fig.1 - Luca Giordano - Venere Cupido e satiro - 134x185 - Scafati , collezione privata |
Continuamente antiquari e collezionisti mi inviano foto di dipinti di scuola napoletana, chiedendomi un parere sull’attribuzione e questa circostanza mi permette di visionare una cospicua mole di inediti, alcuni di notevole qualità, ma raramente capita di poter ammirare un vero e proprio capolavoro, come nel caso di questo superbo dipinto di Luca Giordano (fig.1) per anni appartenente ad una famosa collezione straniera e da poco ritornato all’ombra del Vesuvio.
Nel caso in questione si tratta di un evento eccezionale, infatti da decenni, quasi al soffio di un’incontenibile tempesta, centinaia di quadri, già in importanti collezioni napoletane, sono volati via all’estero nel patrimonio di musei europei ed americani e di collezionisti stranieri. Una diaspora rovinosa che ha rappresentato inequivocabilmente il triste destino della città.
Ritorniamo al dipinto in esame, dotato di una spettacolare cornice (fig.2), nella quale troneggia uno stemma nobiliare (fig.3), oggetto attualmente di studio e ricerche da parte di un famoso esperto di araldica. Alcuni dettagli sono particolarmente maliziosi, come la zona pubica della fanciulla (fig.4), mentre altri mettono in risalto l’elegante inserto di natura morta (fig.5–6).
Se paragoniamo l’esemplare in questione con quello conservato nel Palazzo reale di Napoli (fig.7), notiamo che sono identici, a parte le misure, maggiori per il quadro di proprietà pubblica e possiamo fare alcune acute osservazioni, riportando il parere degli studiosi più importanti che nel tempo si sono espressi sui due dipinti.
Premettiamo che nel quadro in esame si tratta di Venere in persona, ma l’iconografia si rifà al racconto della ninfa dormiente, che viene risvegliata al piacere dei sensi da un voglioso satiro, un tema che ha incontrato grande successo in pittura a partire dalla sua redazione xilografica presente nella Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna, che vide la luce a Venezia nel 1499. In seguito numerosi pittori si sono impadroniti dell’iconografia, che permette di dipingere una giovane donna completamente nuda, senza tenere alcun conto del simbolismo neoplatonico, che ha interpretato l’incontro ravvicinato come metafora della rivelazione divina di fronte alla potenza dell’amore.
Nel caso in questione si tratta di un evento eccezionale, infatti da decenni, quasi al soffio di un’incontenibile tempesta, centinaia di quadri, già in importanti collezioni napoletane, sono volati via all’estero nel patrimonio di musei europei ed americani e di collezionisti stranieri. Una diaspora rovinosa che ha rappresentato inequivocabilmente il triste destino della città.
Ritorniamo al dipinto in esame, dotato di una spettacolare cornice (fig.2), nella quale troneggia uno stemma nobiliare (fig.3), oggetto attualmente di studio e ricerche da parte di un famoso esperto di araldica. Alcuni dettagli sono particolarmente maliziosi, come la zona pubica della fanciulla (fig.4), mentre altri mettono in risalto l’elegante inserto di natura morta (fig.5–6).
Se paragoniamo l’esemplare in questione con quello conservato nel Palazzo reale di Napoli (fig.7), notiamo che sono identici, a parte le misure, maggiori per il quadro di proprietà pubblica e possiamo fare alcune acute osservazioni, riportando il parere degli studiosi più importanti che nel tempo si sono espressi sui due dipinti.
Premettiamo che nel quadro in esame si tratta di Venere in persona, ma l’iconografia si rifà al racconto della ninfa dormiente, che viene risvegliata al piacere dei sensi da un voglioso satiro, un tema che ha incontrato grande successo in pittura a partire dalla sua redazione xilografica presente nella Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna, che vide la luce a Venezia nel 1499. In seguito numerosi pittori si sono impadroniti dell’iconografia, che permette di dipingere una giovane donna completamente nuda, senza tenere alcun conto del simbolismo neoplatonico, che ha interpretato l’incontro ravvicinato come metafora della rivelazione divina di fronte alla potenza dell’amore.
La ninfa dormiente è un prelievo letterale dalla figura posta sulla destra degli Andrii di Tiziano, Arianna, ebbra di vino, dormiente nella sua nudità spudoratamente offerta all’ammirazione, che intende trasmettere la eccitante sensazione dell’attesa, immagine radiosa alla quale si ispirarono molteplici artisti napoletani da Luca Giordano a Pacecco De Rosa.
Riferendosi alle due versioni Ferrari e Scavizzi, nella loro monumentale monografia, sottolineavano l’impasto cromatico chiaro e sgranato e ritenevano che l’originale era quello di cui parliamo in questo articolo, mentre la copia oggi a Pallazzo reale fosse una derivazione autografa. Raffaello Causa invece invertiva il rapporto cronologico tra le due versioni, ritenendo quella oggi nel museo più “arcaica e giovanile”. Anche un altro studioso, Milkovich, ha rilevato le strette affinità tra i due dipinti, che datava ad un momento immediatamente precedente il soggiorno in Spagna.
Concludiamo affermando che, a nostro parere, la modella è la stessa utilizzata nel celebre Venere dormiente e satiro (fig.8) che si può ammirare nel museo di Capodimonte. In tal caso potremmo apprezzare le splendide fattezze della moglie del pittore, Margherita Dardi, che posò più volte nuda per il marito. La tela, a lungo esposta nella solenne aula di Montecitorio, promana tangibilmente una vigorosa “voluptas”, che scatenò le ire della neo presidentessa del sacro consesso Irene Pivetti, la quale fece allontanare il quadro scandaloso, per non turbare le caste menti dei deputati.
In seguito l’opera del Giordano non è piaciuta, “ la butterei” ha esclamato stizzita, anche una nostra first Lady, in visita ufficiale col marito a Capodimonte, facendoci intuire quante difficoltà poteva incontrare un quadro del genere nel Seicento, un’epoca che forse però era meno bacchettona della nostra.
Riferendosi alle due versioni Ferrari e Scavizzi, nella loro monumentale monografia, sottolineavano l’impasto cromatico chiaro e sgranato e ritenevano che l’originale era quello di cui parliamo in questo articolo, mentre la copia oggi a Pallazzo reale fosse una derivazione autografa. Raffaello Causa invece invertiva il rapporto cronologico tra le due versioni, ritenendo quella oggi nel museo più “arcaica e giovanile”. Anche un altro studioso, Milkovich, ha rilevato le strette affinità tra i due dipinti, che datava ad un momento immediatamente precedente il soggiorno in Spagna.
Concludiamo affermando che, a nostro parere, la modella è la stessa utilizzata nel celebre Venere dormiente e satiro (fig.8) che si può ammirare nel museo di Capodimonte. In tal caso potremmo apprezzare le splendide fattezze della moglie del pittore, Margherita Dardi, che posò più volte nuda per il marito. La tela, a lungo esposta nella solenne aula di Montecitorio, promana tangibilmente una vigorosa “voluptas”, che scatenò le ire della neo presidentessa del sacro consesso Irene Pivetti, la quale fece allontanare il quadro scandaloso, per non turbare le caste menti dei deputati.
In seguito l’opera del Giordano non è piaciuta, “ la butterei” ha esclamato stizzita, anche una nostra first Lady, in visita ufficiale col marito a Capodimonte, facendoci intuire quante difficoltà poteva incontrare un quadro del genere nel Seicento, un’epoca che forse però era meno bacchettona della nostra.
Achille della Ragione
fig.2 - Luca Giordano - Venere Cupido e satiro - 134 x185 (cornice) Scafati , collezione privata |
fig.3 - Luca Giordano - Venere Cupido e satiro - 134 x185 (Stemma nobiliare) - Scafati , collezione privata |
fig.4 - Luca Giordano - Venere Cupido e satiro - 134 x185 particolare del pube) - Scafati , collezione privata |
fig.5 - Luca Giordano - Venere Cupido e satiro - 134 x185 - (particolare fiori) - Scafati , collezione privata |
fig. 6 - Luca Giordano - Venere Cupido e satiro - 134 x185 - (particolare piede e fiori) -Scafati , collezione privata |
fig. 7 - Luca Giordano - Venere Cupido e satiro - 163 x211 - Napoli, Palazzo reale |
fig. 8 - Luca Giordano - Venere dormiente e satiro - 136 x190 - firmato Jordanus F 1663 - Napoli, museo Capodimonte |
Bibliografia
Oreste Ferrari – Giuseppe Scavizzi – Luca Giordano,
I tomo, pag.276, A163 – A164, II tomo pag.550, fig.242 - Napoli 1992
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