fissano sulla tavolozza gli elementi fondamentali in piccole macchie ed affidando all’osservatore la libertà di accostarne i toni; i Fauve, al pari degli espressionisti, affidano a tinte vibranti e cariche di intensità il compito di provocare emozioni; i Nabis puntano sul valore simbolico delle immagini, precorrendo le tematiche dell’Art Nouveau, mentre infine i Cubisti condurranno il processo di semplificazione della realtà a forme geometriche elementari.
Anche i modelli di riferimento mutano radicalmente. Non più il Rinascimento italiano, ma le culture extraeuropee, dall’arte orientale, cinese e giapponese, alle tradizioni primitive, dall’Africa all’Oceania.
Cambia anche il ruolo del pittore, non più pedissequo artefice dei desiderata del committente, sia esso un nobile o la Chiesa, ma un professionista in grado di esprimersi liberamente ad una nuova clientela, attraverso al figura del mercante, abile nell’organizzare mostre e nel tenere vivo il contatto con la critica. Scorrendo l’opera dei singoli protagonisti di questa irripetibile stagione, che compongono uno straordinario mosaico, assurge il ruolo fondamentale di una magica città: Parigi, culla e feconda autrice dell’arte moderna.
11-Matisse, La danza
12-Munch, L'urlo
13-Bonnard, La stanza da pranzo in campagna
14-Braque,Uomo con chitarra
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