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Una importante aggiunta al catalogo di Nicola Malinconico è costituita da una splendida quanto misconosciuta pala d’altare, firmata, conservata ad Avella nella Colleggiata di San Giovanni dei fustiganti, raffigurante la Sacra Famiglia in gloria con i santi Giovanni Battista, Giovanni Evangelista e Sebastiano (fig.1).
Prima di descrivere il dipinto accenniamo brevemente all’attività del pittore, attivo sia sul finir del Seicento che nel Settecento, rinviando chi volesse approfondire la sua conoscenza ai nostri scritti(tutti consultabili sul web, digitandone il titolo), partendo da Nicola Malinconico pitture entro il Seicento, proseguendo poi con Nicola Malinconico un generista da rivalutare, Nicola Malinconico pittore settecentesco ed infine alle pagine a lui dedicate nel Secolo d’oro della pittura napoletana: vol. V, pag. 360, vol. VIII, IX, X, pag. 497 – 498 – 499.
Un allievo di Giordano che raggiunge notevole autonomia e che gli studi recenti del Ravelli e del Pavone hanno messo nella giusta luce è Nicola Malinconico (Napoli 1663-1727), figlio di Andrea, un modesto stanzionesco e fratello di Oronzo, artista di minore talento.
Nicola fu versato sia nella natura morta che come pittore di Istorie, cui si dedicò maggiormente. Egli seguì il nuovo orientamento giordanesco, tutto giocato sui toni chiari e si avvalse della sua «freschezza di colore, la onde dipinse opere così vive, e belle che da taluno fu stimato il suo colorito più vago di quello dello stesso maestro» (De Dominici).
La sua biografia viene presentata nelle «Vite» in maniera confusa sia nell’ambito dei discepoli dello Stanzione, tra i quali vi era il padre, sia tra i discepoli del Giordano. Il De Dominici non è tenero con l’artista per via del suo antagonismo con il Solimena ritenuto, giustamente, pittore di prima riga. In seguito altri biografi ne hanno valorizzato l’opera, come il Dalbono, che lo isola, assieme al De Matteis, dal seguito giordanesco per porlo in bella prospettiva.
Per il suo percorso di generista sono da ricordare il suo apprendistato presso il Belvedere e la sua prima fatica di rilievo, la famosa Natura morta con pavone del museo di Vienna, firmata, che «nella sua esuberanza compositiva, nell’impasto ricco di colore e soprattutto negli sfondi con figure appena accennate e orlate di luce, si rifà direttamente ad una sensibilità per le forme opulente di timbro giordanesco» (Scavizzi).
In seguito la critica, per stringenti affinità stilistiche, gli ha associato altre tele come le due della Walters Art Gallery di Baltimora ed un Giardino con fiori ed un putto pubblicato dal Salerno.
Lasciati i frutti, il Malinconico si impegnò nelle grandi composizioni dal respiro giordanesco e le sue tele più antiche furono eseguite a Montecassino in collaborazione con il Giordano, il quale ebbe poi una serie di importanti committenze da svolgere nella chiesa di Santa Maria Maggiore di Bergamo dove, dopo aver spedito da Napoli la grande tela Passaggio del mar Rosso, non potendo raccogliere l’invito ad eseguire un vasto ciclo di decorazioni, lasciò tutti i lavori all’allievo prediletto, il quale continuò a lungo anche sulla base di disegni del maestro.
Dopo la partenza del Giordano per la Spagna, il Malinconico assunse un ruolo fondamentale non solo nella divulgazione del verbo del maestro, ma anche nella diffusione in ambito meridionale delle novità emerse dagli esempi del Solimena, con il quale sorse un certo antagonismo, sia nei lavori nella chiesa di Donnalbina, eseguiti tra il 1699 ed il 1702, sia in quelli eseguiti in San Benedetto a Chiaia, dove nel 1709 subentra al fratello Orazio da poco scomparso e realizza una Crocifissione ed una Visione di San Benedetto.
Passiamo ora all’esame della tela della parrocchiale di Avella, nella quale i riferimenti ad altri lavori dell’artista sono evidenti, per cui l’opera va collocata cronologicamente negli ultimi anni della sua attività.
Puntuali raffronti con altre opere del Malinconico sono stati evidenziati da uno studioso locale Carmine Filomeno Accetta, a partire dalla parte superiore della composizione, dove le figure laterali richiamano a viva voce quelle presenti nella Sacra Famiglia della chiesa di San Giuseppe a Chiaia, mentre il volto della Vergine è improntato al modello adottato nell’Adorazione dei pastori conservata in S. Maria la Nova. La figura del San Giuseppe rimanda a quella del Padre eterno nel Sacrificio di Aronne della chiesa di S. Maria delle Grazie a Sorrento, mentre la S. Anna ripropone il prototipo adoperato nel quadro della chiesa di San Giuseppe a Chiaia.
Passando ad esaminare la parte inferiore, possiamo osservare come il profilo del San Giovanni Battista rinvia a quello del Cristo raffigurato nella Certosa di San Martino, inserito in un percorso tipologico culminato nella Cacciata dei mercanti dal tempio della cattedrale di Gallipoli, della quale tempo fa pubblicammo un inedito bozzetto (fig.2) della collezione napoletana di Mario Speranza. I santi Giovanni Evangelista e Sebastiano vanno viceversa confrontati con le figure degli apostoli in ginocchio presenti nell’affresco con l’Assunzione della Vergine conservato nella sacrestia dei SS. Apostoli, realizzato nel 1726.
Possiamo concludere sottolineando come la figura principale della pala: la Vergine, risulta esemplata partendo dai modelli mariani rappresentati nelle tele della chiesa della Croce di Lucca, successivamente rielaborate in immagini relative all’Immacolata.
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