Giovan Battista Spinelli -Madonna con Bambino- Roma collezione Lemme |
Giovan Battista Spinelli, attivo fra il 1630 ed il 1660 circa, viene citato dal De Dominici, che poco lo conosceva, come l’ultimo dei sei discepoli dello Stanzione.
La sua personalità artistica ed il ricordo della sua opera si erano persi nel nulla, e solo negli ultimi 40 anni grazie alle felici intuizioni del Longhi, agli accaniti studi del Vitztuhm e, più di recente, alla puntuale ricostruzione dello Spinosa è riemerso come una delle figure di spicco del Seicento napoletano, facilmente riconoscibile non solo per la sua marcata abilità di disegnatore, ma principalmente per le caratteristiche fisiche e fisionomiche delle sue figure: personaggi in preda a torsioni disperate ed alla completa disarticolazione delle forme, immersi in un impasto furente percorso di umori misteriosi, agitati da una elettrizzante energia interiore e gesticolanti come marionette impazzite.
Dopo essere stato per secoli ignorato dalla critica, lo Spinelli (del quale non conosciamo i dati biografici, ad eccezione di notizie sulla sua famiglia, di origine bergamasca, ma residente a lungo a Chieti) è riapparso come un’artista originale e fuori dagli schemi convenzionali, suggestionato da un mondo di immagini antiche, che gli pervenivano attraverso lo studio appassionato, anche se disordinato, delle incisioni dei manieristi nordici, da Luca Di Leyda a Goltius, da Matham ad Aldegrever.
Ad un certo punto del suo percorso artistico vi è un chiaro richiamo a modelli compositivi stanzioneschi con una pittura ampia e rischiarata, e questa ripresa di elementi napoletani possiamo coglierla soprattutto nelle due tele degli Uffizi, capolavori assoluti del Seicento europeo: il Trionfo di David accolto dalle ragazze ebree e David che placa Saul, in cui stringenti affinità ispirative, come ben intuì il Longhi, possono cogliersi con le tele stanzionesche con Storie del Battista, oggi al Prado, ma anche in pale d’altare per chiese abruzzesi e dipinti da cavalletto per collezioni napoletane, come nel caso del dipinto di collezione Lemme a Roma.
Questo momento creativo è però sempre contraddistinto da marcati caratteri di autonomia culturale e da segni di energico vigore formale e di accentuata sensualità come se lo Spinelli, in preda ad una eterna sovraeccitazione, desse luogo a stravolte tipizzazioni fisionomiche, caratteristiche di un pittore inquieto, bizzarro ed anticonvenzionale, capace di recepire influssi diversi, ma di esprimere sempre una cifra stilistica personale originalissima. E questo aspetto della sua pittura sarà sempre molto evidente anche negli ultimi anni della sua attività, quando più marcati si faranno gli slittamenti verso soluzioni di temperato classicismo accademizzante.
La Madonna col Bambino della collezione Lemme, collocabile cronologicamente agli anni Quaranta, si ispira a dipinti prodotti in quel periodo da Massimo Stanzione, ma rispetto allo stile dell’illustre collega, lo Spinelli si pone in una posizione di originale autonomia, accentuando sino all’eccesso l’aspetto bizzarro e la cura della scenografia, prediligendo una gamma cromatica raffinata e selettiva, spesso virando verso tonalità fredde ed azzurrine, mentre il trattamento del chiaro scuro, richiama le esperienze del naturalismo napoletano di seconda generazione.
Il tema della Madonna col Bambino, a figura intera o di tre quarti, lo troviamo più volte ripetuto in una serie di disegni, conservato a Firenze nella raccolta degli Uffizi, nei quali, più chiaramente che nei dipinti, emerge l’indole manierista del pittore e la sua passione per gli esempi della tradizione cinquecentesca flandro germanica.
In più di un foglio tra quelli conservati nel Gabinetto dei disegni e delle stampe fiorentino (10959 – 10960 – 10963 F) sono rappresentati la figura di una Madonna col Bambino o forse di una semplice donna con in braccio il figlioletto, che possono rappresentare studi preparatori per un dipinto molto simile a quello in esame, più che esercitazioni di un estro grafico fuori del comune.
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